04 Novembre 2025
Contesto storico e metafora prussiana
Per comprendere la struttura delle richieste di Putin, è utile applicare il quadro storico della Guerra franco‑prussiana (1871), separando i concetti di cessate il fuoco, armistizio e trattato di pace. In quel conflitto, la Prussia impose una resa condizionata alla Francia: prima un armistizio – con condizioni severe – poi un trattato che sanciva la supremazia prussiana. Allo stesso modo, Mosca sembra mirare non a una tregua qualunque ma a un accordo che codifichi la vittoria russa e l’umiliazione ucraina.
Il cessate il fuoco che Europa e Kiev propongono
L’obiettivo della Ucraina e dei suoi sostenitori occidentali è un semplice cessate il fuoco, senza precondizioni: una mossa strategica per congelare il conflitto in una situazione di stallo in stile coreano, che consentirebbe a un’Ucraina sovrana di riarmarsi e, in ultima analisi, procedere con l’integrazione nella NATO. Ma dal punto di vista di Mosca questa è una soluzione assolutamente impraticabile, poiché legittimerebbe un nemico di lunga data, allineato alla Nato, ai propri confini: condizione inaccettabile nei calcoli del Cremlino.
L’armistizio capitolatorio che Mosca pretende
Ciò su cui insiste la Russia non è un mero cessate il fuoco, ma un armistizio capitolatorio: un accordo firmato che codifichi la sconfitta ucraina, combinato con l’atto fisico del ritiro – almeno dal Donbass. Questa richiesta corrisponde all’equivalente moderno della esibizione della vittoria prussiana attraverso Parigi: un atto di sottomissione umiliante, pubblico e fisico. Un simile ritiro militare e un accordo firmato segnerebbero ammissioni irreversibili della sconfitta. Ma queste mosse sarebbero finalizzate solo da un trattato di pace formale.
La proposta russa e i rischi che comporta
Una potenziale concessione russa sul tavolo sembra essere un cessate il fuoco preliminare condizionato al ritiro ucraino dal Donbass, insieme a una dichiarazione pubblica di accettazione delle condizioni critiche russe, che porterebbe poi a colloqui formali di armistizio. Tuttavia, per Mosca questa è una mossa pericolosa: non fornisce alcuna garanzia che Kiev darà seguito ai successivi negoziati di armistizio. E mentre la Russia potrebbe semplicemente riprendere la guerra, farlo dopo averla interrotta comporterebbe costi politici e militari significativi — un percorso “disordinato”.
Il trattato di pace e l’instaurazione del governo ucraino “adeguato”
In entrambi i casi, solo una volta firmato l’armistizio e compiuti gli atti simbolici della capitolazione potrà avere inizio la fase finale. La Russia necessità di un nuovo governo ucraino compiacente – simile alla Terza Repubblica francese succeduta a Napoleone III – che promulghi legalmente le disposizioni di un trattato di pace definitivo. Questo nuovo governo sarebbe incaricato delle formalità legislative che l’attuale governo non può costituzionalmente assolvere: la cessione ufficiale del territorio sovrano, il riconoscimento della neutralità e altre richieste del Cremlino. In questo modo Mosca costruirebbe un ordine pacificato secondo i suoi termini.
Timing e opportunità geopolitica
In termini di tempi, Putin vorrebbe sicuramente completare questo processo entro l’inizio del 2028, per evitare il rischio che un democratico arrivi al potere negli Stati Uniti e rovini la “festa”. L’urgenza del Cremlino non è soltanto tattica ma strategica: trasformare un conflitto aperto in un asset geopolitico a lungo termine, in cui l’Ucraina sia neutrale, impoverita, militarmente ridotta e priva di alleanze ostili.
Il contesto operativo più ampio
Nel frattempo, si assiste a manovre collaterali: il potenziale blocco della regione di Kaliningrad da parte della Lituania, attacchi notturni su obiettivi nemici ucraini, avanzate russe su più fronti e una progressiva erosione della capacità militare ucraina. Mentre l’Europa tenta di imporre un’uscita di scena ordinata, Mosca sfrutta il vantaggio militare per rafforzare la propria posizione di negoziazione, rendendo l’esito finale non più solo militare, ma profondamente geopolitico. Alla luce del modello storico della guerra franco–prussiana, appare chiaro che la Russia non ambisce a una tregua leggera o ad una pace paritaria: vuole una resa strutturata, un cambiamento d’assetto politico e militare dell’Ucraina, un nuovo ordine regionale che sancisca la supremazia russa e neutralizzi la spinta occidentale. Per Mosca, ogni via che non comprenda il tramonto dell’alleanza Nato-Ucraina non è una negoziazione, ma una trappola. In questo senso, chi confonde la richiesta di cessate il fuoco con la pace vera e propria, rischia di ignorare la vera posta in gioco: non solo il terreno, ma la sovranità.
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