10 Febbraio 2023
Fonte: GettyImage
A marzo la Russia taglierà volontariamente del 5% la produzione di petrolio. Si tratta di 500mila brilli di greggio in meno al giorno. È la riposta di Mosca al price cap, il tetto sul prezzo dell’oro nero (che Il Giornale d’Italia reputa da sempre irrealizzabile) imposto a partire dallo scorso 5 dicembre dai membri del G7.
Il price cap rappresenta una soglia sopra la quale è vietato acquistare il petrolio russo: in questo caso era stato fissato a 60 dollari al barile, un prezzo inferiore alle attuali quotazioni di mercato (circa 80 dollari al barile), con l’obiettivo di limitare le entrate economiche della Russia, assicurando allo stesso tempo le esportazioni di petrolio. La replica di Mosca non si è fatta attendere. Nella giornata di oggi, venerdì 10 febbraio, il vice primo ministro russo Alexander Novak ha annunciato che a partire da marzo la Russia taglierà la propria produzione di petrolio di circa 500mila barili al giorno, cioè di circa il 5% della sua produzione complessiva. L’obiettivo della Russia è far salire i prezzi del petrolio. E l’effetto c’è stato: in seguito all’annuncio del ministro Novak, le quotazioni di riferimento sono salite del 2,5% col Brent aprile a 86,5 dollari al barile e il Wti marzo a 80 dollari al barile.
A fine dicembre, sempre in risposta all’accordo sul tetto al prezzo del suo petrolio, la Russia aveva fatto sapere che non avrebbe più venduto petrolio o derivati ai paesi che vi aderivano. In più occasioni aveva poi minacciato un taglio alla produzione per far salire i prezzi del petrolio. Che ora si è concretizzato. “A oggi vendiamo completamente l’intero volume di petrolio prodotto, tuttavia, come è stato affermato in precedenza, non venderemo petrolio a coloro che aderiscono direttamente o indirettamente ai princìpi del tetto dei prezzi”, ha sottolineato Novak. “La Russia, quindi, a marzo ridurrà volontariamente la produzione di 500mila barili al giorno”.
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