02 Ottobre 2025
Catz, Barak, fonte: Wikipedia
Solo negli ultimi giorni si sta parlando dell'acquisto di TikTok Usa da parte di un portafoglio di acquirenti a stelle e strisce. Ma la questione si può retrodatare di ben 10 anni. È trapelata, infatti, una mail di Safra Catz, ex Ceo di Oracle ebrea, società di Larry Ellison che è ora uno dei tre maggiori stakeholder di TikTok Usa, all'allora primo ministro israeliano Ehud Barak. La donna, già nel 2015, discuteva con i leader dello Stato Ebraico di controllare i social per diffondere "propaganda sionista" soprattutto fra i giovani.
Un’inchiesta di Responsible Statecraft ha portato alla luce un dettaglio inquietante sull’accordo da 14 miliardi di dollari per il trasferimento della proprietà di TikTok negli Stati Uniti. Una e-mail del 2015, trapelata dopo l’hack dell’account dell’ex premier israeliano Ehud Barak, mostra l’allora Ceo di Oracle, Safra Catz, affermare la necessità di “radicare l’amore e il rispetto per Israele nella cultura americana”.
Catz scrisse a Barak denunciando la crescita del movimento Bds (movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro l'aprtheid israeliano) nei campus universitari statunitensi, indicando l’urgenza di “combattere questa battaglia prima che i ragazzi arrivino al college”. L’obiettivo, spiegava, era diffondere una narrativa favorevole a Israele attraverso strumenti culturali e mediatici capaci di plasmare l’opinione pubblica sin dall’adolescenza.
Oggi Oracle è destinata a giocare un ruolo centrale nella gestione di TikTok negli Stati Uniti, assumendo il compito di “security provider” e supervisionando i dati e l’algoritmo della piattaforma. Secondo il vicepresidente Usa JD Vance, saranno investitori americani a controllare il sistema di raccomandazione dei contenuti, ma il coinvolgimento di figure come Catz solleva pesanti interrogativi sul reale obiettivo dell’operazione.
Parallelamente, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito l’acquisizione di TikTok “l’acquisto più importante” sul campo della guerra dell’informazione. Rivolgendosi a un gruppo di influencer, ha ribadito che “i fronti decisivi sono oggi sui social media”, confermando l’intento di usare le piattaforme digitali come armi di propaganda.
Per gli osservatori critici, questa vicenda dimostra come la battaglia non si giochi soltanto a Gaza ma anche sul terreno della comunicazione globale. Se confermate, le parole di Catz indicano una volontà di condizionare profondamente la cultura statunitense, riducendo lo spazio per il dissenso e delegittimando il movimento Bds che denuncia le politiche di apartheid israeliane.
La possibile manipolazione dell’algoritmo di una piattaforma seguita da milioni di giovani apre scenari preoccupanti: TikTok rischia di trasformarsi in uno strumento per veicolare propaganda di Stato, silenziando la voce palestinese e normalizzando l’occupazione.
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