13 Ottobre 2025
La ricostruzione della Striscia di Gaza sta già diventando un affare miliardario. A pochi giorni dalla firma dell'accordo di "pace" tra Israele ed Hamas, il mercato internazionale ha già messo gli occhi su quella che, a suo tempo, già Smotrich aveva descritto in modo scioccante "una miniera d'oro".
Sì perché dai 53 miliardi di dollari stimati lo scorso febbraio, ora le stime parlano di un aumento vertiginoso del capitale necessario alla ricostruzione, almeno 80 miliardi di dollari. Zeri che fanno gola alle imprese europee, incluse naturalmente quelle italiane, a cui risultano giù aperti i primi bandi di gara. Imprese che però, per poter aderire al business miliardario della ricostruzione, dovranno dimostrare di essere registrate come fornitrici dell'Onu. L'accesso ai bandi multilaterali al cantiere della Striscia è stato facilitato in virtù del particolare status riconosciuto a quel fazzoletto di terra, ovvero lo "special conflict-affected state", locuzione utilizzata per riferirsi ai Paesi colpiti da conflitti armati che necessitano di assistenza specifica e di programmi dedicati alla ricostruzione. I primi canali di procurement (approvvigionamento di beni e servizi) sono già stati aperti tanto dalle Nazioni Unite, quanto dalla Banca Mondiale. Nell'Onu, in particolare, il programma Undp-Papp - il Programma di Assistenza alle Popolazioni Palestinesi - non ha perso tempo e ha avviato una gara internazionale per fornitura e installazione di unità prefabbricate, gara destinata a scadere il prossimo 20 ottobre. Unità destinate ad ospitare, nell'immediato, i servizi essenziali. Un bando per la fornitura di apparecchiature medicali agli ospedali palestinesi è stato invece pubblicato dall'Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) con scadenza fissata a dopodomani, 15 ottobre.
Oggi è arrivata inoltre la pubblicazione del Procurement Plan 2025-2027 per il progetto West Bank & Gaza Health System Reform: altri 170 milioni di dollari complessivi. C'è però una priorità nelle logiche ricostruttive della Striscia. Anzitutto i servizi sanitari per cui, tra ottobre-novembre, è prevista la riabilitazione di tre ospedali danneggiati, l'installazione di pannelli fotovoltaici nonché sistemi energetici. L'Europa, dal canto suo, prepara una Eu Gaza Facility: 1,6 miliardi di euro con l'obiettivo di coordinare i flussi pecuniari nei settori di energia, acqua e waste management (gestione rifiuti). L'Italia non si tira indietro. A dirlo è proprio il ministro degli Esteri Tajani che ha confermato la partecipazione delle aziende italiane alla ricostruzione in virtù della "forte esperienza internazionale" che le contraddistingue. In prima fila, Cementir, Buzzi e Webuild che oggi - ma solo queste ultime - hanno registrato rispettivamente un +3,5% e +1,6%.
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