23 Novembre 2025
Fonte: Facebook, @edgardogulotta
«Non sono matto, parlo cinque lingue e ho vissuto in sei Paesi. In Europa e in Asia», racconta Nathan Trevallion, il padre dei 3 bambini sottratti a lui e alla moglie Catherine perchè vivevano nel bosco di Chieti. L'uomo che da anni sostiene di aver studiato e compreso «qual è il modo migliore per essere felici», ha scelto una vita radicale, immersa nella natura. In un'intervista rilasciata alla Repubblica, Nathan racconta la storia della sua famiglia, spiegando perché è ingiusto che i bambini gli siano stati portati via.
Nathan e Catherine si sono conosciuti a Bali, in Indonesia, durante quella che entrambi definiscono la ricerca di «una nuova vita». Lei, proveniente da una famiglia benestante, è una cattolica praticante, maestra di equitazione e autrice di un libro di coaching con prefazione della regina di Danimarca. «Catherine, di lingue, ne parla sei», specifica lui.
La loro svolta ambientalista, sostiene Nathan, è nata anni fa, quando in Sumatra vide «gli oranghi vagare sconsolati in un’area priva di alberi». Da allora ha deciso di «non poter più togliere risorse al pianeta». Dopo un grave incidente in taxi, la coppia ha abbracciato un rifiuto totale della modernità, convinta dell’importanza di «una vita senza contaminazioni, concrete e spirituali».
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A spingerli in Italia sarebbe stata un’amica della moglie, che descriveva l’Abruzzo come «una terra speciale, e ancora pura». La coppia ha preso casa a Sant’Omero, in provincia di Teramo, ma la presenza dell’acqua corrente ha spinto Nathan a un nuovo cambio di residenza: «Le tubature portano in casa le microplastiche, è necessario staccarsi dalla rete. E poi non volevo pagare la bolletta».
Quattro anni fa il trasferimento nell’abitazione isolata di Palmoli, nel bosco, dove hanno eliminato il bagno interno sostituendolo con «una buca naturale all’esterno». L’acqua proviene da un pozzo, l’igiene personale si limita a «una spugna bagnata» e non a bagni completi.
Le condizioni dei tre figli della coppia sono ora al centro dell’attenzione dei giudici minorili, che parlano di "isolamento psico-affettivo e di rischio di sottrazione". Nathan respinge fermamente le accuse: «I nostri bambini frequentano i coetanei delle famiglie che la pensano come noi. Qui intorno ci sono quindici nuclei neorurali. Ci hanno sostenuto e ci sostengono, come tutto il paese e potrei dire l’Italia intera».
Le autorità contestano anche l’esposizione dei figli ai media, compresa la loro presenza nel programma Le Iene. Anche in questo caso Nathan replica: «Sono felici, profumati, beneducati e ben nutriti. Perché spezzare questo legame?». La coppia intende proseguire con l’istruzione parentale: «È un nostro diritto, andiamo avanti con le nostre idee».
Sul fronte economico, chiarisce che «mia moglie lavora, in smart working. Usa un tablet, abbiamo la connessione», mentre il Tribunale dell’Aquila solleva dubbi sulla sostenibilità per una famiglia di cinque persone.
Nathan afferma di voler solo ricongiungersi con i figli e migliorare l’abitazione: «A breve sistemeremo la questione del bagno, riportandolo in casa. Sposteremo la cucina, realizzeremo due camere da letto. È già venuto un ingegnere. Quattro, cinque giorni e tutto tornerà felice come prima». Ma i giudici chiedono il ripristino di utenze e la frequenza scolastica.
Oggi gli è stato consentito di vedere i bambini, seppur per poco: «Solo pochi istanti, spero di avere almeno cinque minuti al giorno. È tutto così triste senza di loro». Catherine, invece, è sottoposta a restrizioni più rigide: «Vive in una stanza al piano superiore dell’istituto. Può metterli a dormire, fare colazione con loro, poi si deve allontanare».
La tensione resta alta: se la magistratura dovesse negare il ricongiungimento, Nathan afferma che «Catherine prenderà i tre bambini, i loro passaporti e li porterà con sé in Australia. Io continuerò con gli animali nel nostro bosco italiano».
Tra le contestazioni principali c’è anche l’episodio del ricovero dei figli dopo l’ingestione di funghi non commestibili: i bambini avrebbero rifiutato il sondino per la respirazione perché «quella è plastica e quindi non deve stare a contatto con il corpo», spiegazione in linea con l’educazione impartita dai genitori. «Non vogliamo plastiche nelle nostre vite, credo sia un punto di vista rispettabile», insiste Nathan.
Nonostante tutto, il padre sostiene che i figli saranno liberi di scegliere la loro strada: «Certo, nasciamo e cresciamo liberi. Se vorranno vivere nello smog di New York, liberi di farlo. Noi, oggi, diamo a loro quello di cui hanno bisogno, di fronte a una società avvelenata».
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