31 Ottobre 2025
 
									"Centinaia di potenziali violazioni" dei diritti umani compiute dalle unità militari israeliane contro i civili palestinesi nella Striscia di Gaza per oltre due anni di genocidio. Sarebbe questo il contenuto "bomba" interno ad un rapporto classificato - dunque strettamente riservato - redatto da un ente di controllo del governo degli Stati Uniti d'America. La notizia, lanciata in esclusiva dal Washington Post, potrebbe segnare così un punto di svolta chiave nell'ammissione delle atrocità compiute dall'esecutivo di Benjamin Netanyahu da parte del suo più stretto alleato, gli Usa appunto.
Due sarebbero le potenti novità di questo rapporto top secret. Da un lato, il fatto che sarebbe la prima volta che documenti governativi statunitensi riconoscono la portata delle atrocità israeliane in territorio palestinese. Dall'altro, perché tali atrocità rientrerebbero nell'ambito delle cosiddette "Leahy Laws", Leggi Leahy, disposizioni statunitensi cioè che vietano al governo di fornire assistenza alla sicurezza a unità militari e di polizia straniere implicate in "gravi violazioni dei diritti umani". A ben guardare, comunica il Washington Post, tante sono queste violazioni, che al Dipartimento di Stato servirebbero "diversi anni" per esaminarli tutti.
Tra le atrocità "ad alto profilo" compiute contro i civili di Gaza, si citano l'uccisione di sette operatori della World Central Kitchen nell'aprile 2024, nonché l'assassinio di oltre 100 palestinesi - e il ferimento di circa 760 persone - radunate intorno a camion umanitari nei pressi di Gaza City a febbraio dell'anno scorso. Uccisioni che - si basi - erano state compiute, con prove evidenti, attraverso l'uso di armi statunitensi. Secondo la fonte, per poter arrivare ad un "consenso sul fatto che si sia verificata una grave violazione dei diritti umani" sarà necessario il lavoro di un gruppo di persone, tra cui rappresentanti dell’Ambasciata USA a Gerusalemme e del Bureau per gli Affari del Vicino Oriente.
Soggetti, precisa il Washington Post, che da sempre sostengono Israele. Spetterebbe poi a Marco Rubio, segretario di Stato, dichiarare l'inidoneità di Israele a fronte delle violenze commesse. Un iter lungo e soprattutto travagliato, se si considera che mai fino ad ora le amministrazioni statunitensi (quella di Biden inclusa) hanno messo i bastoni tra le ruote alle volontà israeliane. Biden rifiutò di interrompere gli aiuti, e fino all'ultimo negò l'evidenza del genocidio in corso. Trump non si è mostrato diverso: "Quello che mi preoccupa - ha dichiarato Charles Blaha, ex funzionario del Dipartimento di Stato informato sui risultati del rapporto - è che la responsabilità sarà dimenticata ora che il rumore del conflitto si sta spegnendo". Ora però i nodi vengono al pettine e questo rapporto, realizzato poco prima che Israele e Hamas arrivassero ad un presunto cessate il fuoco (mai realmente rispettato da Tel Aviv), potrebbe rappresentare quel turning point insperato tra i corridoi della stessa burocrazia statunitense.
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