30 Dicembre 2025
Benjamin Netanyahu e il presidente egiziano al-Sisi
Esattamente due settimane prima dell'attacco di Hamas ai kibbutz israeliani quel 7 ottobre 2023, l'Egitto diede avvertimento al governo di Netanyahu che un "pericolo imminente" stava per verificarsi, e che a Gaza la situazione era "esplosiva". Ma ogni avvertimento venne ignorato.
A rivelarlo, quale ennesima testimonianza di come Tel Aviv fosse perfettamente al corrente delle mosse ostili dei miliziani di Hamas il 7 ottobre di due anni fa, sono fonti diplomatiche e d'intelligence egiziane. Fonti che si sommano alle già documentate inchieste trapelate da esclusivi documenti Idf segreti, o dallo stesso Shin Bet, il servizio di sicurezza interna di Israele che chiese con largo anticipo al primo ministro Netanyahu di intervenire contro Hamas vedendosi respinta la richiesta perché considerata "ingerenza politica".
A quanto risulta dunque da nuove testimonianze fornite da agenti sotto anonimato, tutti i possibili segnali d'allarme erano già stati dati a Tel Aviv. Non solo a distanza, ma addirittura di presenza: pare infatti che due settimane prima della fatidica data, una delegazione egiziana si recò personalmente ad Israele per avvisare il ministero degli Esteri e i diplomatici israeliani del fatto di come ormai a Gaza la situazione fosse "esplosiva". "Abbiamo detto ai nostri omologhi israeliani che la situazione a Gaza e in Cisgiordania era estremamente instabile e poteva portare a un’escalation" ha comunicato la fonte egiziana.
Informatori egiziani si erano dunque recati a Tel Aviv per mettere in guardia da possibili deflagrazioni e insicurezze legate all'instabilità interna a Gaza e alla Cisgiordania, ma Israele ignorò i moniti perché la sicurezza interna - che autorità israeliane avevano descritto come "sotto controllo" - non era tra le priorità del Paese. Oltre a trascurare volutamente l'informazione top secret per poi avere un concreto pretesto per iniziare un genocidio sotto il nome di "guerra", Israele stava affrontando altre due questioni interne: una crisi politica collegata alla riforma della Giustizia, e polemiche sullo svolgimento di preghiere con segregazione di genere nella piazza Dizengoff.
Tutto questo avrebbe, secondo le fonti, contribuito a distogliere l'attenzione sociale dal pericolo imminente. Ma c'è dell'altro. Il 26 settembre 2023 fu proprio all'aeroporto Ben Gurion che un aereo legato all'intelligence egiziana restò in pista qualche istante per poi decollare nuovamente in direzione Cairo. Secondo alti funzionari, a bordo di quell'aeromobile ebbe luogo una riunione urgente. Il tutto mentre Tzachi Hanegbi, Consigliere per la sicurezza Nazionale israeliano e responsabile delle comunicazioni col capo dell'intelligence egiziana Abbas Kamel, risultava assente da una cerimonia ufficiale.
Fonti egiziane comunicarono al Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano che "qualcosa di grosso" si stava avvicinando, e che una "catastrofe" non poteva essere ignorata. Conferma definitiva dei moniti egiziani arrivarono anche dagli stessi Stati Uniti, in particolare dal Presidente della Commissione Affari Esteri della Camera Michael McCaul che, l'11 ottobre 2023 confermò come l'Egitto avesse avvertito Israele. Alla luce di quanto fin qui delineato, è sempre più palese come l'attacco del 7 ottobre non fu un accadimento "imprevisto", ma la parte fondamentale di un piano d'azione strategico a guida Netanyahu, contro Hamas e - più in generale - tutti i palestinesi.
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