09 Febbraio 2024
Sul grandioso sfondo della guerra di secessione, uno scenario ideale per trascinanti epopee passionali e romantiche sul genere di "Via col vento", la giovane scrittrice americana Louise May Alcott ambientò invece, inaspettatamente, una piccola storia intimistica, toccante, priva di grossi eventi. E, si potrebbe dire, fu subito generale commozione. Meg, Jo, Beth, Amy, la straordinaria signora March, la fedele cameriera Hannah, quelle tranquille serate in salotto, accanto al fuoco, il pane tostato e le sottovesti di taffettà diligentemente rammendate, il ferro per i ricci e i mezzi guanti, le cuffiette da notte e la torta di mele: la semplice vicenda di una famiglia di donne andò dritta al cuore dei lettori e divenne in breve tempo un best-seller senza precedenti. Un successo che dura inalterato e resiste a tutti i tempi a tutte le mode, più volte approdato sugli schermi cinematografici nelle varie edizioni, dapprima con Katherine Hepburn poi con Liz Taylor e June Allison, infine proprio in questi ultimi mesi con Susan Sarandon e Wynona Rider.
Il mondo delle donne. Quel mondo a volte frivolo, a volte capriccioso, ma sempre dignitoso. Quel mondo del quale gli uomini non hanno un'idea. Un mondo di sacrifici affrontati con ironia e con humor, e di sogni gelosamente custoditi in fondo al cuore, e di affetti difesi con coraggio da leonesse, e di lacrime segrete, asciugate in fretta per mostrare agli altri un volto sereno.
"Piccole donne", scritto nel 1868, è un romanzo moderno e innovativo in quanto per la prima volta nella letteratura adolescenziale ottocentesca in cui campeggiano i modelli di David Copperfield, di Michele Strogoff, di Remi, di Oliver Twist e di Tom Sawyer, i ruoli principali sono affidati a personaggi femminili. Le figure maschili, il giovane Laurie innamorato di Jo, il vecchio signor Laurence, il signor March, lo stesso Signor Brooke che pure alla fine si fidanzerà con Meg, non sono che un corollario atto a mettere in risalto la forza morale e la vivacità intellettuale delle protagoniste. Loro, vere ragazze americane spigliate e disinvolte, non se ne restano di certo rintanare in casa timide e pudibonde ad aspettare il principe azzurro.
Per un rovescio di fortuna il padre Signor March è caduto in dignitosa miseria, e le quattro sorelle, seguendo l'esempio della madre battagliera che si è impiegata presso una sartoria, si industriano come meglio possono per contribuire al bilancio e alla serenità familiare. Meg fa l'istitutrice presso la ricca famiglia King; Jo è la dama di compagnia-lettrice-tuttofare della vecchia e bisbetica zia March; Beth aiuta nelle faccende domestiche e suona il pianoforte; ed Amy diletta tutta la compagnia con i suoi graziosi disegni, rivelando un sicuro talento artistico.
Le pattinate sullo stagno ghiacciato, i quattro salti in casa di Sallie Gardiner, la recita della notte di Natale, mentre Jo imperversa da vero maschiaccio con tanto di parrucca, sciabola e stivaloni, e le amiche del cuore finiscono a rotoli sul pavimento per l'improvviso crollo del palco improvvisato... Le ragazze March si divertono, affrontano il mondo, sfidano le convenzioni, e compiono veri miracoli di ingegnosità con abiti di tarlatana un po' consunta, guanti macchiati di limonata e soprascarpe ormai logore. Le ragazze March sono intraprendenti, non perdono il buon umore, lavorano, discutono, agiscono, e le rinunce, anziché limitare, esaltano le loro soddisfazioni duramente conquistate.
In questo contesto "Piccole donne" si propone soprattutto come un romanzo denso di vittoriose istanze femministe. Nè avrebbe potuto essere altrimenti visto l'ambiente familiare e la vicenda personale dell'autrice. Nata in Pennsylvania nel 1832, la Alcott crebbe infatti nel clima stimolante creatole intorno dal padre Amos, un illuminato educatore che si ispirava ai principi di Socrate e di Rousseau. Prima a Boston, poi a Concord, in un ambiente brillante dove si parla di tutto, si scrive, si discute di filosofia, si leggono i classici greci e i capolavori della letteratura mondiale, la fanciulla conosce Thoreau, la Fuller, Nathaniel Hawthorne, Emerson. La sua attività è intensa e frenetica: si impegna nell'insegnamento, calca il palcoscenico, lavora come infermiera nell'ospedale di Georgetown allo scoppio della guerra civile nel 1861.
Intanto comincia a pubblicare i primi racconti sulla prestigiosa rivista "Atlantic Monthly" e sul quotidiano "Commonwealth", e scrive con successo i romanzi "Capricci", "Una ragazza fuori moda", "Otto cugini", "Rosa in fiore", "Buone mogli", "Jack e Jane", "Polly", "Piccoli uomini", "I Figi di Jo". Affiliata fin dal 1869 alla "National Woman Suffrage Association", la scrittrice si impegna attivamente in numerose battaglie sociali, partecipa al "Congresso delle donne di Syracuse" nel 1875, si batte strenuamente per il diritto al voto delle donne ed è la prima ad ottenerlo nel distretto di Concord. Viaggi, lutti familiari, un'intensa attività giornalistica costellano la sua laboriosa esistenza che si conclude nel marzo 1888, per una polmonite. Viene sepolta nel cimitero di Concord accanto alle tombe di Emerson e di Hawthorne.
"Piccole donne", seguito sette mesi dopo da "Piccole donne crescono", le fu richiesto dall'editore Thomas Niles, e presenta numerosi spunti autobiografici: nell'intraprendente personaggio di Jo si riconosce la scrittrice stessa; Beth è una delle sue tre sorelle, morta in giovane età; e nella figura di Laurie si intravede il musicista Ladislav Wisiniewsky di cui la Alcott si innamorò durante un viaggio in Europa nel 1865. Il fortunato romanzo, pur così colmo di ottimismo, nasconde comunque una sottile vena malinconica. Le quattro ragazze March sono consapevoli che la giovinezza è uno stato di grazia labile e fuggevole. Non a caso Jo esclamerà a un certo punto: "Vorrei che portassimo ferri da stiro sulla testa per impedirci di crescere". Nella loro maturità le ragazze sanno che humor, ironia e coraggio non preservano tuttavia dai doloro della vita: la vita, alla fine, ti raggiunge sempre.
Di Carla Di Domenico, il Giornale d'Italia (27 giugno 1995)
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