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Il "tragico incidente" a Gaza con la WCK mette a nudo la strategia israeliana e mette in difficoltà la Casa Bianca

Oltre alle parole, il presidente americano dovrà decidere se interrompere gli aiuti militari, come chiesto da molti critici

06 Aprile 2024

Gaza, raid israeliano contro Ong americana World Central Kitchen mentre distribuiva aiuti, 7 morti, Usa: “Turbati dall'attacco”

Fonte foto: Twitter

L'uccisione di sette lavoratori umanitari della World Central Kitchen ha scosso l'opinione pubblica internazionale nell'ultima settimana, spingendo l'amministrazione Biden ad aumentare le pressioni sul governo di Benjamin Netanyahu. "Queste cose accadono in guerra", ha dichiarato inizialmente il Primo Ministro israeliano, dimostrando un livello di indifferenza che, oltre ad alimentare le critiche sul singolo caso, ha confermato per molti il sostanziale disinteresse delle forze israeliane verso i morti civili.

Le prime indiscrezioni provenienti dal Paese sull'incidente sono state rivelatrici. Alcune fonti all'interno dell'esercito hanno dichiarato al quotidiano Ha'aretz che la versione ufficiale, secondo cui sarebbe mancato il coordinamento sull'identità dei veicoli coinvolti, non riflette la realtà: affermano invece che si è trattato di un problema di "disciplina", in cui "ogni comandante determina le proprie regole".

Merav Michaeli, presidente del Partito Laburista Israeliano, ha riassunto la situazione così: "Come siamo arrivati a una situazione in cui alcuni soldati o ufficiali hanno considerato ragionevole uccidere sette persone per ipoteticamente uccidere un singolo membro di Hamas?" Vale a dire, che si è deciso coscientemente di lanciare l'attacco, pur sapendo che sarebbero morti gli operatori umanitari, per non farsi sfuggire la possibilità di eliminare un terrorista. D'altronde, è questo l'approccio generale dell'operazione militare, di "raggiungere l'obiettivo" nonostante il costo per i civili, che viene difeso costantemente da Benjamin Netanyahu.

L'inchiesta ufficiale fornisce un'altra versione, almeno in parte: dice non solo che si è erroneamente pensato che una delle persone avesse un fucile, mentre in realtà era soltanto una borsa, ma anche che le riprese ottenute con il drone non indicassero chiaramente il logo dell'organizzazione umanitaria. Così si lascia intendere che non fossero consapevoli dell'identità dei bersagli.

Il presidente americano Joe Biden si è dichiarato indignato, e ha poi minacciato di porre delle condizioni sul sostegno futuro per Israele, valutando la risposta di Netanyahu in merito ai morti civili e alla crisi umanitaria. Per i critici si tratta di parole vuote, in quanto simultaneamente è stato approvato un ulteriore invio di armi ad Israele proprio in questi giorni.

Tuttavia, stanno crescendo le pressioni sull'amministrazione all'interno degli Stati Uniti. Al Congresso diversi politici democratici parlano apertamente di bloccare gli aiuti militari, riconoscendo che le parole non basteranno per ottenere un cambiamento netto nell'approccio di Netanyahu. Il premier israeliano ha fatto sì aprire un nuovo punto d'entrata per gli aiuti umanitari, ma pochi si aspettano il "cessate il fuoco immediato" come richiesto da Joe Biden nella telefonata del 4 aprile.

Il presidente americano preferirebbe poter vantarsi di aver ottenuto una svolta attraverso le parole dure pronunciate nei confronti del leader israeliano, piuttosto che interrompere la fornitura di armi, che lo aprirebbe a critiche feroci da parte dei repubblicani e dei lobby a favore della destra israeliana. Tuttavia, potrebbe presto arrivare ad un bivio, in cui dovrà decidere se fare seguire alle parole i fatti, oppure continuare a perdere la credibilità, a livello internazionale e anche di fronte ai propri elettori.

Di Andrew Spannaus

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