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Gussalli Beretta (Beretta Holding): "Non ci fermiamo, dopo la Svizzera ancora acquisizioni; crescita negli USA"

Il Presidente e Ceo del gruppo europeo della difesa e delle attività sportive spiega strategie e prossime mosse; "con gli stati pour parlare per nuove partnership"

30 Ottobre 2023

Gussalli Beretta (Beretta Holding): "Non ci fermiamo, dopo la Svizzera ancora acquisizioni; crescita negli USA"

Pietro Gussalli Beretta

"L'apparato industriale europeo — che ha delle eccellenze assolute - certamente seguirà. Gli eventi di questi due anni hanno messo l'argomento della difesa comune sul tavolo, ma sono e devono restare discussioni della politica non degli imprenditori. Noi non possiamo far altro che adeguarci al confronto che sì sta sviluppando. Sul Corriere Angelo Panebianco ha scattato una fotografia perfetta, molto informata, del momento che stiamo attraversando". Pietro Gussalli Beretta, presidente e ceo di Beretta Holding per esperienza e frequentazioni ha ben chiaro il momento geopolitico. Nel quale peraltro il gruppo industriale europeo si presenta dopo aver compiuto un salto importante che, con l’acquisizione di Ruag Ammotec, principale gruppo europeo di produzione e distribuzione di munizioni leggere, lo rende quasi unico nel panorama.

Dopo il "lungo sonno", per stare al titolo dell’editoriale di domenica 22, l’Europa deve cominciare a correre per la difesa e la propria sicurezza?

"Dopo l'Ucraina, molti governi europei si sono scoperti impreparati, senza forze adeguate per far fronte a simili eventi. Hanno capito cosa sarebbe successo se fosse capitato ad altri. È comprensibile, sono pochi a poter dire di aver previsto l’aggressione a Kiev. Anche dopo la Serbia o tra massimi esperti militari. Ora si aggiunge Israele e i fronti di tensione si moltiplicano. I governi sono preoccupati, la situazione è innegabilmente cambiata in diciotto mesi. Nel Nord e nell’Est Europa vogliono organizzarsi meglio: stanno pianificando investimenti nella difesa, vogliono rafforzare le proprie conoscenze e vogliono nuovi impianti entro i confini. Parta dalla Norvegia e scenda giù guardando la cartina, fino alla Polonia e agli altri grandi Paesi dell’Est Europa. Diversi governi in quei Paesi stanno ra-
gionando così". 


L'Italia?

Qualche volta si fa demagogia, ma dal punto di vista industriale ha magnifiche aziende nella Difesa. Magari esportano il 95% della produzione, ma il know how è ragguardevole. È nemmeno lontanamente confrontabile con altri paesi. Si vive vendendo all’estero per motivi di bilancio e di bilancia commerciale, ma in alcuni settori siamo nel campo dell’assoluta eccellenza. Pensi a Leonardo, fanno bene a puntare sulle eccellenze e sulle tecnologie più avanzate. Mi sembra che, per un grupdelle loro dimensioni, siano fondamentali le alleanze internazionali. E loro le hanno fatte e le stanno facendo bene. 

La politica può agevolare alleanze e produzioni, direttamente o indirettamente 

"La politica ha scoperto un mondo più pericoloso e difficile. Qualche anno fa e prima dell'Ucraina molti sostenevano la fine dei conflitti convenzionali. Pesantissimi sotto ogni profilo. Era tutto più facile da gestire. L'Italia ha avuto la fortuna di avere in questi ultimi frangenti leader che avevano in agenda ben chiaro il senso dell’importanza di una difesa europea. Anche l’attuale conduzione mi sembra che vada in quella direzione, con grande professionalità e riflessioni assai ponderate. I pericoli di allargamento delle aree di crisi sono enormi, è bene che facciano così".


Il gruppo Beretta Holding è presente oggi con un profilo diverso rispetto a 12 mesi fa. Con un tempismo invidiabile, l'acquisizione di Ruag Ammotec dal governo svizzero vi ha aperto il mercato tedesco del munizionamento quando Berlino procede verso un piano che la porterà a superare il 2% del Pil in spese militari. Già ora il gruppo ha superato 1,4 miliardi di fatturato con margini lordi per 286 milioni. E se la società fosse stata consolidata da inizio '22 i ricavi sarebbero stati di 1,7 miliardi e l'Ebitda di 350 milioni.

"Tempismo? Ma sa, un po' di fortuna aiuta. A posteriori poi sono tutti strateghi (sorride). Certamente però è stata l'acquisizione ideale. Era il nostro ge-mello, un leader europeo con fabbriche ben dislocate, una fantastica squadra di management. Avevamo diversi, concorrenti scatenati, non italiani. Berna ha guardato linsieme, il fatto che fossimo un gruppo con una certa credibilità e di un paese credibile. Poi avevamo ottimi rapporti coi manager, con cui già collaboravamo. Ma è la politica che ha deciso".

Ci pensavate da molto?


"Da moltissimo, ma non nel senso che immagina. Fino alla metà degli anni Novanta, Beretta aveva un socio straniero al 35%, francese e di proprietà statale. Un nonsense. Volevamo ricomprare la quota e convinsi mio padre e mio fratello. Il progetto, nel quale fu determinante Mediobanca, passò per la creazione della holding. Da li abbiamo potuto attivare una gestione diversa e procedere sulla strada di una maggiore managerializzazione e internazionalizzazione. Abbiamo proceduto con numerose acquisizioni. Un salto decisivo è stato sviluppare ottiche e sistemi di puntamento, senz'altro il settore tecnologicamente più avanzato. Il passo sulle munizioni è stato quasi obbligato. Era la terza gamba della quale avevamo bisogno per essere interlocutori a trecentosessanta gradi per i nostri clienti: cacciatori, sportivi, poliziotti e militari. Abbiamo anche aggiunto l'abbigliamento, per cacciatori e sportivi e per le forze armate". 


Come crescerà Ammotec?


"Abbiamo sempre parlato di piani industriali e di sviluppo. Con noi questa realtà si può sviluppare ancor di più. Ci sono forti sinergie di sviluppo e opportunità. Anche in termini di progettazione. E se la difesa europea è l'opportunità più vicina, gli Usa restano la grande sfida. Noi pensiamo sia una delle grandi vie sulle quali puntare, anche se non è una cosa immediata, ma richiederà qualche anno. Intanto stiamo realizzando un impianto negli Usa, a Savannah in Georgia che da solo pesa per 80 milioni su un piano di investimenti in essere da circa mezzo miliardo nei prossimi cinque anni. Perché se vogliamo crescere in quel mercato, molto promettente dal punto di vista commerciale e civile, anche nelle munizioni dobbiamo produrre li".


Civile e militare. Oggi le vostre produzioni sono per l'80% civile, per il 20% difesa. Tra cinque anni sarà ancora così?


"Già oggi quell'80-20 è più un 70-30. A bocce ferme direi che la parte difesa crescerà senz'altro, ma dipenderà molto da cosa faremo con le prossime acquisizioni. Cambieremo ancora. Da qui a 5 anni il tema sarà ancora l'm&a. Ma il rapporto tra le due anime del gruppo non si può prefigurare ora. Oggi, dopo Ammotec, siamo in equilibrio finan-ziario. La cassa è in equilibrio e di segno positivo a fine anno. Se quindi si presenteranno occasioni le guarderemo senz'altro: Il tema è però trovare l'occasione giusta per crescere nel senso che abbiamo detto, con società che accrescano il nostro know how tecnologico".

Operazioni analoghe a quella svizzera?


"No. Con gli stati ci sono pour parler per investimenti industriali in partnership. Eventuali acqusizioni invece sarebbero di mercato, aziende industriali di qualità con prodotti complementari ai nostri. Sempre con un plus tecnolo-gico. E il nostro approccio. Poi talvolta guardiamo anche possibili operazioni per crescere in nuovi mercati. Non ci distraiamo mai".

Fonte: Corriere della Sera 

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