28 Aprile 2025
È entrato in Procura a Genova come persona informata sui fatti, quando è uscito il suo nome era stato iscritto nel registro degli indagati. Fabiano Mura, segretario genovese della Fillea Cgil, la federazione degli edili, è accusato di simulazione di reato. Capo di imputazione che gli è stato contestato dal sostituto procuratore Federico Manotti, quando Mura ha ammesso di essersi inventato l’aggressione dello scorso 15 aprile da parte di due sconosciuti che aveva etichettato come “fascisti”: «Uno mi ha urlato comunista di merda, facendo il saluto romano; l’altro mi ha tirato un pugno, mi ha spintonato e mi ha colpito. E poi sputi». Parole che aveva sottoscritto nella denuncia presentata in commissariato a Cornigliano. Lo stesso commissariato dove, neppure 48 ore dopo, si era ripresentato per ritirare quella denuncia («per la forte pressione emotiva», aveva sottolineato aggiungendo che però il fatto era vero) quando erano emerse le prime discrepanze tra il suo racconto e la realtà. Merito del lavoro della Digos: gli agenti non hanno trovato corrispondenza tra gli orari forniti dal sindacalista (era uscito di casa più tardi dell’ora che aveva indicato) e gli appuntamenti con gli operai che aveva detto di dover incontrare. Appuntamenti che gli avrebbero fatto percorrere la strada dove secondo lui sarebbe avvenuta l’aggressione.
La reazione della Cgil non si è fatta attendere: sospensione del sindacalista e eventuale tutela per vie legali. “Dagli sviluppi dell’indagine apparsi oggi sugli organi di stampa apprendiamo come i fatti legati all’aggressione al sindacalista Fillea non sarebbero confermati – si legge in una nota di Cgil Genova, Cgil Liguria e Fillea Genova – ove così fosse e come già dichiarato, se non siamo di fronte a una escalation di violenza di qualsiasi natura non possiamo che tirare un respiro di sollievo: la Cgil purtroppo ha già pagato prezzi altissimi, anche in tempi recenti”. “Il doveroso rispetto della tempestiva e puntuale attività svolta dagli organi inquirenti, cui va espressa sincera gratitudine per il ruolo e l’impegno svolto nella ricerca di verità e giustizia, impone di attendere l’esito di quanto in corso – prosegue la nota – nel contempo, a tutela dell’organizzazione, saranno attivate le procedure interne di garanzia attraverso la sospensione dell’iscrizione alla Fillea e quindi la revoca del distacco sindacale e di ogni incarico connesso alla persona coinvolta nei fatti”. E ancora: “Se le notizie apparse oggi saranno confermate dagli organismi inquirenti, la Cgil si riserva di tutelarsi nelle forme che valuterà più opportune e in tutti i modi possibili”, conclude la Cgil.
Ma a muoversi, oltre alla società civile e antifascista, erano anche gli antagonisti e gli estremisti, come hanno scoperto gli investigatori grazie ad alcuni confidenti. E siccome il timore che potesse esserci una sorta di vendetta era forte, la Procura ha accelerato i tempi dell’indagine. Non per stabilire se il segretario degli edili dicesse la verità o meno (in quel momento non era in discussione), ma per trovare chi lo aveva mandato all’ospedale. La Digos, però, scavando tra le parole di Mura ha trovato le prime contraddizioni: sia per quanto riguardava l’orario in cui aveva detto di essere uscito da casa, sia per quel particolare sul quale si reggeva l’aggressione di stampo fascista. Ovvero i simboli della Cgil attaccati sull’auto. Il pm Manotti ha chiesto alla polizia di acquisire le immagini delle telecamere per trovare tracce del pestaggio (c’è solo il referto del pronto soccorso dove il sindacalista è andato a farsi medicare), ma il risultato è stato un altro buco nell’acqua. Nel frattempo il segretario della Fillea ritirava la sua denuncia, anche se la Cgil si metteva al suo fianco per proteggerlo: «Una decisione che va rispettata, lui conferma comunque i fatti», recitava una nota. Non una retromarcia, quindi. Anzi la Camera del Lavoro, rinnovando la sua fiducia nella magistratura e nelle istituzioni, invitava la Procura di Genova «ad andare avanti con le indagini».
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