03 Ottobre 2025
E' andato a fare la spesa e quando ha provato a pagare con il bancomat la commessa gli ha detto, però, che non c’erano più soldi. Sul conto fino a quel giorno l'uomo sapeva di avere più di 120 mila euro. Solo quando la vittima è uscita dal negozio ha capito che gli avevano rubato tutto» Silvano. Il pensionato residente a Quezzi, quartiere di Genova, vedovo, ultraottantenne, davanti al maresciallo dei carabinieri che stava raccogliendo la sua denuncia si è messo a piangere.
Da un giorno all’altro si è trovato senza un euro. Senza i risparmi di una vita. L'anziano è una delle tante vittime di una banda di hacker che svuotava i conti di tutta Italia. Ma è stata proprio la sua denuncia a permettere ai carabinieri del nucleo investigativo di Genova di sgominare una banda di pirati informatici-truffatori che risiedevano e operavano dal centro storico di Napoli, da dove riuscivano a raggirare ogni giorno decine di persone in ogni regione d’Italia. E così i militari di Genova (in collaborazione con i colleghi della Campania) hanno eseguito nel centro e nell’hinterland di Napoli una ventina di perquisizioni all’interno delle abitazioni di soggetti vicini o appartenenti alla banda.
Sono stati sequestrati dispositivi informatici, computer e altro materiale hi-tech con il quale venivano messe a segno le truffe. Tutte le persone oggetto della perquisizione sono iscritte nel registro degli indagati per associazione per delinquere finalizzata alle frodi informatiche, accesso abusivo a sistema informatico, riciclaggio e auto riciclaggio, uso e somministrazione di farmaci e altre sostanze per alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. Quest’ultima accusa è dovuta al fatto che uno degli indagati con gli introiti delle truffe produceva e commercializzava sostanze anabolizzanti per il doping in palestra. Tanto che nel corso delle perquisizioni è stata sequestrata una somma di quasi un milione euro in contanti e sono stati messi i sigilli a un locale dove le sostanze anabolizzanti venivano vendute. Ma l’inchiesta sulle truffe chiamate in gergo “smishing” - cominciano con una risposta a un semplice sms e proseguono fino a quando non vengono svuotati i conti correnti - ha portato a scoprire un giro di investimenti illeciti in criptovalute che deve essere necessariamente ancora approfondito. Per questo i detective dell’Arma hanno anche sequestrato tre wallet - portafogli digitali - contenenti cryptovalute (bitcoin, Usdt ed Ethereum) per un valore di circa trentamila euro, numerose carte di credito intestate a prestanome, cinquanta cellulari con altrettante sim, oggetti d'oro per venticinque mila euro e, infine, jammer e diversi rilevatori di frequenza per individuare i dispositivi usati per le intercettazioni ambientali.
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