07 Ottobre 2024
Banca d'Italia, Fonte: La Presse
Bankitalia si è “scagliata contro” gli sgravi fiscali sul lavoro, assunzioni e pro spending review presenti nel nuovo Piano strutturale di Bilancio, affermando inoltre che con la manovra la “crescita del Pil si ferma allo 0,8% nel 2024”. La stima al ribasso è arrivata nel corso delle audizioni sul Piano strutturale di bilancio davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, insieme con le parole del capo dipartimento Economia e statistica di Palazzo Koch, Sergio Nicoletti Altimari.
L'economista Altimari ha spiegato che: “Nel quadro delle previsioni a legislazione vigente del Piano strutturale di bilancio (Psb) il Pil cresce dell'1,0 per cento quest'anno, dello 0,9 per cento nel prossimo e dell'1,1 per cento nel 2026. La revisione dei conti economici trimestrali pubblicata venerdì scorso dall'Istat, non inclusa nel quadro, comporterebbe una correzione meccanica al ribasso di due decimi di punto della stima per l'anno in corso”.
Sergio Nicoletti Altimari ha ribadito la necessità di una maggiore “attenzione” in merito al sistema provvidenziale: “Riguardo alle misure espansive delineate, se una valutazione compiuta richiede maggiori dettagli, assume rilevanza l’intenzione di rendere strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro”. Inoltre, ha sottolineato come gli sgravi sul lavoro potrebbero “compromettere” l'equilibrio sul sistema delle pensioni: “Come già sottolineato in sede di Audizione sul DEF verrebbe meno a livello aggregato l’equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni che, nel medio periodo, caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza”.
Secondo l’istituto i provvedimenti previsti nella Manovra, tra cui la stabilizzazione della riduzione del cuneo fiscale e gli interventi a sostegno delle famiglie più numerose, "dispiegheranno i loro effetti principalmente nel 2025, innalzando la crescita del Pil all'1,2%” e che tali effetti potrebbero essere raggiungibili solo se in possesso di alcune “informazioni non ancora disponibili" sulle risorse stanziate e modalità di attuazione, ha rimarcato Nicoletti Altimari.
Il rappresentate di Bankitalia ha spiegato, all'audizione sul Psb, i “rischi” della manovra: “I conti in corso d’anno mostrano un andamento incoraggiante”, ma “il programma delineato nel Psb non è esente da rischi”. Il primo rischio sarebbe che, per finanziare una parte della manovra, il piano “sfrutta il margine determinato dalle maggiori entrate ora attese per il 2024, con l’assunzione implicita che siano interamente permanenti”. In secondo luogo, data “l’elevata incertezza” delle stime macroeconomiche, “anche piccoli scostamenti dai piani di bilancio potrebbero rendere difficoltoso riportare” il deficit sotto il 3% nel 2026.
“Nel quadro previsivo a legislazione vigente del Psb il Pil cresce dell’1,0 per cento quest’anno, dello 0,9 per cento nel prossimo e dell’1,1 per cento nel 2026. La revisione dei conti economici trimestrali pubblicata venerdì scorso dall’Istat, non inclusa nel quadro, comporterebbe una correzione meccanica al ribasso di due decimi di punto percentuale della stima per l’anno in corso” ha aggiunto ancora il capo dipartimento di economia e statistica di Bankitalia.
L'Ufficio parlamentare di bilancio ha confermato le stime al ribasso. Lilia Cavallari, presidente dell'Upb, ha dichiarato: "Possiamo aspettarci qualche decimo di punto in meno". Un'incertezza che si prospetta anche nel futuro a causa delle “tensioni in Medio Oriente”: “Rispetto agli anni successivi, le stime sono sottoposte a rischi al ribasso, legati sostanzialmente alle tensioni geopolitiche”, ha aggiunto Cavallari.
L'Upb ha bocciato il Piano strutturale di bilancio anche per le "informazioni carenti sulla strategia di consolidamento relativamente ai principali programmi di spesa e fonti di entrata". Inoltre, l'Upb ha sottolineato che “si riscontrano carenze rispetto alle informazioni usualmente riportate nella Nadef”.
“La programmazione di medio periodo richiederebbe di evidenziare la strategia per conseguire gli obiettivi di consolidamento con indicazioni più dettagliate riguardo alle dinamiche attese per i principali programmi di spesa e le fonti di entrata e al raccordo con l'attuazione degli investimenti e delle riforme. Ciò rafforzerebbe ulteriormente la credibilità dell'impegno di risanamento”, ha concluso la presidente Upb.
Il direttore per la contabilità dell'Istat, Giovanni Savio, ha riferito che il Pil è tornato in uno “stato stazionario”: “Per ora dal lato crescita del Pil siamo tornati a una fase di stato stazionario o 'steady state' contassi di crescita abbastanza contenutiche stentano a dimostrare la situazione di un'economia che si sviluppa in forma consistente. Inoltre, ha ricordato che: “Si sono spente alcune cause che hanno generato, nel corso degli anni precedenti, dopo la crisi Covid, questa spinta propulsiva e quindi dobbiamo attendere che ci siano altre forze che possano incrementare questa crescita”.
Anche il delegato dell’Anci per la finanza locale, e sindaco di Novara, Alessandro Canelli ha sottolineato i diversi “rischi” della manovra al governo, affermando che: “Ulteriori ipotesi di tagli sul comparto dei Comuni, o comunque di richiesta di contributo per il risanamento della finanza pubblica, diventerebbero veramente estremamente gravosi, soprattutto per tutta una serie di enti che hanno già difficoltà e sono già in crisi di vario genere”.
“I Comuni nell'ultimo decennio hanno già imboccato la strada di forte contenimento e di grande attenzione sulla spesa, di fatto stiamo già facendo quanto richiesto dall'Europa. Il peso della spesa pubblica dei Comuni sul totale è passato dall'8,2% nel 2011 al 6,5% attuale e il deficit dal 3% all'1,5%”, ha aggiunto Canelli.
Inoltre, ha ricordato al governo che per gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica i Comuni “hanno già dato circa 14 miliardi di euro”, compresi altri 6 del Fondo crediti “di dubbia esigibilità”. Dunque per Canelli, i Comuni hanno già fatto il “loro lavoro.” “Stiamo facendo il nostro lavoro anche sulla realizzazione del Pnrr, pur con tutte le difficoltà che un piano straordinario di questo genere", ha aggiunto.
Infine, ha concluso: “Un'ipotesi discussa con il ministro dell'Economia riguarda la possibilità di prevedere un accantonamento sulla parte corrente dei bilanci comunali, così una volta accertato che non ci sono necessità, si possa spendere per investimenti. Anche questo sarebbe un limite importante per la spesa sul sociale e sui servizi, mettendo in difficoltà tantissimi Comuni”.
Anche le Regioni non hanno approvato l’ipotesi dei tagli, soprattutto se il campo è quello della “sanità”. "La spesa sanitaria per le Regioni è fondamentale. È indubbio che il rapporto tra spesa e Pil è un rapporto che dobbiamo cercare di tenere il più alto possibile, quindi quel 6,4% del 2024 per noi è un dato di partenza”, ha commentato Marco Alparone, coordinatore della commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni e Province autonome.
Per Alparone, l'obiettivo è che “il 6,4% cresca”, perché ritengono che “che una maggiore flessibilità sull'utilizzo dei fondi in funzione dei bisogni che ogni regione ha permetterebbe di ottimizzare la risposta ai cittadini al meglio. Sappiamo che c'è la volontà di aumentare le risorse sulla spesa sanitaria”.
Invece, secondo i rappresentanti della Corte dei Conti, “il crescente ricorso a riduzioni di spese già autorizzate per il finanziamento di nuovi interventi, che ha contrassegnato la gestione di bilancio negli ultimi esercizi, rappresenta un segnale positivo. Da questo punto di vista importante saràdare concretezza alla revisione delle spese fiscali, prefigurandone una modifica anche su base pluriennale, in grado di orientare le aspettative di famiglie e imprese”.
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