04 Ottobre 2024
Giorgetti ieri aveva detto che "in manovra ci saranno sacrifici per tutti", con un conseguente crollo di Piazza Affari del -1,5%. Il dibattito politico si è subito acceso, con le opposizioni che già ieri avevano accusato il Governo di preparare una manovra "lacrime e sangue". In serata circolavano voci di una Meloni sorpresa e addirittura irritata con Giorgetti. Poi la borsa di Milano riapre stamattina con il +0,6% dopo il chiarimento del ministro: contributo su utili e profitti, "ma no nuove tasse".
L’obiettivo del Governo Meloni è quello di ridurre la spesa ed il disavanzo pubblico entro due anni e il principio che ha in mente il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, è l’articolo 53 della Costituzione: "tutti sono tenuti a contribuire alle spese della Repubblica in funzione della loro capacità contributiva". Per questo, nella prossima manovra di Bilancio sono allo studio maggiori entrate che il comparto produttivo sarà chiamato a dare. In che modo sarà data applicazione al principio espresso dall’articolo 53 non è ancora chiaro ma diverse modalità sono al vaglio del Mef. Il "contributo" ci sarà e sarà un pacchetto articolato di misure ancora da definire. Per la legge di Bilancio del 2025 servono circa 22 miliardi, per la conferma del cuneo fiscale, delle deduzioni per le imprese che assumono e la decontribuzione per le mamme che lavorano, degli sgravi Irpef per i redditi bassi, e magari estenderli, alzare la flat tax e favorire la natalità. Gran parte delle risorse sono già a bilancio. Per l’anno prossimo bisognerebbe trovare tra 5 e 10 miliardi, a seconda delle ambizioni politiche della maggioranza. Non solo con i tagli della spesa pubblica. Una parte di queste risorse aggiuntive, nei piani di Giorgetti, dovrebbero arrivare dalle imprese che traggono maggiori profitti grazie a condizioni di mercato favorevoli, come le banche quando i tassi aumentavano, le assicurazioni quando le auto con il Covid restavano ferme e oggi le imprese che vendono armi, traendo benefici dai conflitti in corso. Visto che anche le piccole imprese con il concordato preventivo biennale si dovranno abituare, dice Giorgetti, "a pagare un po’ di tasse in più", almeno un miliardo e mezzo di euro l’anno in più per la precisione, è giusto che lo facciano anche quelle più grandi che beneficiano di condizioni particolari, ma anche i loro manager. Grazie alle maggiori entrate e alle minori spese per il Superbonus, che passeranno dal 5,4 all’1% del Pil, e senza immaginare altri interventi, il risanamento dei conti potrebbe essere rapido, con il deficit che già nel 2025 scenderebbe sotto al 3% del Pil rispetto al 4,4% di quest'anno, per piombare allo 0,8% nel 2028.
Tra le ipotesi sul tavolo del Mef ce ne sono molte, poche quelle note sino ad ora: la possibile modifica al trattamento fiscale delle imposte differite delle imprese, le cosiddette Dta, che danno luogo a crediti di imposta, e che è già stato reso un po’ più restrittivo. Il Governo continua inoltre a studiare il contributo straordinario da parte delle banche e delle imprese che hanno fatto alti profitti, anche per dare una connotazione politica alla manovra. Sul tavolo della trattativa informale con le banche il Mef ha messo anche l’ipotesi di una tassa sulle stock options dei dirigenti, cioè la possibilità offerta ai manager delle imprese quotate di sottoscrivere azioni societarie a prezzi favorevoli. Nel 2010 fu il Governo Berlusconi a varare una prima stretta sulle opzioni, stabilendo un’addizionale del 10%, che potrebbe essere ritoccata. Al vaglio anche meccanismi con cui le banche possono anticipare liquidità allo Stato, e una forma di prelievo sulle assicurazioni, a maggior ragione dopo l’obbligo per le imprese di stipulare polizze sulle calamità naturali. Tutte misure dal gettito incerto, che servirebbero comunque a dare una cifra politica alla manovra di Bilancio, che non potrà fare più di tanto per i redditi più bassi, oltre a confermare le riforme del passato. Per la quadratura dei conti, ha detto Giorgetti, si confiderà soprattutto sul taglio delle spese. Ci sarà una nuova sforbiciata ai ministeri, limitata, ma sicuramente si arriverà a una riforma, con relativi tagli, delle detrazioni fiscali. Per le ristrutturazioni edilizie, ad esempio, si profilano lo stop ai bonus sulle seconde case ed una stretta sull’ecobonus. Per le altre agevolazioni si ipotizzano tetti di spesa massima ed individuali in base al reddito.
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