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Se la verità sui vaccini non è gradita, che altro resta da fare? Niente, prendere atto che non si deve parlare, che ci ammaliamo e moriamo per caso

I familiari di Pietro Genuardi non hanno accettato il mio articolo in cui rivelavo la sua volontà di denunciare i vaccini: avrei dovuto chiedere permesso a loro. E il diritto di cronaca e di verità?

16 Marzo 2025

Articolo strappato

Evidentemente la faccenda dei vaccini mette ancora timore. Dopo il mio pezzo sull'attore Pietro Genualdi, appena morto di leucemia, pezzo diventato virale, ho ricevuto reazioni veementi dalla famiglia che mi contesta non la verità di quanto ho rivelato, ma l'opportunità: avrei dovuto interpellare prima loro, i quali, a quanto ho capito, mai mi avrebbero autorizzato. A cosa? A rivelare che Genuardi era convinto che i vaccini gli avessero determinato la leucemia e che, una volta guarito, avrebbe provveduto a denunciare pubblicamente la cosa, come io stesso lo invitavo a fare. Io rispetto il dolore della famiglia, ma la pretesa mi pare fuori luogo: non ho divulgato direttamente materiale riservato, non ho diffuso i messaggi vocali di cui sono in possesso e nemmeno ho riprodotto quelli scritti, ho riassunto con parole mie le conversazioni fra noi, sicuro, come resto, di avere fatto la cosa giusta, la stessa che Genuardi voleva fare. Non ho aggiunto, ricamato o modificato niente. Ho ripreso, con parole mie, la sostanza di un dialogo per il quale non vedo proprio quali autorizzazioni avrei dovuto chiedere e a chi: a questa stregua, chiudiamo pure il diritto di cronaca, l'informazione, chiudiamo tutto e uniformiamoci alle veline del potere.

Se in effetti si vuole intendere che era meglio non parlarne, non scomodare i vaccini, allora, mi dispiace, è una opinione alla quale non posso adeguarmi: tutti sappiamo cosa sta succedendo – cosa ci sta succedendo – ed io sono anni che mi batto, per lo più da un letto, perché le cose si sappiano per quelle che sono. Debbo constatare, ancora una volta, che nessuno si sente di aiutarmi in questa battaglia, peraltro perdente; che anche le vittime, o chi per loro, preferiscono una discrezione che non capisco e non posso, per quanto mi riguarda, avallare; che sono disposto a prendermi serenamente insulti, minacce, ma tacere io non posso; non so se e quali pressioni possano circolare, mi limito a prendere atto che, una volta di più, di vaccini con relativi effetti non si deve parlare, e più questi effetti sono micidiali e meno se ne deve dire. Qui posso precisare ancora che la famiglia di Genuardi non ha approvato il mio articolo, e lo faccio non per polemica ma per non nascondere niente, in spirito di collaborazione, se si può dire così. Quindi mi assumo le conseguenze morali del mio operato e mi dispiace sinceramente di aver provocato ulteriore disagio, quando credevo se mai di fare una cosa giusta, una testimonianza di sostegno e di verità del tutto concordante con la volontà della persona di cui parlavo. Ma sui risvolti deontologici, non trovo di che sentirmi responsabile (mi ci sentirei se avessi taciuto), perché ho riferito la nuda verità sia degli assunti testuali sia di una realtà oggettiva, scientifica, che, mi accorgo, non passa, non deve passare, insomma dobbiamo tutti rassegnarci ad ammalarci, a morire senza neppure pretendere di poter dire per cosa. Morire per niente, perché il potere non gradisce, e non rinuncia a farlo capire. È la prima volta in 35 anni di mestiere che mi sento minacciare per aver parlato bene di qualcuno avendo detto, e mi viene riconosciuto, tutta e solo la verità, perfino a suo nome. Va bene, prendo atto che non è possibile fare il proprio dovere di testimone e di giornalista, che sono totalmente isolato in questo impegno, non resta che aspettare anche la mia resa e poi nessuno più si azzarderà a protestare, a chiedere uno straccio di giustizia, o almeno di verità, per chi resta e per chi non ce l'ha fatta.

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