27 Luglio 2024
Kamala Harris, fonte: imagoeconomica
È stata impressionante la metamorfosi improvvisa e quasi traumatica, con cui i potentati e le elites degli USA, i veri padroni del paese, da un atteggiamento di scarsa considerazione verso Kamala Harris, definita addirittura “inutile”, sono passati all’improvvisa esaltazione e glorificazione della stessa, quale candidata democratica alla Presidenza. Tutte le precedenti critiche dure e sarcastiche hanno radicalmente cambiato segno, dopo la designazione di Joe Biden e si sono convertite in peana ed applausi certamente esagerati. Così i capataz del Partito Democratico ed i signori del sistema economico e finanziario americani, hanno unanimemente condiviso, con il susseguirsi delle ore, l’endorsement del Presidente a favore della sua Vice e così, insieme agli improvvisi e sperticati elogi circa la competenza, il curriculum professionale e la grande credibilità politica della donna, sono puntualmente arrivati anche tanti milioni di dollari.
Come nei fuochi d’artificio, mano a mano che aumentano i lanci dei razzi, il cielo si riempie di luci di svariati colori, che salgono sempre più in alto, fino a coprire l’intera calotta del cielo. E su quella calotta è svettata, come un’icona, l’immagine rassicurante, sorridente e vincente di Kamala.
Il brutto anatroccolo della favola di Andersen, in poche ore, è così diventata la Fata Turchina, trascinata dall’entusiasmo dei vari Bill Clinton, George Clooney, Nancy Pelosi e perfino della famiglia Obama, con tante cascate di dollari che cospargono il cielo, lanciati da Mark Zuckerberg, Bill Gates, George Soros e tutta la compagnia di giro che li accompagna, compresa la grancassa della stampa cosiddetta progressista. Una donna vincente, messa sugli altari, con una rapida procedura di canonizzazione, che non ha uguali nella storia.
Nel leggere queste notizie mi sono venuti alla mente alcuni articoli da me scorsi tempo fa, su vecchie copie ingiallite del giornale “Il Secolo”, il principale quotidiano milanese, alla fine dell’Ottocento.
Parlando della designazione del nominando Sindaco della città, la cronaca di quei giorni riportava che il Duca Uberto Visconti di Modrone si era incontrato con il Marchese Pietro Antonio Clerici, il Marchese Francesco Borromeo Arese, il Conte Carlo Migliavacca, il barone Luigi Brambilla ed alcuni altri maggiorenti di Milano, che avevano deciso di stanziare un fondo comune, per l’elezione del nobiluomo Giuseppe Vigoni a Sindaco della città, per i successivi quattro anni. I Signori di Milano, diceva la cronaca, avevano convenuto che il suddetto candidato dovesse avere il supporto di tutte le famiglie, con censo avente diritto di voto. La stampa locale, a partire ovviamente dal Secolo e dal Corriere della Sera avrebbe dovuto poi dare il suo supporto a tale candidatura e la concessionaria di pubblicità A. Manzoni & C avrebbe dovuto pubblicizzarla fino al giorno delle elezioni.
Sono passati oltre centoventi anni da quell’episodio di cronaca e dalla piccola Italietta di quegli anni, ci troviamo ora ad affrontare un caso di elezioni, questa volta però ambientato nel maggiore impero mondiale.
La filosofia ed i metodi sembrano comunque essere gli stessi e per chi crede nella Democrazia e nello Stato di Diritto, tutto ciò non è certo consolante.
Di Pierfranco Faletti
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