18 Gennaio 2021
Bandiera del Messico (fonte foto Pixabay)
Sotto l'amministrazione Trump, le banconote stampate sono aumentate del 24% rispetto agli anni passati. L'offerta è così passata da 15.33 mila miliardi alla fine del 2019, a 19.1 a fine 2020. Questo è quanto emerge dai dati della Federal Reserve.
Come afferma Maddalena Pezzotti in un articolo pubblicato su Insideover.com, solitamente "la crescita del volume del denaro segue un passo lento e costante nel tempo", ma, in questo periodo di emergenza sanitaria, si è registrata "un'immissione di una massa di dollari senza precedenti".
Ma quali sono le conseguenze di tale aumento? Prima tra tutte potrebbe esserci l'inflazione negli Usa. Non è la prima volta che il dollaro americano - ricorda la giornalista Pezzotti - attraversa una fase di crisi, ma oggi c'è qualcosa in più. La situazione di incertezza data dalla pandemia da Coronavirus potrebbe dare avvio allo sviluppo di ulteriori e sempre più complicate circostanze, che potrebbero rivelarsi difficili da gestire.
La seconda conseguenza potrebbe essere "un accelerato deprezzamento del dollaro contro le divise latinoamericane che, invece, potrebbe concedere un inatteso respiro a economie sotto differenti livelli di stress strutturale e congiunturale" scrive la giornalista di Insideover.com.
Da questa situazione infatti i paesi indebitati potrebbero ottenere grandi benefici, "in quanto una maggiore facilità di finanziamento allevia la pressione sulla valuta locale, flessibilizza le politiche interne, e riduce il peso del deficit esterno denominato in valuta forte" continua Pezzotti.
A uscire vincenti dalla svalutazione del dollaro potrebbero essere Messico e Cile. Entrambi i paesi sudamericani potrebbero trarre benefici dal ribasso della moneta americana.
Il Messico potrebbe continuare a puntare sui beni manifatturieri (ad oggi è un settore con un tasso di esportazione al 70%) e l'industria petrolifera nazionale potrebbe "avvantaggiarsi, dato che un dollaro in discesa remunera le commodities" scrive la giornalista Pezzotti.
Allo stesso modo il Cile, in qualità di primo produttore di bronzo al mondo, potrebbe ricavare dei benefici. Alla fine dell'anno appena passato, "il metallo ha raggiunto la quotazione di 3.22 dollari la libra, la più alta negli ultimi due anni e mezzo" si legge su Insideover.com. Inoltre, secondo le stime, il settore minerario nel 2021 potrebbe portare nelle casse dello Stato 2.873 milioni di dollari.
Sorte diversa invece per il Venezuela, dove il calo del dollaro potrebbe risultare irrilevante. Stesso discorso potrebbe valere anche per l'Argentina, Paese esportatore agricolo, in cui "il valore del dollaro non è di molto aiuto" afferma la giornalista. In questi casi dunque "solo un’efficace combinazione di politiche e credibilità potrà garantire un recupero sostenibile" sostiene ancora Pezzotti.
Possibili risvolti positivi anche a Panama, El Salvador e Ecuador. In quest'ultimo paese sudamericano però, i cambiamenti potrebbero essere meno evidenti, a causa "dell’incertezza dell’esito delle negoziazioni con il Fondo Monetario Internazionale" conclude la giornalista di Insideover.com.
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