01 Marzo 2022
Fonte: lapresse.it
Con il proseguire della guerra tra Russia e Ucraina riemergono dal passato vecchi grattacapi per il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Nel 2018 infatti, venne ampiamente discusso il ruolo avuto dall'allora ex vicepresidente Usa nel siluramento del procuratore ucraino che stava indagando sull'azienda per cui lavorava il figlio, Hunter Biden. Quest'ultimo era nel board di Burisma Holdings, compagnia ucraina del gas, dopo essersi insediato nel Cda dell'azienda circa quattro anni prima, poco dopo le proteste filo europee che sconvolsero la Russia e la cacciata dell'allora presidente filorusso Victor Yanukovich.
Hunter Biden venne assunto nel board di Burisma con uno stipendio di 50mila dollari al mese, nonostante non parlasse ucraino e non avesse particolari esperienze nel campo energetico. Ciò che all'epoca saltò all'occhio di molti fu che il suo arrivo nella compagnia avvenne pochi mesi dopo la decisione dell'allora presidente Barack Obama di affidare al suo vice - Joe Biden - il compito di seguire la transizione politica in corso in Ucraina. A seguito della rivoluzione arancione, il presidente Viktor Yanukovich fu costretto infatti all'autoesilio in Crimea per evitare la guerra civile.
La presenza del figlio di Biden in Ucraina non mancò di suscitare forti preoccupazioni anche nello stesso staff di Obama, soprattutto dopo che Biden aveva portato il figlio in un viaggio di stato in Cina, dove Hunter aveva incontrato uomini d'affari. Una situazione che persino un ex consigliere del presidente aveva definito preoccupante poiché "sollevava questioni se avesse fatto leva su possibili finanziamenti".
Questo potenziale conflitto d'interessi riaffiorò successivamente nel 2016 quando Biden minacciò di congelare un miliardo di dollari di aiuti economici se i leader ucraini non avessero licenziato Viktor Shokin. L'uomo - poi licenziato, anche grazie all'appoggio dell'Ue - era all'epoca procuratore generale e venne accusato di essere stato troppo morbido nella lotta alla corruzione di Stato. Un provvedimento di cui lo stesso Biden si vantò nel 2018, quando ad un evento pubblico a cura della rivista Foreign Affairs affermò: "Li guardai negli occhi e dissi, io parto tra sei ore, se il procuratore non è stato licenziato, non avrete i soldi. Beh, figlio di puttana. È stato licenziato". Ciò che desta sospetti è che Viktor Shokin stava indagando anche sulla Burisma Holdings, cioè l'azienda nel cui board figurava Hunter.
L'inchiesta tuttavia non riguardava il figlio del presidente Usa, ma il fondatore della compagnia, Mykola Zlochevsky, amico di Viktor Yanukovich. Per la precisione i fatti riguardavano un sistema di tangenti milionarie per ottenere le licenze nello sfruttamento del gas risalente a un periodo compreso tra il 2010 e il 2012, quindi almeno due anni prima che Hunter Biden entrasse nell'azienda. Successivamente il procuratore generale che decise l'archiviazione, Yuriy Lutsenko, spiegò al Washington Post che Biden e il figlio Hunter non risultavano coinvolti nella faccenda. Per precauzione, Hunter Biden decise di dimettersi dal Cda di Burisma in concomitanza alla candidatura del padre per le elezioni presidenziali, che poi vinse. Ma l'imbarazzo per la questione rimase, e riemerge soprattutto ora che il braccio di ferro tra Russia e Usa/Nato sembra portare a un punto di non ritorno.
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