07 Settembre 2025
Sostenibilità
Da almeno un decennio la comunicazione spinge sul concetto di sostenibilità per valorizzare prodotti, servizi, nuove iniziative. Sostenibilità che, va ricordato, è la capacità di soddisfare i bisogni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future.
È una parola, la sostenibilità, di cui si è perfino abusato, usandola un po’ come il prezzemolo per spolverare qualunque cosa, dandogli perciò dignità. La si sente rimbombare, ad esempio, nei discorsi di tante star del cinema, che arrivano ai festival sui loro aerei privati o su enormi yacht e poi parlano di sostenibilità. E torna subito in mente il meraviglioso monologo del comico Ricky Gervais, pronunciato proprio in faccia alle stelle di Hollywood durante i Golden Globe 2020, in cui, rivolgendosi ai vari DiCaprio, diceva: “Voi tutti siete amorevoli, così ben acconciati, e siete venuti qui in limousine. Vi piace venire qui coi vostri aerei privati, vero? Quindi, se stasera vincete un premio, non usate questa occasione per fare discorsi politici. Non siete nella posizione di dare lezioni al pubblico riguardo a nulla. Non sapete nulla del mondo reale, la maggior parte di voi ha trascorso a scuola meno tempo di Greta Thumberg. Quindi, se vincete, accettate il vostro piccolo premio, ringraziate il vostro agente e il vostro dio, e andatevene affanculo, ok?”.
Ecco, ma fatta questa necessaria premessa, la sostenibilità è di sicuro un tema. Di cui si parla tanto e dove, poi, tra il dire e il fare c’è ancora tanta distanza. Come sottolinea l’indagine “L’evoluzione della sostenibilità tra cultura, percezione e pratiche”, condotta da Fondazione PwC Italia, Jti Italia e Arel su oltre mille italiani, emerge infatti un forte divario tra consapevolezza e azione nella sostenibilità.
Le giovani generazioni, quelle della cosiddetta Gen Z (18-28 anni), sono certamente più preparate sul fronte teorico (conoscono bene la definizione di sostenibilità e non la confondono con una generica tutela dell’ambiente), e sono fortissime nelle promesse e nelle buone intenzioni: si dichiarano intenzionate a ridurre l’uso di plastica monouso (83%), il consumo di beni non essenziali (79%), si impegnano nella raccolta differenziata e nella riduzione dello spreco alimentare. Sono inoltre disposte a pagare un premium price per prodotti sostenibili (86%) e mostrano forte sensibilità verso le tematiche sociali: si battono per l’inclusione e la lotta alle discriminazioni.
Tuttavia sono i Baby boomers, ovvero quelli con più di 60 anni, che secondo l’indagine di Fondazione PwC Italia, Jti Italia e Arel, pur essendo meno consapevoli del significato di sostenibilità e poco propensi a pagare di più per prodotti o servizi sostenibili o del Fair trade, “praticano invece una sostenibilità silenziosa e radicata nel non-spreco. Sono tra i più coerenti nei comportamenti”, sottolinea la ricerca, “preferendo soluzioni durature e parsimoniose. Fanno la raccolta differenziata, chiudono il rubinetto quando si lavano i denti, acquistano frutta e verdura di stagione, non sprecano cibo, usano prodotti riutilizzabili”. La Gen Z, invece, evidenzia come azioni più sostenibili “essere consapevoli degli stereotipi di genere, schierarsi contro ogni tipo di discriminazione, supportare start-up e imprese locali innovative”. Insomma, la sana e silenziosa concretezza dei consumatori maturi in contrasto con il fumoso entusiasmo dei più giovani.
Sostenibilità, in Italia è ancora forte il divario tra consapevolezza e azione: quando la sfida, da culturale, può diventare progettuale
Lo studio si chiude con una riflessione utile ad allargare l’orizzonte della sostenibilità oltre la tutela dell’ambiente: “La sostenibilità ha conquistato una centralità valoriale nel discorso pubblico italiano, ma la sua efficacia trasformativa dipende dalla capacità di essere tradotta in pratiche concrete, comprensibili e dal beneficio percepito come reale. Il successo di azioni come la raccolta differenziata o la riduzione della plastica monouso dimostra che la sostenibilità attecchisce quando si intreccia con gesti quotidiani e riferimenti culturali preesistenti. Tuttavia, la dimensione ambientale ha finora dominato il campo. La sostenibilità sociale ed economica (si parla, cioè, di genuinità, ordine, benessere, motivazione, comportamenti, comunità, educazione economica, progresso), pur riconosciuta, fatica invece a trovare ancoraggi pratici altrettanto forti. Per superare questo squilibrio, servono strumenti chiari, accessibili e adatti ai contesti di vita quotidiana. Trasparenza e concretezza sono requisiti fondamentali per costruire fiducia e credibilità. Comunicare in modo sobrio, verificabile e coerente con le azioni intraprese è la chiave per un impegno autentico e duraturo. La sfida, quindi, non è più solo culturale, ma progettuale: è necessario costruire le condizioni operative affinché la sostenibilità possa essere vissuta, praticata e riconosciuta come utile. Per le istituzioni, significa disegnare politiche pubbliche capaci di semplificare l’adozione di comportamenti sostenibili, riducendo gli ostacoli e aumentando la fiducia. Per le imprese, significa adottare strategie di prossimità, trasparenza e coerenza narrativa con i valori dei consumatori. Per il terzo settore, significa rafforzare i ponti tra idealità e concretezza, facilitando l’accesso a esperienze di cittadinanza attiva, economia solidale, educazione inclusiva e sviluppo locale”.
Di Claudio Plazzotta
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