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Global Risk Profile, Nikolas Giannakopoulos: “Corruzione, necessarie politiche pubbliche e leggi che non blocchino il business” 

Il Presidente del Comitato Scientifico Global Risk Profile – Grp Italia Nikolas Giannakopoulos: “Bisogna fare politiche pubbliche e leggi in modo intelligente per non bloccare il business. Fare leggi che poi l’industria o i settori economici non sanno come implementare non serve a nulla”. L’intervista a Il Giornale d’Italia 

03 Febbraio 2022

Nikolas Giannakopoulos, Presidente del Comitato Scientifico Global Risk Profile – Grp Italia, in seguito al webinar Dialogo sulla misurazione del fenomeno della corruzione, in un’intervista rilasciata a Il Giornale d’Italia, ha sottolineato l’urgenza di trattare la corruzione e il crimine economico con la giusta rilevanza, ma allo stesso tempo ha inoltre evidenziato la necessità di politiche pubbliche che non blocchino il business.


L’evento è stato organizzato da Eurispes e Global Risk Profile è stata coinvolta come partner principale per parlare di anticorruzione. I lavori sono stati introdotti dal Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, e vi hanno partecipato in qualità di relatori Nikolas Giannakopoulos, Presidente del Comitato Scientifico Global Risk Profile – Grp Italia, Mario Carlo Ferrario, Vice Presidente Transparency International – Italia, Giovanni Tartaglia Polcini, Magistrato, Consigliere giuridico MAECI e componente del Comitato Scientifico dell’Eurispes, Maria Giuseppina Muratore, Primo ricercatore Istat. L’incontro è stato moderato da Paolo Mazzanti, Direttore editoriale dell’agenzia di stampa Askanews. Le conclusioni sono state affidate al Presidente dell’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) Giuseppe Busia.


 
Il “Dialogo sulla misurazione del fenomeno della corruzione” ha avuto l’obiettivo di fornire indici di misurazione della corruzione. Lei ha introdotto nel dibattito il punto di vista del business sector sottolineando che solo in Italia troviamo dati affidabili su antimafia, anticrime e contrasto alla criminalità. Secondo lei perché non troviamo questi dati anche negli altri paesi? Qual è stato il focus del suo intervento?

 

“Il focus del mio intervento era presentare il nostro indice anticorruzione perché si tratta di un vero e proprio metodo per misurare la corruzione, che è un po’ diverso e sicuramente più complesso e completo di quello che oggi troviamo con il CPI di Transparency International. Noi siamo andati un po’ più a fondo, prendendo dati e mettendoli insieme anche a livello internazionale, sia sull’anticorruzione, sia sulla percezione della corruzione, ma anche sui mezzi legali e amministrativi adottati per contrastarla.

Elemento molto importante, abbiamo incluso nell’indice globale anche la parte dell’economic crime, dove troviamo anche lo stato dell’arte dei mezzi per contrastarlo. Questo dà una miglior visione sui paesi, ovviamente è sempre un work in progress, dobbiamo sempre migliorarla ma almeno è più centrata sull’Europa e i Paesi occidentali. Inoltre fa un bilancio tra i paesi dove c’è tanta corruzione e corrotti e Paesi dove ci sono tanti corruttori. La corruzione è uno scambio tra due attori. E poi alla fine arriviamo sui sistemi di corruzione, che sono più difficili da contrastare. Il focus del mio intervento era dunque sottolineare la difficoltà nella misurazione della corruzione, dal momento che è sempre una cifra nera e non avremo mai la possibilità di andarci precisamente dentro. Tuttavia si può delineare la misurazione della corruzione non solo sugli stati ma su regioni, luoghi, imprese e settori economici particolari. Poi possiamo incrociare tutte queste dimensioni e arrivare a dei dati molto fini su un settore economico in un determinato paese o continente, è altresì possibile comparare due paesi sullo stesso settore economico. Questo è di grande importanza per gli attori economici perché c’è sempre una figura nascosta dentro gli affari internazionali o nazionali.

Quando si sceglie di delocalizzare un’impresa oppure di aprire un’impresa in un certo paese, il costo del crimine economico e della corruzione non è mai preso in considerazione, perché prima di tutto non se ne può parlare, non può entrare dentro una contabilità attendibile. Inoltre pensare di andare in un posto e dover pagare l’ufficiale X crea criminalità e illegalità. C’è dunque illegalità prima, perché devono essere create delle casse nere, e c’è illegalità dopo perché questi soldi devono anche essere riciclati dal momento che non se ne può giustificare la provenienza. Dunque, a piccoli livelli, passa dentro una massa di scambi di denaro, a grandi livelli è un po’ più difficile farlo. Questo crea delle vulnerabilità anche per le multinazionali.

Come diceva il Presidente di Transparency Italia: “Sugli investimenti internazionali dall’estero verso l’Italia, ma anche dall’Italia all’Italia e dall’Italia all’estero, c’è sempre più la volontà di dover prendere in conto questo elemento di corruzione e crimine economico, perché costa soldi e impatta direttamente la qualità dell’investimento”.

Dunque, quando immetto un miliardo dentro un’economia, voglio sapere dove vanno questi soldi, per cosa saranno utilizzati e voglio prima di tutto tutelare il lato economico e reputazionale per me investitore e voglio anche assicurare che il mio ritorno sull’investimento sarà calcolato giustamente; perché se non si tiene in conto il 10/20% di over cost sull’investimento, ovviamente si perde denaro, e se ne perdono ancora di più quando accade qualcosa che finisce in tribunale o sui giornali perché subentrano i costi di avvocati, i costi reputazionali, i danni. Questo diventa un generatore di costi allucinante, galattico, ma anche un centro di angoscia per tutti gli amministratori che sono parte del gioco”.

Come mai Eurispes ha riconosciuto Global Risk Profile come player essenziale per discutere di questi temi?

Noi siamo stati veramente lieti e onorati perché abbiamo avuto questo riconoscimento, non solo da parte di Eurispes, ma anche da parte di tutte le istituzioni amministrative che si occupano di anticorruzione in Italia. Noi vogliamo dare una mano, produciamo dati e facciamo ricerche ma produciamo anche servizi per le imprese per evitare la corruzione, lavoriamo dunque su due fronti. Ovviamente allo Stato interessa non solo la produzione di dati e di ricerche per fare e per disegnare migliori politiche pubbliche, che devono essere implementate, ma anche che si possano dare la possibilità e gli strumenti alle imprese e agli enti pubblici, se lo vogliono, di contrastare direttamente sul terreno questi fenomeni corruttivi. Noi facciamo Intelligence Internazionale, facciamo ricerche su persone e società in tutto il mondo in 10 giorni lavorativi e secondo noi è un passo molto importante quando si vuole contrastare in generale la corruzione, ma soprattutto a livello business sapere con chi si lavora, perché così si evitano già l’80% dei rischi.

Inoltre bisogna fare politiche pubbliche e leggi in modo intelligente per non bloccare il business. Fare leggi che poi l’industria o i settori economici non sanno come implementare non serve quasi a nulla. Bisogna sempre avere un dialogo tra i due per capire quali sono le misure efficaci e poi bisogna implementarle in maniera che non diventino un centro di costi allucinanti per un’impresa, altrimenti c’è il rischio che le imprese chiudano. Noi cerchiamo di dare alle imprese gli strumenti per far sì che questo lavoro non diventi un centro di costi ma diventi parte di un investimento che aumenta la capacità dell’impresa di generare profitti e avere successo.

Da 20/25 anni lavoro con l’Italia, ho lavorato con l’anticrimine organizzato, ho lavorato con la commissione antimafia, ho lavorato con diverse associazioni antimafia e anticorruzione, e mi ha sempre stupito la qualità e la quantità di dati sulla criminalità organizzata, sulla corruzione, sull’usura, su fenomeni criminali raccolti in Italia. C’è una capacità italiana di produrre e raccogliere questi dati, che altri paesi non hanno. Ricordo di aver lavorato con dei parlamentari italiani a Bruxelles, che cercavano di far capire agli stati membri di seguire l’esempio italiano nell’ambito del raccoglimento dati però non trovavano nessuna risposta. Tutti preferiscono dire: “l’Italia è il paese della corruzione e della mafia mentre da noi va tutto bene”. Questo non è assolutamente vero, solo che gli altri nascondono tutto sotto il tappeto.

Ricordo anche che tutte le iniziative antimafia in Francia, in Germania, in Danimarka, anche in UK, sono state lanciate da italiani. A Berlino, l’associazione che si chiama Mafia? Nein-Danke!, per contrastare il racket di imprenditori italiani è stata creata da imprenditori italiani e ha trovato un ampio riscontro e supporto da parte della polizia locale tedesca, e anche di quella federale. Dunque c’è un vero saper fare, una vera coscienza e l’Italia deve assolutamente trovare il modo di comunicare bene questo saper fare e diffonderlo in Europa.

 

Lei ha poi concluso dicendo: «Cerchiamo di usare i dati non solo per marketing ma anche per fare politiche pubbliche più intelligenti basate sui fatti». Ha lanciato un messaggio forte, secondo lei cosa si potrebbe fare di più per favorire politiche di questo tipo?

Io mi batto da anni su quella che chiamo la stupid compliance. Faccio un esempio con le banche, quando si ha un limite di trasferimento a 10 mila euro, la banca comincia a chiederti contratti e fatture per giustificare il tuo trasferimento, poi alla fine c’è la possibilità che chiudano il conto. Tuttavia, vedi allo stesso tempo che altre persone trasferiscono tranquillamente somme molto più ingenti ogni mese. Questo è anche causa di un certo numero di politiche pubbliche che sono state fatte da persone che non conoscono il business, cercano di fare best practice senza mai chiedersi se ciò che fanno sia utile o meno, sia efficace o meno. Quando un parlamentare fa una legge, lo fa per fare bella figura e farsi eleggere? Oppure lo fa sulla base di dati e al fine di comprendere realmente dove siano le vulnerabilità del sistema e come proteggere davvero le imprese? Come ha detto il dott. Tartaglia Polcini durante l’intervento, si tratta di una questione di sicurezza nazionale, c’è dunque bisogno di cercare i modi migliori per fare leggi che da una parte contrastino il fenomeno corruttivo e di crimine economico, dall’altra parte non blocchino tutto il sistema e il business internazionale. Altrimenti si va incontro al rischio che tutte le imprese chiudano, oppure che tutte le imprese diventino “mafiose”.

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