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Furto al Louvre, falla nella sicurezza: password per accedere al sistema di videosorveglianza del museo era semplicemente “Louvre”

Secondo alcuni documenti interni, la rete informatica del museo parigino sarebbe stata per anni esposta a vulnerabilità gravi. Già nel 2014 un rapporto dell’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica aveva segnalato che chiunque fosse riuscito ad accedere al sistema avrebbe potuto “rendere più facile il furto di opere d’arte”

03 Novembre 2025

Furto al Louvre, falla nella sicurezza: password per accedere al sistema di videosorveglianza del museo era semplicemente “Louvre”

Il clamoroso furto al Louvre, costato quasi 90 milioni di euro, potrebbe essere stato agevolata da una falla informatica elementare. Secondo quanto trapelato, la password per accedere ai server di videosorveglianza del museo era, fino al 2014, proprioLouvre”. Un dettaglio che oggi genera grande imbarazzo tra i vertici dell’istituzione, già sotto accusa per la gestione della sicurezza. La ministra della Cultura, Rachida Dati, ha riconosciuto pubblicamente “una sottovalutazione cronica e strutturale del rischio di furti”, mentre la procura di Parigi indaga su un gruppo di piccoli criminali, lontani dal profilo dei grandi ladri d’arte.

Furto al Louvre, falla nella sicurezza: password per accedere al sistema di videosorveglianza del museo era semplicemente “Louvre”

Secondo i documenti interni ottenuti da Libération, la rete informatica del museo parigino sarebbe stata per anni esposta a vulnerabilità gravi. Già nel 2014 un rapporto dell’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica aveva segnalato che chiunque fosse riuscito ad accedere al sistema avrebbe potutorendere più facile il furto di opere d’arte”. La semplicità della password – coincidente con il nome stesso del museo – è diventata oggi il simbolo delle lacune strutturali che avrebbero permesso il colpo.

Le rivelazioni hanno scatenato un’ondata di polemiche e accuse politiche. La ministra Rachida Dati ha parlato apertamente di “errori sistemici e di lunga durata”, ammettendo che il rischio di furti era stato “cronico e strutturalmente sottovalutato”. Le sue parole arrivano in un clima di forte pressione sui vertici del museo, con ispezioni e controlli rafforzati sulla sicurezza sia digitale sia fisica.

A due settimane dalla rapina, la procura di Parigi avrebbe individuato una pista sorprendente. Secondo la procuratrice Laure Beccuau, i principali sospetti sono una coppia di conviventi – un uomo di 37 anni e una donna di 38 – arrestati alla periferia nord della capitale. Entrambi negano ogni coinvolgimento, ma tracce del loro Dna sarebbero state rinvenute nel cestello dell’elevatore utilizzato per trasportare i gioielli della corona. “I loro profili non corrispondono a quelli generalmente associati alla criminalità organizzata”, ha dichiarato la procuratrice Beccuau.

L’uomo, già condannato in passato per furto e reati minori, è ora incriminato per furto aggravato in banda organizzata e associazione a delinquere, mentre la compagna è indagata per complicità. Davanti al giudice, la donna sarebbe scoppiata in lacrime, affermando di temere per la propria vita e quella dei figli.

Il colpo, avvenuto in pieno giorno nella celebre Galleria Apollo, ha fruttato ai ladri una refurtiva stimata in 90 milioni di euro. I gioielli sottratti appartenevano alla collezione della corona francese, simbolo del patrimonio artistico nazionale. Al momento, nessuna delle opere rubate è stata recuperata, mentre la polizia francese prosegue gli accertamenti su più fronti, cercando un possibile complice e i mandanti dell’operazione.

La collezione dei gioielli della corona, composta da oltre 400 pezzi tra diamanti, corone e decorazioni, rappresenta uno dei tesori più preziosi custoditi dal Louvre. Il suo valore, stimato ufficialmente in 90 milioni di euro, potrebbe tuttavia raggiungere cifre ben più alte considerando il suo peso storico e culturale. Tra le gemme più celebri figurano il “Regent”, uno dei diamanti più puri mai estratti, e il “Sancy”, appartenuto a diversi sovrani europei.

Il Louvre non è nuovo a episodi di cronaca che scuotono il mondo dell’arte. Nel 1911 la “Gioconda” fu trafugata da un ex dipendente del museo e ritrovata due anni dopo in Italia, mentre nel 2004 il celebre “Urlo” di Edvard Munch, rubato a Oslo, venne recuperato nel 2006. Questi casi hanno spinto le autorità internazionali a sviluppare protocolli di cooperazione tra musei e forze dell’ordine, con database condivisi gestiti da Interpol per la tracciabilità delle opere d’arte rubate.

Oggi i grandi musei del mondo, dal British Museum al Prado fino al Metropolitan di New York, utilizzano sistemi di sicurezza integrati basati su intelligenza artificiale e riconoscimento facciale. Il Louvre, dopo l’ennesimo scandalo, ha annunciato una revisione totale dei propri sistemi di sorveglianza e la formazione specifica del personale per la gestione delle emergenze digitali e fisiche.

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