27 Febbraio 2023
Dopo una carriera al ministero dell’Economia e alla Ragioneria generale dello Stato, di recente Alessandra dal Verme è stata
confermata dal governo quale direttore dell’Agenzia del Demanio (dove era arrivata durante la scorsa legislatura). Per lei è l’occasione di fare il punto sul lavoro svolto e da svolgere sul patrimonio immobiliare statale, in linea con gli obiettivi e l’approccio del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Cosa significa per il Demanio seguire i principi del Pnrr?
Si tratta di comprendere e seguire lo spirito del Piano. È un modello per il Paese sul quale dobbiamo concentrarci ed operare, per questo noi abbiamo acquisito nella nostra missione gli obiettivi di sostenibilità, digitalizzazione, innovazione e cerchiamo di calarli nella realtà dei nostri interventi. Stiamo lavorando in modo coerente alle missioni e linee d’intervento del Pnrr: digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e della Giustizia, resilienza al rischio sismico, efficientamento energetico degli immobili pubblici, produzione di energia pulita.
In pratica, cosa significa nel gestire un patrimonio immobiliare di 43 mila beni del valore di 62 miliardi di euro?
Abbiamo dato con la centralità dell’utenza una nuova visione della gestione dell’immobile pubblico. Si tratta di vedere come il bene possa rispondere ai fabbisogni della logistica della pubblica amministrazione e dei territori. Un esempio importante
è la digitalizzazione della Giustizia: necessita di aule, tribunali e sedi all’altezza. Rigenerare la pubblica amministrazione significa partire dalla logistica che può diventare un modello di sostenibilità, risparmio nei costi di funzionamento, abbattimento dell’uso del suolo e degli sprechi, “smartizzazione” degli immobili.
Non possiamo pensare che tutti i nuovi assunti per gli obiettivi del Pnrr entrino in uffici vecchi e inadeguati agli obiettivi del Paese.
Lo stesso vale anche per gli obiettivi ambientali?
«Sì, stiamo seguendo le direttive ambientali e l’Agenda 2030. C’è l’impegno a far sì che i nuovi interventi e le manutenzioni straordinarie portino l’immobile verso l’obiettivo di zero emissioni nette. Il nostro nuovo piano industriale è collegato agli indicatori ESG, per poter dare dei riferimenti, all’interno e all’esterno, sugli impatti ambientali: installazione di rinnovabili, piantumazione di alberi, consumo di suolo, consumo energetico e autonomia di produzione energetica. Monitoreremo gli interventi e utilizzeremo gli indicatori per misurarne gli effetti.
Quale le sfide più complesse?
Credo che le difficoltà e le opportunità maggiori le avremo sulla parte sociale. Quando si crea rigenerazione di un immobile o di un compendio la spesa può apparire superiore agli effetti immediati di riduzione di fitti passivi o di spese di funzionamento. Tuttavia, previene enormi costi futuri dovuti al mancato uso del bene e diventa uno strumento di rigenerazione di intere aree, salvaguardandole dal degrado, di ricucitura di quartieri periferici: penso ad esempio alla Vela di Calatrava alla periferia orientale di Roma. Si tratta della più grande opera incompiuta, ferma da oltre 10 anni. L’area di 48 ettari di terra è al centro tra i due quartieri più giovani e più poveri di Roma: Torre Angela e Tor Bella Monaca. In questo caso, si apre alla possibilità di
collegare con queste aree i centri di ricerca circostanti, l’Università, di portare attività sportive e assicurare lo sviluppo futuro con un’attrattività dell’area. Tutto ciò ha un valore enorme e non facile da quantificare come impatto sociale.
Altri esempi?
Il carcere di Perugia. È indisuso dal 1998, proprio in centro: un immobile di circa 35 mila metri quadri in abbandono. Da circa
un anno, in sinergia con il Comune, la Regione e il Ministero della Giustizia, stiamo dando all’immobile una nuova vocazione come cittadella della giustizia, una trasformazione profonda: da luogo di pena e di chiusura alla città, a luogo di giustizia, che si apre ai cittadini con servizi pubblici e spazi a loro disposizione. Abbiamo messo a gara la progettazione del carcere
femminile e stiamo lavorando allo studio di fattibilità tecnico-economica avanzato del carcere maschile. Abbiamo avuto nella fase iniziale il supporto del Politecnico di Milano
Un esempio negativo invece?
Abbiamo molti immobili per i quali non è ancora identificata la vocazione e la possibilità di valorizzazione. Un esempio sono le belle Torri Aragonesi su Via della Marina a Napoli, all’ingresso della città, arrivando dal porto. Purtroppo per anni sono state un luogo di abbandono. Le abbiamo pulite e stiamo cercando un’idea per recuperarle con una funzione utile alla città, restituendole anche nel loro valore storico. Questo è un modo per dare segnali di una presenza fattiva e bella dello Stato.
Sempre a Napoli, a Scampia rigenerando la caserma Boscariello, come centro della Polizia, stiamo creando aree verdi e una piazza aperta davanti alla caserma: diventa un luogo per la cittadinanza.
Per rinnovare il demanio sulla base degli obiettivi del Pnrr servono molte risorse. Quante?
Bisogna dare segnali forti, perché la valorizzazione del demanio crei un effetto virtuoso e impatti moltiplicativi. Abbiamo un passato di minimi livelli di investimenti pubblici, scarse risorse e bassa qualità dei progetti.
Negli anni passati l’Agenzia investiva circa 50 milioni di euro l’anno su un patrimonio di oltre 60 miliardi: pochissimo. Per dare un segnale noi vogliamo arrivare ad un ordine di 500 milioni l’anno di investimenti. Non è troppo rispetto al valore del patrimonio e agli impatti sociali, ambientali, economici.
Quanto resta da fare?
Moltissimo, abbiamo appena iniziato, ma l’impegno e la determinazione sono forti. Dei 43mila beni, circa 15 mila sono
patrimonio disponibile, non in uso governativo. Ma una parte di questi, libera da gravami e regolarizzata per nuove funzioni, può essere oggetto di valorizzazione. Alcuni cespiti sono molto parcellizzati, ma su tanti altri si possono raggiungere risultati importanti, attivando sinergie con i territori. Il mancato utilizzo fa perdere valore ai beni, per questo il nostro obiettivo è attivare un processo per la ricognizione del patrimonio non utilizzato da riconvertire, per abbattere fitti passivi o per rispondere a fabbisogni specifici dei territori e delle politiche del governo, per valorizzare secondo assi di destinazione coerenti con il Pnrr. Per tornare, infatti, alle missioni del Pnrr, stiamo cercando immobili e aree da destinare a residenze universitarie, produzione di energia pulita, impianti sportivi. A Bologna pensiamo di valorizzare una bellissima area di oltre 7 ettari, attigua al centro, per residenze universitarie, e così anche a Torino, Napoli, Palermo e Venezia.
Fonte: Corriere della Sera
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia