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Fine vita, Corte costituzionale verso il via libera al suicidio assistito: "Estesi i requisiti della sentenza dj Fabo del 2019"

Novità in merito all’estensione della nozione di "trattamenti di sostegno vitale", incluse più casistiche, i giudici decideranno caso per caso

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Sul fine vita si è espressa oggi la Corte costituzionale, stabilendo che, in mancanza di una legge, i requisiti della sentenza dj Fabo del 2019 vengono riaffermati. Tuttavia, sono previste alcune estensioni in riferimento alla nozione di "trattamenti di sostegno vitale", che aprirebbero la strada a un maggior numero di casistiche in cui suicidio assistito è permesso dalla legge.

Fine vita, Corte costituzionale verso il via libera al suicidio assistito: "Validi i requisiti della sentenza dj Fabo del 2019, ma con alcune estensioni"

La sentenza n. 242 del 2019 su dj Fabo è stata oggi riaffermata dalla Corte costituzionale. La Consulta ha affermato che, in assenza di una legge, i suoi principi sul fine vita rimangono validi. La decisione di oggi arriva in merito alle questioni nate da un procedimento penale contro Marco Cappato, rappresentante legale dell’Associazione Soccorso Civile, Felicetta Maltese e Chiara Lalli, che nel dicembre 2022 accompagnarono Massimiliano, un malato di sclerosi multipla, in una clinica Svizzera per ricorrere al suicidio medicalmente assistito. L’uomo, sebbene non fosse dipendente da un trattamento di sostegno vitale in senso classicamente inteso (come per esempio dispositivi, farmaci o macchinari sanitari con la funzione di rallentare il progredire della malattia e quindi il decesso), era totalmente dipendente dall'assistenza di terze persone per sopravvivere. Vista l’ambiguità della sua situazione, il suo caso sarebbe potuto risultare problematico per poter accedere al suicidio assistito in Italia, reso legale solo a determinate condizioni dalla sentenza del 2019. La sentenza n. 135 di oggi ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Gip di Firenze sull'articolo 580 del codice penale, che miravano a estendere l’area della non punibilità del suicidio assistito oltre i confini stabiliti dalla Corte con la precedente sentenza del 2019.

La Corte si è così espressa affermando che "nella perdurante assenza di una legge che regoli la materia, i requisiti per l'accesso al suicidio assistito" restano quelli stabiliti dalla sentenza del 2019, "compresa la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, il cui significato deve però essere correttamente interpretato in conformità alla ratio sottostante a quella sentenza". I requisiti, quali "l'irreversibilità della patologia", la "presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili", o come la "dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale" e la "capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli", devono essere accertati dal servizio sanitario nazionale.

La nozione di "trattamenti di sostegno vitale" includerà anche alcune pratiche eseguite dai caregivers, i giudici decideranno caso per caso

Una novità si ha in merito all’estensione della nozione di "trattamenti di sostegno vitale", includendo alcune pratiche eseguite dai caregivers. La Consulta ha precisato infatti che, nell'ambito dei paletti già fissati dalla sentenza del 2019, ci sono più casistiche di cui tenere conto: "La nozione include quindi anche procedure - quali, ad esempio, l'evacuazione manuale, l'inserimento di cateteri o l'aspirazione del muco dalle vie bronchiali - normalmente compiute da personale sanitario, ma che possono essere apprese anche da familiari o 'caregivers' che assistono il paziente, sempre che la loro interruzione determini prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo". I giudici si troveranno quindi a valutare caso per caso, "sulla base dei principi espressi nella sentenza già emessa nel 2019, se una persona è incriminabile in merito alla pratica del suicidio assistito".

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