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Rimini, al via udienze preliminari maxi-processo per green pass falsi: 75 imputati fra cui dr Bonato: €250 per certificazione ai "no vax"

Maxi processo a Rimini per i green pass falsi: 75 imputati, tra cui medici e sanitari. Il caso riapre il dibattito su obblighi vaccinali, lockdown e libertà individuali

16 Settembre 2025

Roberto Bonato

Roberto Bonato, fonte: X, @ilrestodelcarlino

A Rimini sono iniziate le udienze preliminari per il maxi-processo sul caso dei 224 green pass falsi emessi per la maggior parte del dottor Roberto Bonato. Per 250 euro (100 per i conoscenti), il medico rilasciava la dichiarazione di inoculazione da vaccino Covid a persone che non volevano sottoporvisi, i cosiddetti "no vax", pur senza iniettare il siero. Oltre al medico, altri 74 indagati fra operatori sanitari e personale amministrativo.

Rimini, al via udienze preliminari maxi-processo per green pass falsi: 75 imputati fra cui dr Bonato: €250 per certificazione ai "no vax"

È tornato davanti al gup del Tribunale di Rimini il maxi procedimento sui cosiddetti “green pass falsi”, che vede imputate 75 persone per un totale di 118 capi d’imputazione. L’udienza, presieduta dalla giudice Raffaella Ceccarelli, si è concentrata sulla verifica delle notifiche e sulle scelte di rito degli imputati, rinviando il processo al 17 febbraio 2026.

L’inchiesta era partita nell’ottobre 2021, nel pieno dell’obbligo vaccinale e delle restrizioni per accedere a luoghi pubblici. A dare il via alle indagini era stata la stessa Ausl Romagna, che aveva segnalato anomalie nei registri di vaccinazione. Secondo gli inquirenti, il dottor Roberto Bonato, medico convenzionato con studio a Cattolica, avrebbe organizzato – con l’aiuto di due intermediari – un sistema di false attestazioni di vaccinazione per permettere a centinaia di persone di ottenere il green pass senza sottoporsi al siero Covid.

Le indagini hanno documentato 224 dosi risultate somministrate ma mai effettuate, di cui 107 a pazienti non residenti. Il costo, secondo le accuse, era di 250 euro per ogni certificazione, ridotto a 100 euro per conoscenti e amici. Tra i beneficiari figurano anche operatori sanitari che erano stati sospesi perché contrari all’obbligo vaccinale e che, grazie a queste certificazioni, avevano potuto tornare a lavorare.

Il caso ha riacceso il dibattito sulla gestione pandemica e sugli strumenti coercitivi come il green pass. Molti osservatori hanno sottolineato che queste reti di “resistenza” si sono sviluppate proprio perché milioni di cittadini non accettavano di essere obbligati a vaccinarsi per poter lavorare, viaggiare o semplicemente partecipare alla vita sociale. “Non si può criminalizzare chi ha scelto di dire no a un trattamento sanitario imposto”, affermano associazioni per la libertà di scelta.

L’Ausl Romagna si è costituita parte civile contro il medico e un dipendente dell’azienda, ma resta aperta la questione di fondo: se le restrizioni e gli obblighi siano stati davvero proporzionati e giustificati. Per molti, questo processo è il simbolo di una stagione in cui la libertà personale è stata messa in secondo piano rispetto a misure sanitarie di dubbia efficacia, prese più dalla politica che dalla scienza.

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