06 Agosto 2025
Benjamin Netanyahu (imagoeconomica)
La situazione in Medio Oriente ha raggiunto un punto di non ritorno che minaccia di trascinare l'intera Regione – e non solo - in un conflitto ancora più devastante. Mentre il mondo osserva con crescente allarme, il Parlamento israeliano ha approvato una mozione simbolica che chiede "l'applicazione della sovranità israeliana su Giudea, Samaria e la Valle del Giordano", con una votazione di 71-13 che segna un'accelerazione drammatica verso l'annessione completa della Cisgiordania. Le ultime 48 ore poi hanno visto una escalation senza precedenti nella retorica di annessione. Lunedì 4 agosto, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato che "è stata presa una decisione per l'occupazione completa della Striscia di Gaza, incluse operazioni militari nelle aree dove si ritiene siano detenuti gli ostaggi".
In un video diffuso sui social media, Netanyahu ha dichiarato: "Ci stiamo impegnando a liberare Gaza dalla tirannia di questi terroristi. Molti di Gaza vengono da noi e dicono 'Aiutateci ad essere liberi. Aiutateci ad essere liberi da Hamas' e questo è quello che faremo".
Secondo il rapporto di Haaretz, Israele annetterebbe prima le aree nella "zona cuscinetto" lungo il confine di Gaza, seguite dalle aree nel nord della Striscia vicino alle città israeliane di Sderot e Ashkelon, e continuerebbe gradualmente fino a quando la maggior parte o tutto il territorio sarà annesso.
Particolarmente inquietante è la rivelazione che il piano avrebbe ricevuto il via libera da Trump, segnalando un coordinamento internazionale per quella che equivale a una violazione massiccia del diritto internazionale.
Netanyahu ha anche fatto riferimento all'implementazione del folle e delirante piano di Trump per Gaza, dicendo: "Implementeremo il piano del Presidente Trump, è un buon piano e fa la differenza, e significa qualcosa di molto semplice, che i residenti di Gaza che vogliono andarsene possono andarsene", che fuor di terribile ipocrisia, il tutto starebbe a significare che tutta la popolazione di Gaza andrebbe trasferita/deportata in altri Paesi, dove però, non è dato saperlo.
Al centro di questa crisi esplosiva si trova quello che è stato descritto come "il governo più di estrema destra nella storia israeliana". Il primo ministro Benjamin Netanyahu, ormai prigioniero della sua alleanza con l'estrema destra messianica, ha formato un governo composto da un partito religioso ultranazionalista dominato dai coloni della Cisgiordania, due partiti ultra-ortodossi e il suo partito nazionalista Likud.
Lo scrittore israeliano David Grossman, in una critica devastante, ha definito questa situazione in termini apocalittici: "Siamo condannati a vivere di spada e morire di spada". Grossman ha accusato Netanyahu di aver commesso "il peccato più grave" normalizzando figure come Ben-Gvir (condannato dallo stesso Stato di Israele pere ben 8 volte per razzismo e terrorismo) e Smotrich (autodichiaratosi fascista, razzista e omofobo): "sia le loro personalità che le loro ideologie. È davvero un crimine permettere a tali persone di avere così tanta influenza sul nostro futuro. Sono fascisti, pieni di odio".
La piattaforma del governo di Netanyahu dichiara che "il popolo ebraico ha diritti esclusivi e indiscutibili" su tutto Israele e i territori palestinesi e promuoverà la costruzione di insediamenti nella Cisgiordania occupata. Questo include la legalizzazione interna di decine di avamposti illegali (che tali restano per il Diritto Internazionale) e l'impegno ad annettere l'intero territorio (vedasi mio precedente articolo https://www.ilgiornaleditalia.it/news/esteri/719959/the-greater-israel-l-ambizioso-folle-e-pericolosissimo-progetto-colonialista-di-netanyahu-va-fermato-ad-ogni-costo-se-non-vogliamo-che-il-medio-oriente-imploda-su-se-stesso.html).
Sotto l'ombra della guerra genocida a Gaza, Israele ha accelerato la sua spinta all'annessione nella Cisgiordania. Il 23 luglio 2025, la Knesset ha approvato una risoluzione a sostegno dell'annessione israeliana della Cisgiordania, mentre meno di due settimane dopo aver ricevuto un severo avvertimento dai suoi alleati occidentali, Israele ha approvato 22 insediamenti illegali nella Cisgiordania, equivalenti a quello che è stato descritto come il più grande accaparramento di terre dagli Accordi di Pace di Oslo del 1993.
La dichiarata intenzione del governo israeliano di annettere Gaza e la Cisgiordania ha provocato una reazione ferma dai partner arabi più importanti. L'Egitto, la Giordania e l'Arabia Saudita sono in prima linea nell'opposizione ai piani di annessione e deportazione. Il governo egiziano ha ripetutamente respinto i piani sia del governo israeliano che di Trump di spostare/deportare i palestinesi da Gaza in Egitto e Giordania. Il governo egiziano ha inoltre informato i funzionari statunitensi che i piani di deportazione e annessione minacciano il trattato di pace egiziano-israeliano, firmato nel 1979 e sponsorizzato dagli Stati Uniti, e mette a rischio le relazioni diplomatiche tra Il Cairo e Tel Aviv.
Per l'Arabia Saudita, non è più possibile ignorare gli ultimi 16 mesi a Gaza. La legittimità del regno come custode dei luoghi santi dell'Islam, Mecca e Medina, è in gioco se normalizza le relazioni con Israele senza assicurare un risultato tangibile.
Una delle strategie più sinistre del governo israeliano è stata l'imposizione di un blackout mediatico completo su Gaza. Per 545 giorni, Israele ha bloccato l'ingresso dei giornalisti esterni a Gaza. Israele richiede che tutti i giornalisti internazionali che coprono la guerra da Gaza siano accompagnati da scorte militari israeliane e consentano ai militari di rivedere i loro filmati prima della trasmissione, alla faccia della tanto decantata democrazia!
La violenza dei coloni ha raggiunto nuovi livelli di brutalità, come dimostrato dall'uccisione a sangue freddo di Awdah Hathaleen, un attivista palestinese di 31 anni che ha aiutato a creare il film vincitore dell'Oscar "No Other Land". Hathaleen "è stato colpito davanti al centro comunitario che aveva costruito per far giocare i bambini e per organizzare campi estivi e per imparare". Yinon Levi, un colono israeliano le cui sanzioni statunitensi sono state revocate dall'amministrazione Trump a gennaio, è stato arrestato sulla scena e rilasciato agli arresti domiciliari. Diciassette abitanti del villaggio arrestati per aver lanciato pietre sono ancora detenuti, ma il colono che presumibilmente ha sparato ad al-Hathaleen è stato rilasciato dopo essere stato detenuto solo 24 ore. Anche Hamdan Ballal, co-regista palestinese del documentario vincitore dell'Oscar "No Other Land", è stato arrestato dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata dopo essere stato picchiato e ferito dai coloni israeliani. Ormai la violenza cieca e disumana dei coloni israeliani a carico dei palestinesi - che vorrebbero semplicemente vivere in pace nelle proprie terre e nelle proprie case - è addirittura sfuggita anche al controllo del governo israeliano, dal momento in cui il Ministro Ben-Gvir ha armato decine di migliaia di coloni spronandoli ad andarsi a prendere con la forza e la violenza le terre di Cisgiordania.
In una mossa senza precedenti che ricorda i regimi autoritari, Netanyahu ha intrapreso una purga sistematica di coloro che lo stanno indagando. Il gabinetto ha votato all'unanimità per licenziare Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza più potente di Israele, un'azione senza precedenti nella storia israeliana. La decisione di Netanyahu arriva mentre l'agenzia sta indagando due dei suoi consiglieri per aver presumibilmente ricevuto pagamenti dal Qatar. I ministri hanno votato all'unanimità la sfiducia al Procuratore Generale Gali Baharav-Miara, avviando il processo formale per licenziarla. Oltre a perseguire Netanyahu nel suo processo in corso, Baharav-Miara sta anche indagando sui presunti collegamenti dei suoi consiglieri con il Qatar.
La situazione militare rivela profonde crepe nel tessuto sociale israeliano. Oltre 100.000 israeliani hanno smesso di presentarsi al servizio di riserva. Alcuni riservisti hanno parlato ai media israeliani e scritto post sui social sulla loro esasperazione dopo aver prestato servizio per centinaia di giorni di servizio a Gaza nell'ultimo anno e mezzo.
Il maggiore Nir Avishai Cohen ha pubblicato un lungo post su Facebook dicendo che avrebbe rifiutato di continuare a servire nelle riserve. Ha sostenuto che la guerra di Gaza si è trasformata in una guerra per la sopravvivenza della coalizione di governo di estrema destra di Netanyahu.
Il continuo attacco ai palestinesi di Gaza ha avuto un costo psicologico devastante sulle forze israeliane. L'IDF ha affermato nei giorni scorsi di aver constatato un forte aumento del numero di presunti suicidi nell'esercito dal 7 ottobre 2023, pubblicando statistiche sui suoi morti degli ultimi due anni. Secondo tali dati, sedici soldati israeliani si sono suicidati dall'inizio del 2025, portando il numero totale di suicidi nell'esercito a 54 dall'inizio del genocidio a Gaza a partire da ottobre 2023. Le indagini condotte dall'esercito di occupazione israeliano hanno rivelato che i suicidi più recenti tra i suoi soldati derivano da circostanze legate al combattimento e dalle difficoltà associate ai dispiegamenti prolungati nelle zone di combattimento attive.
Le fonti dicono che l'esercito israeliano è riluttante a testare lo stato mentale dei soldati, temendo che possa esservi un enorme abbandono delle armi da parte dei giovani israeliani.
A dimostrazione di quanto sia colmo di tensione il momento che ci ritroviamo a vivere, nei giorni scorsi vi è stata un'iniziativa inimmaginabile e senza precedenti che ha scosso l'establishment israeliano: oltre 600 ex funzionari della sicurezza in pensione hanno scritto una lettera al Presidente Donald Trump chiedendogli di fare pressione su Benjamin Netanyahu per porre fine alla guerra a Gaza.
Tra i firmatari figurano i nomi più prestigiosi dell'intelligence e della difesa israeliana: tre ex capi del Mossad (Tamir Pardo, Efraim Halevy e Danny Yatom), cinque ex dirigenti dello Shin Bet (Nadav Argaman, Yoram Cohen, Ami Ayalon, Yaakov Peri e Carmi Gilon) e tre ex capi di stato maggiore, incluso l'ex premier Ehud Barak. "È nostra convinzione professionale che Hamas non rappresenti più una minaccia strategica per Israele", scrivono nella lettera rilanciata dalla BBC. I firmatari fanno leva sulla credibilità del presidente americano presso l'opinione pubblica israeliana per convincerlo a intervenire: "La vostra credibilità presso la stragrande maggioranza degli israeliani aumenta la capacità di indirizzare Netanyahu e il suo governo sulla giusta strada".
Ami Ayalon, ex direttore dello Shin Bet, in un video di accompagnamento alla lettera è stato ancora più esplicito: "Questa guerra non è più una guerra giusta e sta portando lo Stato di Israele a perdere la sua identità".
L'ultima provocazione di Ben-Gvir rappresenta forse l'escalation più pericolosa. In una mossa senza precedenti, il Ministro della Sicurezza Nazionale di estrema destra Itamar Ben-Gvir la scorsa domenica ha guidato un gruppo di ebrei nella preghiera avvenuta sulla Spianata delle Moschee, la prima volta che un ministro del governo ha apertamente pregato nel sito nevralgico in violazione dello status quo.
La situazione attuale presenta tutti i segni premonitori di un collasso sistemico. Grossman ha avvertito di avere forti timori di gravi scontri per le antiche strade di Gerusalemme nel caso in cui Netanyahu venisse giudicato colpevole nell'ambito del processo in corso per corruzione: "Ho molta paura di cosa accadrà qui se Netanyahu viene condannato. La violenza è già così profondamente incisa nella psiche israeliana - sia nazionale che personale - che il peggio potrebbe ancora scoppiare".
La comunità internazionale sembra sempre più impotente di fronte a questa escalation. Il Regno Unito riconoscerà lo Stato palestinese entro settembre a meno che Israele non si impegni per la pace nella Striscia di Gaza, fermando l'annessione della Cisgiordania e altre misure, ma queste minacce diplomatiche sembrano insufficienti di fronte alla determinazione dell'estrema destra israeliana di procedere con il suo progetto coloniale.
Il Medio Oriente si trova sull'orlo di un precipizio. La combinazione di estremismo messianico al potere nello Stato occupante di Israele, il rifiuto dell'esercito di continuare una guerra senza fine, l'escalation della violenza dei coloni, e la sistematica demolizione delle istituzioni democratiche israeliane da parte di Netanyahu, crea le condizioni perfette per una conflagrazione che potrebbe estendersi ben oltre i confini della Regione. La domanda non è più se scoppierà una crisi maggiore, ma quando scoppierà e quanto sarà devastante.
Di Eugenio Cardi
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