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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Da Sala a Repubblica: i soliti ipocriti che difendono il Leonka sono gli stessi che offendono e tappano la bocca a chi si oppone a Big Pharma

Essere antagonisti oggi? Noi, qui, lo siamo molto più di loro. Qui, sulla questione dei vaccini, ci prendiamo i cazzotti in faccia da coloro che difendono la “libertà” del Leonka, lo spirito ribelle. Sono loro, quelli di Repubblica e della Stampa, quelli come Sala, come il Pd e compagnia cantante. Sono quelli che si curano con l’omeopatia ma hanno paura di dire in pubblico quel che pensano di Burioni

22 Agosto 2025

Beppe Sala e Milano, una parabola italiana: dalla gloria alla decadenza di una città possibile e impossibile

Non è un articolo, è uno sfogo. Lo sfogo di chi per qualche giorno non ha scritto per prendersi una boccata di ossigeno tra libri che non fanno cassetta ma che nascondono elementi di analisi vera e dei quali vi parleremo più dettagliatamente nei prossimi giorni (vi lascio i titoli: “Il Salario minimo non vi salverà” di Savino Balzano, sindacalista; “Il 7 Ottobre tra verità e propaganda” di Roberto Iannuzzi; “Ripensare la smart city” di Eugeny Morozov. Li avevo messi da parte per leggerli con calma; ne valeva la pena).

Riprendo la penna come fosse uno sfogo di rabbia mista a sconsolazione. Ma davvero abbiamo tempo, inchiostro e voce per dibattere di non temi? Lo sgombero del Leoncavallo: due giorni di ricostruzioni, di commenti e di prese di posizione… Con il sindaco di Milano, Beppe Sala che è messo così male a sinistra da fingere indignazione al solo scopo di saldarsi ad una maggioranza politica imbarazzante? Una maggioranza che lo sostiene nonostante una inchiesta che dovrebbe far venire i brividi non per la parte giudiziaria ma per come è stata snaturata Milano adesso! Ma a Sala e ai compagni, quelli che un tempo avevano l’eskimo e ora abitano nella ztl, conviene parlare di Leoncavallo e di CasaPound. Difendono il Leonka dopo aver tolto l’anima popolare di questa città, il suo senso ambrosiano, la sua alchimia che le consentiva di coniugare - per dirla con Claudio Martelli - merito e bisogno, classe operaia e borghesia sempre aperta ai nuovi talenti che lo spirito meneghino stimolava.

Il famoso Leoncavallo non esisteva più da tempo, era invecchiato assieme ai suoi leader, tirava a campare come un vecchio lettore di Repubblica rimbambito a botte di articoli sull’eterno ritorno del fascismo. Era ormai piattume culturale e politico, a cui lo sgombero ha ridato l’ultimo puff di profumo prima di uscire in città.

Essere antagonisti oggi? Noi, qui, lo siamo molto più di loro. Qui, sulla questione dei vaccini, ci prendiamo i cazzotti in faccia da coloro che difendono la “libertà” del Leonka, lo spirito ribelle. Sono loro, quelli di Repubblica e della Stampa (del resto, solo in quei giornali si può scrivere contro Trump senza mai domandare all’editore: ma perché facciamo affari con questo personaggio?), quelli come Sala, come il Pd e compagnia cantante. Sono quelli che si curano con l’omeopatia ma hanno paura di dire in pubblico quel che pensano di Burioni.

Noi siamo chiamati “No Vax” perché non abbiamo collusioni con Big Pharma né ci beviamo ogni “verità” che arriva da Medicina e Scienza SpA. Ci siamo opposti e stiamo ancora pagando il prezzo, come i due medici prima inseriti e poi tolti da una commissione che - a questo punto è chiaro - conta solo per assecondare vanità e relazioni varie. Lo ripeto per l’ennesima volta anche a questo governo doppiogiochista (Salvini e Meloni se hanno una posizione la dicano una volta per sempre e siano coerenti! Il cerchiobottismo del leader leghista resta lo stesso di quando non ebbe il coraggio di mandare a casa il “suo” ministro Speranza quando in Senato ne proponemmo la sfiducia; ma lui era sodale di Draghi a quel tempo): la questione che loro definiscono “No Vax” per significare un alone di “antiscienza” non esiste fintanto che la presidente di commissione Ursula Von Der Leyen e il ceo di Pfizer Albert Bourla non tirano fuori le carte - tutte! - della negoziazione del più colossale affare stipulato dall’Unione europea.

Se in ballo c’è solo “scienza” non vedo perché continuino a negare l’accesso agli atti e la trasparenza sulle condizioni poste da Pfizer per manlevarsi da tutte le responsabilità. Siccome, nonostante due sentenze di “condanna” contro la Commissione, ancora non ci è dato leggere alcunché, noi siamo pienamente legittimati a sostenere tutti i nostri dubbi e confinare la questione vaccini nell’affarismo di Big Pharma. E siccome più il tempo passa e più aggiusteranno le loro pseudo-verità o il governo Meloni ha il coraggio di dire queste cose o eviti di stuzzicare il can che dorme. Oppure mandi a casa Schillaci, che sarebbe il più onorevole dei compromessi.

di Gianluigi Paragone

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