20 Dicembre 2025
Guerra in Ucraina
Un incidente che racconta più di quanto sembri
La notizia dello sconfinamento di tre militari russi lungo il fiume Narva, rilanciata con toni sensazionalistici, è stata presentata come una provocazione. In realtà, l’episodio va letto nel contesto di un confine anomalo, dove la linea segue il corso d’acqua salvo un breve tratto irregolare, frutto di stratificazioni storiche e geografiche. In quell’area piatta e paludosa, fenomeni di accrezione fluviale possono aver spostato il terreno più della politica.
Un confine che esiste ma non sulla carta
Il punto centrale è un altro: il confine tra Estonia e Federazione Russa non è mai stato formalmente ratificato. De facto funziona come tale, ma de jure resta sospeso. Dopo il 1991 si adottarono i confini amministrativi sovietici, poi nel 2005 Mosca ritirò la firma per il richiamo estone al Trattato di Tartu del 1920, che avrebbe spostato la frontiera più a est. Il nuovo accordo del 2014 ha eliminato quel riferimento, ma nessun parlamento lo ha ratificato. Un limbo giuridico che spiega perché piccoli incidenti diventino grandi titoli.
Dalla geografia alla finanza: la sovranità politicizzata
Questo vuoto legale richiama un fenomeno più ampio: la politicizzazione della sovranità, oggi evidente non solo sulle mappe ma nei caveau. L’Unione Europea ha congelato circa 210 miliardi di euro di riserve russe, senza riuscire a procedere alla confisca formale. Non per rispetto del diritto, ma per resistenze interne: Belgio, Ungheria e altri hanno compreso il rischio sistemico.
Il compromesso che cambia le regole
Impossibilitata a sequestrare, Bruxelles ha scelto una strada diversa: indebitarsi sui mercati per sostenere Kiev, lasciando i beni russi congelati a tempo indeterminato come leva politica. È una distinzione solo apparente. Separare debito “regolare” e immobilizzazione permanente degli asset crea una dottrina nuova, che aggira il problema senza risolverlo.
Il diritto internazionale svuotato
Secondo la prassi consolidata, i beni delle banche centrali godono di immunità sovrana. Congelarli senza sentenze, trattati o arbitrati equivale a un’espropriazione sostanziale. La finzione giuridica regge finché i mercati la accettano. Ma la storia – dall’Iran del 1979 all’Afghanistan del 2021 – mostra che la fiducia, una volta incrinata, non torna facilmente.
Euroclear e la neutralità perduta
Il rifiuto belga di trasformare Euroclear in un’arma geopolitica è stato tutt’altro che tecnico. I grandi sistemi di custodia vivono di neutralità. Quando questa viene meno, il capitale non protesta: si sposta. Lentamente, silenziosamente, verso giurisdizioni percepite come più affidabili.
La risposta della Maggioranza Globale
Asia, Africa e America Latina osservano. La reazione non sarà ideologica ma architettonica: più oro, più accordi bilaterali, meno euro nelle riserve. Non è una fuga immediata, ma una riallocazione progressiva che può ridisegnare l’ordine finanziario post-1945.
Una confessione più che una minaccia
Nel tentativo di colpire Mosca, l’Europa ha inviato al mondo un messaggio involontario: i diritti di proprietà dipendono dall’allineamento politico. Non è un segnale di forza, ma di insicurezza. Gli imperi non cadono quando perdono battaglie, bensì quando le loro promesse smettono di essere credute. E questa, più che una mossa contro la Russia, rischia di restare come una confessione alla storia.
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