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Roma, Emini Gercaliu altra paziente di Josè Lizàrraga Picciotti: “Io viva per miracolo dopo sua liposuzione, causa vinta ma lui nullatenente”

Dopo una liposuzione effettuata dal finto chirurgo nel 2006, la donna 46enne albanese ha dichiarato di essere viva per miracolo e che Picciotti “non voleva portarla in ospedale”

11 Giugno 2025

Emini Gercaliu altra paziente di Josè Lizàrraga Picciotti

Emini Gercaliu altra paziente di Josè Lizàrraga Picciotti

Non è la prima volta che Josè Lizàrraga Picciotti, il finto chirurgo estetico al centro dell’inchiesta per la morte di una 46enne a Roma, Ana Sergia Alcivar Chenche, dopo una liposuzione, finisce sotto i riflettori per complicazioni post-operatorie. A parlare è Emini Gercaliu, albanese, anche lei 46enne, che ha raccontato la sua drammatica esperienza, definendosi “viva per miracolo” dopo un intervento eseguito dallo stesso medico. La donna ha in seguito “vinto la causa, ma l’uomo risulta nullatenente”.

Emini Gercaliu altra paziente di Josè Lizàrraga Picciotti: “Io viva per miracolo dopo sua liposuzione, causa vinta ma lui nullatenente”

Io salva per miracolo mi operò, stavo male e disse no al ricovero. Ho rischiato di non farcela, mi ha portato via 10mila euro. Ho pianto leggendo che una donna di 46 anni è morta dopo una liposuzione. Potevo essere io. Avevamo la stessa età. Lo stesso intervento. Lo stesso medico: Josè Lizàrraga Picciotti”, ha dichiarato Emini Gercaliu, ancora segnata da profonde cicatrici fisiche e psicologiche.

Il racconto della donna è una sull'intervento di liposuzione effettuato nel 2006: “Era l’inizio del 2006. Avevo preso qualche chilo. Su consiglio di un’amica, lo contatto. Mi propone una addominoplastica: 5mila euro. Va tutto bene. Poi mi parla della liposuzione, altri 5mila. Accetto. Mi viene a prendere alla stazione Termini. Mi porta in un ambulatorio in via Firenze. L’intervento dura un’ora. Avrei dovuto andarmene subito dopo. Appena finisce, ho la febbre a 41. Esce liquido e sangue dalle ferite”.

Peggiora rapidamente, ma, racconta, il medico non prende provvedimenti adeguati: “Mi fa restare lì una notte. Ma peggioro: vomito, febbre altissima, sto malissimo. Ero in stato di semincoscienza. Non riuscivo a parlare bene. Non capivo. Perdevo liquidi dai fori della liposuzione. L’ambulatorio doveva essere liberato. Mi porta in un istituto di suore. Passo lì la notte, peggiorando ancora. Mi porta a casa sua. Mi tiene lì quattro giorni. Io lo sento, disperato, parlare con la moglie: ha paura che io muoia”.

A quel punto, racconta la paziente, le sue condizioni erano disperate: “Lo supplico. Ma sperano che mi riprenda. E invece mi stavo spegnendo. Alla fine Lizàrraga crolla. Mi porta, piangendo, al pronto soccorso del San Filippo Neri. Scongiura i medici: 'Fate qualcosa, sta morendo'”.

Le sue condizioni erano critiche: “Mi operano. Ho un’anemia acuta, setticemia diffusa, pus, emoglobina crollata. Ero gonfia, viola come una melanzana. Ma mi salvo, ringrazio Dio. Non era la mia ora. Ma lui deve pagare per me e per quella povera signora”.

La donna ha ottenuto giustizia, anche se solo parziale: “Non ho visto un euro. Non ha nulla intestato. In primo grado lo hanno condannato a quattro mesi (prescritti in Appello) e a un risarcimento di 200mila euro, io invece ho speso tantissimi soldi in questi anni di processi”, ha dichiarato Gercaliu, assistita dall’avvocato Antonello Riccio in una lunga battaglia legale.

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