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L’ “ultimo” (o al contrario “il primo”) dei nuovi movimenti artistici: I Poeti e gli Artisti “empatici”. Dal Cilento verso "Unus"

Conversazione con il poeta, drammaturgo, scrittore, critico e giornalista Menotti Lerro, fondatore dell’Empatismo

01 Settembre 2025

L’ “ultimo” (o pionieristicamente “il primo”) dei nuovi movimenti artistici: I Poeti e gli Artisti “empatici”. Dal Cilento verso "Unus"

Fresco della recente presentazione presso la Biblioteca Braidense di Brera del volume: "L'Empatismo. Nuovo Manifesto sulle arti", scritto con la psicologa Maria Rita Parsi (Curcio editore) Menotti Lerro rappresenta un caso felicemente non etichettabile tra gli intellettuali e gli animatori della cultura italiana proprio per la ricchezza e multiformità delle sue passioni, attività e attitudini. Evidentemente proprio per questo è riuscito in una delicata e difficile sfida in cui pochi oggi si cimentano (rassegnandosi a coltivare il proprio orticello): evocare un territorio-laboratorio d'incontro per gli artisti e i poeti. Il libro stesso è un libro-cantiere ricco di documentazioni, relazioni, stimoli e spunti per l'arte italiana nelle sue radici profonde. Cerchiamo di capirne di più.

In un mondo della cultura dove nessuno riesce più a elevare percorsi ampi e direzioni forti, si distingue da alcuni anni il Movimento Empatico il quale ha una solida base teorica nel “Nuovo Manifesto sulle Arti” pubblicato nel 2019. Cosa ti ha fatto pensare di mettere al centro di un nuovo movimento proprio l’empatia?

Alla base della mia scelta vi sono diverse ragioni. In primis, direi un’attitudine personale a ricercare i valori del prossimo. In secondo luogo, il senso di sconforto che mi procurano da sempre i narcisisti e il comprendere quanto il mondo soffra per la loro arroganza e prepotenza. Inoltre, l’empatia mi sembrò un valore per cui dover lottare, cercando di stimolarla nel prossimo affinché potessimo tendere all’unione: vincolo necessario per me stesso in quanto volevo accostarmi maggiormente alle arti che non possedevo. L’unità avrebbe, ancora, promosso un lavoro corale interdisciplinare che mi appariva necessario per poter cogliere le frammentarie verità che il mondo trattiene. Riunificare le arti significava pertanto un grado potenziale più alto di verità, ed io sono una persona alla ricerca della verità fin dall’infanzia.

Quanto importante è stata la definizione del filosofo Remo Bodei affinché il vostro discorso teorico in occasione dell’inaugurazione del Centro Contemporaneo delle Arti diventasse Manifesto?

Direi decisiva. Un Manifesto classico, dove qualcuno detti una linea di pensiero (magari insignificante) non mi sembrava né interessante né proponibile in quanto sicuramente limitata ed egocentrica. Credo, infatti, che il nostro Manifesto abbia un senso proprio poiché nasce come discorso inaugurale “sulle arti” e diventi Manifesto per visione esterna, ovvero di uno dei filosofi più importanti degli ultimi decenni.

Una grande sfida che attraverso il simbolico e innovativo “mito di Unus” (artista totale) raggiunge una dimensione estetica che si fa anche mitopoietica e corale, dico bene? 

“Unus” eleva ogni cosa. Rappresenta il collante divino tra la Classicità e la Modernità, tra il sogno e la realtà.

Attraverso l’ideazione del Triangolo prima e della Piramide Culturale del Cilento, poi, lo stesso territorio, storicamente rurale, vive di fatto una stagione inaspettata di grande fermento artistico-culturale che lo proietta in una dimensione realmente nuova attraverso la tua visione e azione con le arti e per le arti. Qual è la risposta politica e civile a tutto questo?

Il Cilento è un territorio meraviglioso, fatto di persone con grandi valori, ma anche un luogo feroce che a volte si consegna troppo ingenuamente alla politica locale, la quale, così come avviene per l’Arte, si potrebbe dividere in politica empatica e politica narcisistica, con tutto ciò che questo determina nel bene e nel male. Tuttavia, devo dire che la risposta base c’è stata ed ha permesso la creazione della stessa Piramide. Ma come spesso accade, le cose troppo in vista finiscono per dare anche fastidio a qualche prepotente. Ma va bene così…

Un altro aspetto fertile e profondamente stimolante è dato, come detto, dal tuo racconto di Unus, “l‘Artista Totale": fabula ancestrale, sì, ma pure fresca e brillante creazione letteraria con cui sintetizzi la tua visione dell'Arte. A questo punto chiederei: il personaggio è da ritenersi maggiormente come mito antico o mito contemporaneo?

Come accennavo, Unus rappresenta proprio il ponte tra la cultura antica e quella contemporanea. Ambisce ad avere un posto ufficiale nella mitologia greca classica poiché è un figlio dimenticato ed eccessivamente offeso, ma rivendica anche tutta la sua modernità che lo risarcisce in parte dalle pene subite e per l’oblio a cui è stato troppo a lungo condannato.

Restando sul personaggio, mi sembra che Unus ci insegni anche a superare le false distinzioni concettuali, come ad esempio quella tra il pathos di Dioniso e il logos di Apollo. Cosa determina la “disvelata” presenza di questa nuova figura e dello stesso Zeus che riappare attraverso il sogno concesso ad un poeta moderno?

Con Unus avvengono due processi primari: da un lato abbiamo la riunificazione delle arti (e quindi anche della sua figura precedentemente smembrata) avvenuta attraverso l’abbraccio interdisciplinare tra i Maestri Empatici; dall’altro la possibilità concreta di distinguere l’Arte Empatica (di cui lui si erge a simbolo) dall’Arte Narcisistica (di cui resta protagonista Narciso). Il malinteso contemporaneo è proprio quello di non saper distinguere tra chi crea con talento per donarsi e donare, da chi crea, senza talento alcuno, per usurpare una posizione. Basti guardare a tutti gli artisti del passato per accorgersi che non esiste artista che non sia empatico… L’Arte narcisistica è una non-Arte destinata a svanire, sebbene oggigiorno trova pieno sostegno e accoglienza negli ambienti culturali apparentemente elevanti. Questo è uno dei motivi che ha fatto cadere l’Arte in disgrazia…

E’ certo che vi sia bisogno di profondo silenzio per portare avanti una visione così ampia come la tua. Come riesci a concentrarti in un mondo fatto di comunicazione effimera e iper-veloce?

Resistere alle intemperie, credere nella forza interiore…

Filosoficamente, quali sono i punti di riferimento più significativi per l'Empatismo poetico-artistico?

La forza dell’Empatismo è il voler sempre dialogare con tutta la filosofia e la produzione artistica del presente e del passato. L’Empatismo ascolta e accoglie quanto ritiene essere buono e bello senza nessun pregiudizio, senza illudersi di essere migliore. Pertanto non cede alle mode del momento, ma ammira e rispetta chiunque abbia una certa consapevolezza di ciò che produce attraverso il citato e necessario talento. Ben vengano, però, le innovazioni formali, in ogni campo, proposte da chiunque abbia una visione convincente. 

Qual è il rapporto dell’Empatismo con la spiritualità? Unus, Zeus, Jesus formano una nuova trinità da analizzare a fondo. Cosa puoi dirci in merito?

L’Empatismo dialoga e accoglie ogni religioso o ateo/agnostico senza pregiudizi. La spiritualità può essere un valore meraviglioso che si coniuga all’Arte, così come il non sentirsi parte di un qualsivoglia credo. Libertà assoluta. In merito a Unus, Zeus e Jesus, direi che anche loro si rincorrono da sempre. La religione greca politeista cadde per la forza straordinaria del sopraggiunto Cristianesimo. A distanza di 2000 anni Zeus torna in sogno per ricordare a tutti che anche lui esiste. Chiaramente si tratta di un dio spodestato e ripudiato e dunque nulla potrà forse mai cambiare, ma lui ha voluto riaffermare la sua presenza. Il trio ha similitudini nei nomi che terminano tutti con la desinenza “us”. Zeus è un dio dei cieli che però si accoppiava con donne terrene, Jesus è un dio dei cieli che ha trascorso 33 anni sulla terra come uomo ed inoltre, come Unus - semidio terreno - ha trovato la fine per mano della malvagità dei mortali. Questi alcuni punti di contatto, ma tanto altro si potrebbe dire...

Quali vibrazioni ti arrivano quotidianamente da parte dei 300 Maestri Empatici del movimento nel mondo?

Tantissime. Mantengo i rapporti con tutti loro. A volte le nostre strade si intersecano per brevi momenti insieme, ma l’unione che abbiamo siglato è indissolubile. Alcuni ci hanno lasciato da poco come gli indimenticabili Edoardo Boncinelli e Antonio Vitolo o, in precedenza, Franco Loi, Giampiero Neri e lo stesso Remo Bodei, così come ancor prima Giorgio Bàrberi Squarotti e Alessandro Serpieri, membri onorari del movimento.

Credi che la costruzione teorica del Movimento sia giunta al suo apice con la pubblicazione del volume L’Empatismo, Armando Curcio editore 2025, a cura tua e dell’altrettanto autorevole psicoterapeuta Maria Rita Parsi e con la pubblicazione della straordinaria antologia dei Poeti Empatici Italiani?

Credo proprio di sì. Il 2025 rappresenta l’anno più importante per il Movimento Empatico e questo libro con Mari Rita Parsi, che contiene anche il suo dettagliato “Decalogo dell’Empatia” segna in effetti una pietra miliare, così come altrettanto è avvenuto con la pubblicazione dell’antologia dei Poeti Empatici Italiani (Genesi editrice: 2025) che determinano, come ha detto il critico letterario Francesco D’Episcopo, la nascita di una nuova categoria di poeti formalmente definita. Siamo nel secolo dei pochi ma indomiti “Empatici” che sfidano gli eserciti numerosissimi e agguerriti dei Narcisisti mistificatori. 

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