14 Ottobre 2021
Fonte: Instagram @parcoappia
Il possente, straordinario e indistruttibile Mausoleo di Cecilia Metella, il monumento funerario romano risalente alle seconda metà del I secolo a.C. situato nei pressi della via Appia a Roma, nasconde un incredibile segreto: è una costruzione eterna che, con il passare dei millenni, non decade ma anzi si rigenera. É questa la straordinaria scoperta dei ricercatori del Massachusetts institute of technology (Mit) di Boston che, guidati dagli esperti Admir Masic e Marie Jackson, hanno pubblicato sul Journal of the American Ceramic Society il frutto delle loro ricerche e dei loro studi.
Ma come può un monumento così possente rigenerarsi da sè? Come fa il Mausoleo di Cecilia Metella a non deteriorarsi nel tempo? La risposta in realtà è molto semplice e per scoprirla basta analizzare i materiali utilizzati dai nostri antenati. I romani non erano solo grandi costruttori e architetti, ma conoscevano anche molto bene tutto ciò di cui si servivano. Nel caso del grandioso monumento funerario costruito sull'Appia antica, gli antichi avevano usato un miscuglio ultraresistente: si trattava di uno speciale materiale vulcanico mescolato con altri "ingredienti". A parlarci di questa particolare tecnica utilizzata era stato, tra gli altri, anche lo studioso Vitruvio.
Proprio questo speciale mix scelto dai romani avrebbe permesso al Mausoleo di Cecilia Metella di rimanere in piedi per secoli - o meglio, millenni -, resistendo al tempo, alle intemperie e ai più disparati fenomeni atmosferici. Tutti questi invece che distruggere il monumento sembrano infatti averlo al contrario rafforzato. Il perchè lo spiega ancora una volta Vitruvio, che aveva scritto: "Costruire muri spessi di mattoni grezzi o con aggregati di roccia vulcanica, uniti alla malta fatta con calce e tefra vulcanica (frammenti porosi di vetro e cristalli delle eruzioni), potrebbe portare a strutture che non vanno in rovina nel tempo. Elemento portante dell’immortalità del muro è pertanto il legante con materiale vulcanico, forse più resistente dell’acciaio stesso".
Alle parole di uno dei più grandi autori romani si aggiungono infine gli studi degli esperti americani che sul Journal of the American Ceramic Society sottolineano anche che vincente è stato l'uso dei cristalli di leucite, un minerale ricco di potassio, nell’aggregato vulcanico. Questi cristalli - spiegano - possono, nel corso degli anni, "rimodellare e riorganizzare l’interfaccia tra gli aggregati vulcanici e la matrice di cemento, migliorandone la coesione". Così secoli di pioggia e intemperie hanno dissolto la leucite e rilasciato poi il potassio nella malta. La malta infine, a sua volta, si è configurata come mattoni di Cash (calcio-alluminio, silicato e idrato) formano un minerale dal nome "stratlingite". Il risultato finale? Anzichè un deterioramento della struttura, una auto-rigenerazione.
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