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Ue, vicino accordo per utilizzo €210mld asset russi congelati a sostegno dell’Ucraina, no del Belgio: “Folle, noi rischiamo bancarotta”

Oltre all’Ungheria e alla Slovacchia, tradizionalmente contrarie a nuove misure contro Mosca, è soprattutto Bruxelles a frenare: una posizione tanto più delicata perché proprio il Belgio detiene 185 dei 210 miliardi congelati, attraverso l’ente di compensazione Euroclear

11 Dicembre 2025

Ursula von der Leyen, Vladimir Putin

Ursula von der Leyen e Vladimir Putin (fonte: Wikipedia)

L’Unione Europea insiste ancora contro la Russia sull’uso dei 210 miliardi di asset russi congelati come garanzia per nuovi prestiti destinati al sostegno finanziario dell’Ucraina. Secondo diverse fonti comunitarie, una “chiara maggioranza” dei Ventisette sarebbe pronta ad assumersi il rischio di procedere. Ma il Belgio, che controlla tramite Euroclear la quota più consistente dei fondi, alza un muro e parla apertamente difollia”, avvertendo che in caso di restituzione dei beni a Mosca il Paese rischierebbe addiritturala bancarotta”.

Ue, vicino accordo per utilizzo €210mld asset russi congelati a sostegno dell’Ucraina, no del Belgio: “Folle, noi rischiamo bancarotta”

L’idea di impiegare gli asset russi come leva finanziaria divide profondamente l’Unione. Se da un lato cresce il fronte favorevole a sbloccare una risorsa considerata vitale per sostenere Kiev nel medio periodo, dall’altro non mancano opposizioni nette. Oltre all’Ungheria e alla Slovacchia, tradizionalmente contrarie a nuove misure contro Mosca, è soprattutto Bruxelles a frenare: una posizione tanto più delicata perché proprio il Belgio detiene 185 dei 210 miliardi congelati, attraverso l’ente di compensazione Euroclear.

Il governo belga non solo definisce la proposta una “follia”, ma minaccia apertamente ricorsi legali se l’Ue dovesse forzare la mano ricorrendo all’articolo 122 del Trattato — quello che consente di adottare decisioni economiche straordinarie a maggioranza qualificata. Uno strumento che, secondo il primo ministro Bart De Wever, “si avvicina a una misura sanzionatoria“ e dunque richiederebbe l’unanimità.

Nonostante i tentativi di persuasione messi in campo da Commissione, Consiglio e capitali come Berlino, il Belgio non arretra. De Wever ribadisce di voler “trovare una soluzione che consenta di continuare il sostegno finanziario a Kiev”, ma chiarisce che il suo governo potrà dare via libera solo se verranno garantite tre condizioni: una mutualizzazione del rischio tra gli Stati membri, la disponibilità immediata di liquidità nel caso Bruxelles fosse chiamata a restituire le somme, e una ripartizione equa del rischio di contromisure russe. “Se riusciremo a garantire queste tre condizioni entro il 18 dicembre… è possibile che daremo la nostra approvazione. Non è nel dna del Belgio comportarsi in Europa come l’Ungheria. Ma resto scettico”.

Il Consiglio europeo del 18-19 dicembre potrebbe essere il punto di svolta. In quella sede si dovrebbe prendere una decisione politica su quale architettura adottare per procedere, anche se in ogni caso l’entrata in vigore di un meccanismo operativo non potrà avvenire dal primo gennaio: servirà tempo per recepimenti nazionali spesso complessi e, in molti Paesi, veri e propri passaggi legislativi.

L’uso dell’articolo 122, ventilato per superare il possibile veto dell’Ungheria, renderebbe la decisione raggiungibile con una maggioranza qualificata. Una strategia che molti ritengono percorribile, soprattutto perché — spiegano da Bruxelles — nelle ultime settimane le cancellerie europee si sono mosse per rendere la proposta “accettabile” anche per il Belgio, prospettando ipotesi di redistribuzione delle responsabilità tra Stati membri.

Intanto, il rischio economico e legale dell’operazione è messo nero su bianco dalla European Trade Justice Coalition (Etjc). La rete di ong evidenzia che in Europa sono già pendenti arbitrati per oltre 53 miliardi avviati da oligarchi e aziende russe. Più della metà dei 28 ricorsi è stata avviata o annunciata nel 2025, spesso tramite società registrate proprio in Paesi Ue come Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria o Regno Unito. Tra i casi più eclatanti spiccano i 13,7 miliardi richiesti dall’oligarca Mikhail Fridman al Lussemburgo e la minaccia di causa di Rosneft contro la Germania per la tutela statale dei suoi asset (quasi 6 miliardi). Solo in Belgio, quattro investitori russi hanno già notificato l’intenzione di avviare arbitrati sui fondi bloccati presso Euroclear.

Lo stesso De Wever non nasconde che la questione rischia di intrecciarsi con il futuro negoziato di pace: “È improbabile che la Russia subisca una sconfitta militare… è probabile che tali asset vi siano inclusi. Che la Russia vi rinunci mi pare poco verosimile”.

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