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Il "Deserto dei Tartari" di Dino Buzzati quale profezia geopolitica e decisivo paradosso esistenziale post-moderno

Come la guerra in Ucraina sia divenuta un "vicolo cieco" dissolutivo e surreale. Un "buco nero" oltre il quale non si vede nulla

04 Settembre 2025

Il "Deserto dei Tartari" di Dino Buzzati quale profezia geopolitica e paradosso esistenziale post-moderno

L'attuale guerra in Ucraina mi sembra accostabile al Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, anzi ci permette di rileggere il capolavoro letterario (e anche l'ottimo film di Valerio Zurlini) del maestro milanese in un senso nuovo: profetico, surreale, paradossale e più intensamente e profondamente post-moderno. La terribile guerra in corso appare un nodo non risolubile in quanto si può vedere come un ciclo continuo: l'Occidente continua a militarizzare l'Ucraina per cercare di fermare l'avanzata russa e la Russia continua ad avanzare perchè dice di non volere un'Ucraina militarizzata e anti-russa alle proprie porte. Il prof. Orsini ha detto a Parma recentemente una cosa interessante su cui concordo: l'Occidente vuole tenere "sotto tiro" con i propri missili Mosca proprio perchè la Russia oggi ha missili e aerei più veloci e più devastanti dei missili e degli aerei Usa quindi il sistema occidentalista è costretto a bilanciare la loro superiorità tecnologica-militare tenendo i missili più vicini possibile alla parte occidentale ed europea della Russia. Questa insolubilità della guerra russo-ucraina deve vedersi in senso psico-culturale insieme con il non-tempo post-moderno proprio della società fluida occidentale ed italiana. L'Italia in particolare sembra inebetita e ipnotizzata in un suo finto benessere che vegeta in un "non-tempo" e non in "non-spazio" mentre nel resto del mondo la Storia si è rimessa in moto. Il terribile tentativo terroristico ad opera di due turchi sventato per un soffio alla festa di Santa Rosa a Viterbo appare un caso inquietante ed emblematico per e dell'Italia di oggi che una celebre frase tragicomica di Boris tramite il bravissimo Valerio Aprea riassume nel noto passo sulla "locura" dove si descrive l'essenza attuale dell'Italia: "un paese di musichette mentre fuori c'è la morte...". Da noi un vegetare sociale senza senso e senza fine, in Ucraina una morte senza fine. La fortezza Bastiani quindi va vista come un qualcosa di molto attuale anche se apparentemente il contesto è contrario: la pace in quel forte e le guerre che ci circondano oggi. Ma il tema simbolico invece appare sempre più simile grazie anche al processo occidentalista di demonizzazione della Russia il quale sta trasformando la paura (ad oggi immotivata) di un'invasione russa dell'Europa occidentale in una possibilità futura quale "profezia che si auto-avvera". Per paura che la Russia conquisti l'europa si militarizza l'europa fino a provocare e attualizzare questa astratta possibilità. Buzzati l'aveva profetizzato. Il senso geopolitico del suo stupendo romanzo (che è un romanzo sul tempo, sul destino e sul senso stoico della vita) è semplice da sintetizzare: mentre nessuno si aspetta l'invasione da parte dei Tartari il tenente Drogo lo prevede in anticipo, Cassandra inascoltata. Attraverso una nuova ferrovia nel deserto il Nemico un giorno all'improvviso arriva implacabile. A livello archetipale tutto ciò richiama sottilmente il terrore delle grandi pianure e dei popoli che per secoli ci hanno invaso: Goti, Longobardi, Unni, Ungari, Mongoli, Turchi, Tamerlano, fino alle paure connesse con l'Urss e, oggi con una Cina sempre più potente ed espansiva, anche militarmente. A.Dugin spiega bene la connessione tra paura, fuoco e polemos nel suo saggio filosofico: "Il Soggetto Radicale": i popoli euroasiatici hanno dovuto trovare nuove e antiche energie di coesione e di resistenza nei millenni in quanto hanno dovuto convivere con la continua paura di essere invasi, attaccati, schiavizzati, da qualsiasi direzione. Le stesse popolazioni "barbariche" che hanno distrutto l'Impero romano, poi romanizzandosi però con convinzione, spesso ci invadevano solo perchè a loro volta invasi e premuti da altre popolazioni orientali che si muovevano verso il ricco e debole occidente. Oggi questo terrore lentamente sta riaffiorando, come una rimozione psicosociale che riemerge potentemente. A sua volta è molto importante come A.Dugin interpreta la fortezza Bastiani in modo innovativo e lo fa in modo inverso a noi occidentali. Lo ascoltai anni fa in un incontro culturale in Italia dedicato al cinema: il filosofo russo vede la fortezza Bastiani quale modello del concetto di "struttura" che possiede una tale forza performante da "creare il guerriero" tramite l'Attesa. L'attesa quale proiezione messianica e trasfigurante verso il futuro in realtà rivela il movimento heideggeriano del tempo quale flusso dal futuro al passato, al contrario di quanto sembri. L'Attesa stessa cambia il presente e il futuro, anche se sembra non accadere nulla. Per Dugin uno degli aspetti della potenza archetipale della Russia sta nel suo equilibrio dinamico tra "struttura" e "attesa-kerigma". Mentre in Occidente non si attende più nulla e non si annunzia sostanzialmente più alcunchè la Russia e l'Ucraina all'interno della guerra stanno forgiando il futuro, anche se ora sembra solo cecità. La Russia vuole risorgere e rifondarsi come Impero mentre l'Ucraina vuole nascere come nazione. La stessa Italia si formò tra le trincee della prima guerra mondiale. Noi siamo in una situazione assai peggiore di quella di Drogo: lui aspettando eroicamente vide il futuro e si formò come guerriero, anche se il destino lo escluse alla fine dalla gloria a cui era pronto; noi stiamo alla finestra in modo inconcludente e vuoto, senza più alcuna "fortezza Bastiani" e non ci attendiamo altro che continuare a vegetare nel nostro limbo di "locura" sempre meno sostenibile e mascherabile. Il "Deserto dei Tartari" ci appare oggi profetico a livello geopolitico anche nei suoi dettagli più concreti e pratici: la ferrovia nel deserto. Dettaglio che ci ricorda oggi l'importanza geopolitica mondiale della ferrovia Iran-Cina, del progetto Usa-Russia sulla ferrovia sotto lo stretto di Bering e anche il valore internazionale del nostro piccolo "Ponte sullo Stretto". Il mondo si sta spostando sull'archetipo della terra mentre i nostri giovani stanno crescendo ancora dentro il blob dei social-media che segue l'archetipo dell'aria e dell'acqua? La guerra in corso nel mondo è una guerra tra "acqua" e "terra", come aveva indicato Carl Schmitt cent'anni fa? Dino Buzzati lo aveva già capito: senza un'attesa e senza una "fortezza Bastiani" non si diventa uomini.

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