09 Luglio 2023
Fonte: Pixabay
L’ultimo report dell’ufficio studi della CGIA di Mestre non lascia spazio ad interpretazioni, il salario minimo porta con sé il forte rischio di uno sconsiderato aumento del lavoro nero. A dichiararsi a favore della misura, tuttavia, sono le associazioni di artigiani, che sottolineano comunque come sia necessario venga considerata come Trattamento Economico Complessivo (TEC).
Parole chiare, quelle della CGIA di Mestre a pochi giorni dall’accordo tra le opposizioni (escluso il Terzo Polo) attorno alla proposta di un salario minimo nazionale fissato a 9 euro all’ora. La proposta unitaria dovrà essere presentata alla Camera ma, è l’allarme che arriva dal veneziano, rischia, se passasse (cosa in realtà difficile, visti i numeri in parlamento), di trasformarsi in un boomerang per l’economia del Paese. Ad avere un boom, è la tesi della CGIA, sarebbe il lavoro nero, soprattutto per quelle categorie i cui attuali minimi tabellari sono inferiori alla proposta soglia di 9 euro all’ora.
Una nota del CGIA spiega i dubbi attorno alla proposta delle opposizioni: “I comparti ‘fiaccati’ da una concorrenza sleale molto aggressiva praticata dalle realtà che da sempre lavorano completamente con il ‘nero’: stiamo parlando dell’agricoltura, del lavoro domestico e di alcuni comparti presenti nei servizi”. Una concorrenza spietata sul fronte dei costi che, drasticamente legata ad una delle più alte tassazioni del continente, non lascerebbe molto spazio di manovra al mondo delle imprese, costretto a trovare “soluzioni alternative” per contenere i costi di produzione senza rischiare il fallimento: “Non è da escludere che molti imprenditori, costretti ad aggiustare all’insù i minimi salariali, potrebbero essere tentati a licenziare o a ridurre l’orario ad alcuni dei propri dipendenti, ‘costringendoli’ comunque a lavorare lo stesso, ma in ‘nero’. L’adozione di questa ‘contromisura’ consentirebbe a molte attività di contenere i costi e di non scivolare fuori mercato”.
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