19 Settembre 2025
Maurizio Rebuzzini Fonte: Fb @Pontremoli Foto Festival
Non rispondeva al telefono da ore e, preoccupato, Filippo Rebuzzini, 44 anni, ha deciso di andare a controllare personalmente nello studio del padre, Maurizio Rebuzzini, noto fotografo milanese di 74 anni. Era mercoledì alle 18:42 quando Filippo è arrivato in via Zuretti, a pochi passi dalla Stazione Centrale, e ha trovato la porta dell’ufficio aperta.
"La porta era aperta – racconta –. Ho provato a fargli il massaggio cardiaco, poi è intervenuto un vicino ad aiutarmi." Ma all’arrivo dei soccorsi, per Maurizio non c’era più nulla da fare. Trasportato in ospedale, è deceduto poco dopo. Sul corpo sarebbero stati notati segni compatibili con uno strangolamento, un dettaglio che ha spinto la procura ad aprire un’indagine per omicidio.
Filippo, visibilmente scosso, ha rilasciato alcune dichiarazioni: "Sono corso lì perché non mi rispondeva al telefono", ha detto, sottolineando come nulla nello studio fosse fuori posto. "Il suo telefono era sulla scrivania, non mancava nulla."
Gli investigatori, coordinati dalla pm Maria Cristina Ria, stanno verificando la versione del figlio. Il suo cellulare è stato sequestrato per acquisire i tabulati telefonici, così da ricostruire l’orario esatto delle chiamate fatte al padre.
Tra padre e figlio esisteva anche un rapporto professionale: lavoravano insieme da tempo. Tuttavia, risulta agli atti una violenta lite tra i due nel 2019, che non ha però avuto conseguenze legali. Oggi, Filippo si dice incredulo di fronte all’ipotesi che qualcuno possa aver voluto fare del male a suo padre. "Era una persona buona, gli volevano tutti bene, non era uno che litigava. È davvero difficile immaginare che qualcuno potesse odiarlo. La fotografia era la sua vita, e l’ha sempre vissuta con grande etica e professionalità."
Lo studio, al piano terra di un palazzo di via Zuretti, era un luogo unico: migliaia di libri, riviste, macchine fotografiche d’epoca riempivano lo spazio in cui Rebuzzini lavorava e riceveva amici e colleghi. Un ambiente che rifletteva la passione e la cultura dell’uomo che lo abitava.
Chi lo conosceva lo ricorda con affetto. Frequentava regolarmente un bar della zona, dove era benvoluto da clienti e personale. "Era un uomo piacevolissimo – raccontano –. Sempre disponibile, colto, gentile. Prendeva il suo caffè con il sigaro in mano, e si fermava a fare due chiacchiere. Una figura rara."
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