14 Agosto 2025
La lettera anonima inviata al Corriere della Sera, che potrebbe riaprire l’indagine sull’omicidio dell’architetta milanese Gabriella Bisi, è ricca di particolari inediti mai usciti sulla stampa. Segno che chi l’ha scritta conosceva molto bene la trentacinquenne trovata senza vita nella collina delle Grazie, in località Tigullio Rocks, tra Zoagli e Chiavari. Era il 13 agosto di trentotto anni fa. L’uomo è ritenuto attendibile dalla squadra mobile di Genova, soprattutto nella parte in cui racconta i fatti personali: l’amore sbocciato tra lui e Gabriella e l’intenzione dei due di andare a vivere insieme in un appartamento a Milano al termine dell’estate del 1987. E di voler intraprendere un’attività lavorativa che coinvolgesse entrambi. Un sogno che non si è mai realizzato per colpa di un assassino che non è mai stato preso.
L’autore della lettera anonima - girata dall’Unità delitti insoluti dello Sco (il Servizio centrale operativo della polizia) alla squadra mobile di Genova e infine al procuratore capo di Genova Nicola Piacente - getta sospetti sull’amante dell’epoca della vittima: un imprenditore del Tigullio che alla fine degli anni Ottanta aveva moglie e figli. Personaggio ormai ultraottantenne, molto conosciuto a Levante ma che nel frattempo si è trasferito all’estero. Sul suo conto aveva già svolto accertamenti il sostituto procuratore Fabrizio Gebbia, ma l’inchiesta era terminata con un nulla di fatto perché l’indagato aveva un alibi solido. Quando la Bisi scomparve nel nulla (era il 2 agosto) lui era a una festa con la moglie. Come hanno confermato molti dei partecipanti. La fonte anonima, però, solleva dubbi sul possibile coinvolgimento di un amico dell’imprenditore. «L’assassino materiale di Gabriella», lo definisce. Non fornisce elementi per poterlo individuare, però.
Ed è proprio qui che la lettera fa storcere il naso agli inquirenti. Gli slip stretti al collo dell’architetta, con l’ausilio di alcuni rami di robinia a mo’ di garrota, non fanno pensare al gesto di un killer che dietro compenso svolge un compito che gli è stato affidato. «Sembra più il modus operandi di qualcuno che conosceva molto bene la donna, e che in questo modo abbia voluto punirla per qualcosa che aveva fatto o detto», spiega una fonte investigativa. Le strade che potrebbe seguire la squadra mobile sono due, sempre che la Procura decida di dare seguito alla missiva senza firma vergata su un foglio A4. La prima è quella di verificare minuziosamente l’alibi fornito nel 1987 dall’imprenditore finito nel registro degli indagati (ma quanti testimoni saranno ancora in vita e quanti ricorderanno quella festa di 38 anni fa?), la seconda invece è cercare un terzo uomo. Un altro spasimante di cui non era a conoscenza l’architetto milanese che sognava di andare a vivere con la Bisi e (forse) neppure l’amante. L’unico modo per capire se quest’ultima è una pista percorribile, però, è di chiederlo direttamente alle amiche della donna strangolata. Quelle che aveva in Lombardia, e quelle che aveva in Liguria. In particolare la ragazza (oggi diventata dottoressa) che aveva incontrato prima di scomparire.
L’architetta si congedò dicendo che sarebbe rincasata (aveva un appartamento a Rapallo) per cambiarsi. Guidava una 127, macchina della quale si servì per il tragitto da Rapallo a Santa Margherita Ligure e da Santa Margherita Ligure a Rapallo, ma non nel successivo spostamento. Quello che ha fatto con chi l’ha uccisa. Una persona che l’aspettava fuori dall’abitazione, con la propria vettura. Gabriella per non farlo attendere entrò in casa (ci sono le tracce), ma lo fece di corsa. E per non far attendere troppo quel tipo non scelse altri abiti: restò con la stessa camicetta, la stessa gonna, gli stessi sandali e la stessa biancheria intima che aveva nel pomeriggio. Qualcuno su cui non doveva fare colpo, quindi. Ma che voleva vedere a tutti i costi, forse per dirgli qualcosa di importante.
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