17 Ottobre 2025
La procura di Genova ha chiesto il 5 anni di reclusione per Raan Nadeem, detto Peer ovvero il “maestro” della cellula jihadista pakistana Gabar smantellata dalla Digos nel 2022. Nadeem ha rilasciato brevi spontanee dichiarazioni respingendo le accuse: “Non c’è nessuna cellula terroristica e io non ne faccio parte”, ha detto. La giudice Camilla Repetto ha fissato la sentenza al prossimo 19 gennaio. La pm della Dda Monica Abbatecola lo accusa di associazione con finalità di terrorismo. Nadeem sarebbe stato uno dei personaggi al vertice dell’organizzazione, tanto che anche dal carcere francese dove è tuttora detenuto, avrebbe tenuto i contatti con la cellula terroristica condividendone “strategie e programmi”.
Il gruppo Gabar, avevano scoperto gli inquirenti, era legato a Zaheer Hassan Mahmoud, il 27enne che a settembre del 2020 attaccò la ex sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, ferendo a colpi di mannaia due persone. In sette erano stati condannati a 4 anni e 6 mesi, mentre un ottavo a 2 anni. Con rito ordinario erano stati condannati a 7 anni Yaseen Tahir e Alì Moshin, i principali imputati. Nadeem era già in carcere da dove però si teneva in contatto con Tahir. “Appena esco – gli diceva – mi farò sentire a Parigi. Sono un uomo coraggioso nei momenti difficili e ora che sono usciti i miei fratelli e a breve uscirò io… vedrai cosa facciamo là fuori”. Due mesi prima dell’attentato sotto l’ex sede di Charlie Hebdo, alcuni degli arrestati si erano fatti una foto sotto la torre Eiffel con l’attentatore e l’avevano postata scrivendo “abbiate un po’ di pazienza…ci vediamo sui campi di battaglia”.
Secondo gli investigatori il gruppo, che aveva una delle basi principali a Genova, nel quartiere di San Benigno, si stava organizzando per trovare sede e armi. Il capo della cellula italiana, con lo status di rifugiato politico dal 2015, era stato arrestato in Francia nel febbraio 2022 perché trovato mentre girava per strada con un coltello. Dopo due mesi era tornato a Chiavari da dove poi era partito per l’Emilia Romagna. Le indagini della Digos hanno ricostruito la rete di rapporti e di contatti e ha scandagliato il web dove il gruppo pubblicava video sui social mostrandosi con machete, fucili e kalashnikov. Due mesi prima dell’attentato sotto l’ex sede di Charlie Hebdo, alcuni degli arrestati si erano fatti una foto sotto la torre Eiffel con l’attentatore e l’avevano postata sui social scrivendo “abbiate un po’ di pazienza… ci vediamo sui campi di battaglia”.
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