19 Aprile 2025
Presenza geografica UniCredit nel mondo
Il governo alza le barricate contro UniCredit, seconda banca italiana e prima nostrana a livello paneuropeo, sì al Golden Power condizionato per l'OPS su BancoBPM, “uscita dalla Russia in 9 mesi, divieto di chiusura degli sportelli e delle sedi e il mantenimento di un equilibrio nei meccanismi di governance”.
Ma facciamo un passo indietro: UniCredit sconterebbe, secondo alcuni, un doppio “peccato”:
Orcel avrebbe quindi rotto le “uova nel paniere” per 2 volte ad una parte della politica e ad altri interessi prevalentemente romani, ma con l’intento di rendere UniCredit più forte, mettendo una toppa a tutti gli errori commessi durante la precedente governance (ricordiamo, tra i vari, la vendita di Fineco, Pioneer e Mediobanca, per non parlare degli “asset culturali” e l’assenza di una “strategia retail”, oltre ad aver realizzato un aumento di capitale “monstre” di ben €14 miliardi).
Orcel tira quindi dritto e incassa l’ok all’Ops su Banco da parte della BCE il 29 Marzo e dalla Consob il 1° Aprile. Ma poi tocca al Governo, che alza lo scudo del Golden Power contro UniCredit.
Accade ieri sera nella riunione del Consiglio dei ministri: l’esecutivo, con spaccatura di Forza Italia, decide di esercitare i poteri speciali “a tutela di interessi strategici per la sicurezza nazionale”, come riporta la nota diffusa al termine del Cdm.
Il risultato è un “sì condizionato”, con “imposizione di specifiche prescrizioni”.
I tecnici del Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio (Dica) hanno riportato condizioni stringenti sugli sportelli e sull’uscita “rapida” di UniCredit dalla Russia, oltre che sulla governance. Antonio Tajani ha espresso la sua contrarietà nel CDP del 18 Aprile 2025 a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che ha definito UniCredit «non una banca italiana», per convergere alla fine sulle seguenti prescrizioni:
“mantenimento della struttura territoriale della banca risultante dalla fusione, con il divieto di razionalizzazione degli sportelli in Lombardia e Veneto, la salvaguardia delle sedi operative, mantenimento di un equilibrio nei meccanismi di governance e uscita definitiva dalla Russia entro nove mesi”, nonostante la banca abbia già ridotto del 94% le attività transfrontaliere e dell’89% i depositi locali, a seguito del conflitto in Ucraina.
Arriva in tarda serata la prima reazione ufficiale dell’istituto: "L’offerta è approvata con prescrizioni il cui merito non è chiaro” e dunque “UniCredit si prenderà il tempo necessario per valutare la fattibilità e l’impatto delle prescrizioni sulla società, sui suoi azionisti e sull’operazione di M&A, relazionandosi, se del caso, con le autorità competenti”.
Giova a questo punto effettuare alcune premesse, entrando nel merito: l’Italia ha commesso il grave errore di “fare la guerra alla Russia”, condannare la guerra è un fatto, fare la guerra al proprio partner fornitore di Gas, Petrolio e Grano, peraltro su mandato degli Usa, è folle.
Ritorna alla mente Draghi e la demenzialità del "volete la guerra o i condizionatori” (quasi superiore al "se non ti vaccini per il Covid muori e fai morire").
Situazione che sta frammentando all’interno la pancia dei singoli Stati e forze politiche, in primis la Germania, che ha riaperto le proprie centrali a carbone (in particolare, il coke), e che meditano su come ritornare alle forniture russe, vicine e estremamente a minor costo.
Ricordiamo che l’incremento dei costi delle materie prima a seguito del distacco dalal Russia causò l’impennata dell’inflazione “cattiva”, ovvero non da crescita, ovvero endogena, ma di quella importata, ovvero esosogena, con la conseguenza della doppia mazzata di maggiori costi pwr le bollette per famiglie e imprese e incremento dei tassi d’interesse da parte della BCE.
Va poi considerato che il Gas che compriamo ad oltre 3 volte il prezzo che pagavamo 3 anni fa sotto forma di Gnl (Gas Naturale Liquefatto) dagli Usa, viene da loro acquistato dalla Russia intermediandolo dell’India, come rivelato da il Giornale d’Italia.
In questo scenario, UniCredit dovrebbe lasciare la Russia entro 9 mesi, una mossa politica e strumentale a destabilizzare l’istituto.
Nel bilancio di UniCredit infatti, le attività russe sono iscritte a bilancio per 2,8 miliardi di euro. Una perdita colossale e insensata a carico della banca e dei suoi azionisti e che potrebbe indurre anche a un passo indietro dall’Ops sul Banco Bpm, vero obiettivo del governo e dei vari stakeholder, guarda caso, azionisti di Mps.
Va inoltre ricordato che l’istituto guidato da Andrea Orcel negli ultimi 2 anni ha ottenuto in Russia un profitto di € 2 miliardi.
In caso di “Russexit”, infatti, la perdita che ne deriverebbe depaupererebbe il valore della banca e relativa capitalizzazione, con conseguenze dirette sui concambi per l’ops sul Banco e mettendo a rischio la stessa operazione su Commerzbank, a danno degli azionisti e del sistema Italia.
Non va dimenticato che in questo momento UniCredit rappresenta l’unico punto di riferimento in Russia per grandi imprese e Pmi italiane, oltre che per i privati, per supportarle nei processi di internazionalizzazione e trading con il territorio più grande e tra i più ricchi del mondo in termini di materie prime, partner al quale l'Italia non può rinunciare.
Situazione peraltro che rappresenta un enorme vantaggio competitivo per Gae Aulenti, con una posizione di leadership in Russia, meglio di qualunque altra banca, vero asset una volta che la situazione di tensione sarà rientrata e si riapriranno le frontiere e il commercio.
Allora perché questa situazione, che peraltro rischia di aprire tensioni con Bruxelles? La vicenda ha attirato infatti l’attenzione anche delle istituzioni europee. La Commissione UE ha chiesto chiarimenti sull’uso del Golden Power da parte dell’Italia, in particolare con riferimento all’Ops di UniCredit. Non si esclude infatti che possano nascere tensioni tra Roma e Bruxelles, soprattutto se le prescrizioni italiane dovessero entrare in contrasto con le valutazioni attese dell’Antitrust europeo nei prossimi mesi.
Unicredit insieme a Banco Bpm e Anima, a sua volta acquisita da Piazza Meda, supererebbe la capitalizzazione di 100miliardi euro, maggiore di quella della stessa Banca Intesa Sanpaolo, e si posizionerebbe meglio per lanciare l'Opa su Commerzbank nel 2026, rafforzandosi di conseguenza nella prima geografia europea a seguito dell'acquisto del secondo player dopo Deutsche Bank.
Per l’Italia e le sue imprese la migliore opzione è che Unicredit prosegua nel percorso avviato, consolidando la sua posizolione di leader bancario italiano paneiropeo, con presenza anche in Russia, mantenendo la sede legale e fiscale in Italia, magari con ratifica inderogabile nel proprio statuto al fine di evitare situazioni accadute ad esempio con Fiat / FCA (trasferitasi in Olanda), e preservando i livelli occupazionali e la forza sul territorio, magari cedendo alcuni sportelli in specifici territori "sovrapposti", come accadde, tra gli altri, con Ubi Banca a seguito dell'opa di Intesa Sanpaolo e come accadrà con quella di Bper su Sondrio.
Bper Banca ha ottenuto il via libera del Governo per l’offerta pubblica di scambio (Ops) su Banca Popolare di Sondrio, senza l’esercizio dei poteri speciali (Golden Power). L'operazione, del valore di 4,3 miliardi di euro, partirà a giugno con l’obiettivo di superare il 35% delle azioni, puntando a chiudere tra fine luglio e inizio agosto. L'assemblea di Bper ha approvato l’aumento di capitale necessario. Gianni Franco Papa ha rassicurato su eventuali impatti su credito e occupazione, confermando che la fusione mira a rafforzare il gruppo, mantenendo la vicinanza territoriale e creando opportunità per i dipendenti.
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