25 Novembre 2022
Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, si trova in Svizzera per sostenere la "richiesta di aiuto" ricevuta da un uomo affetto da Parkinsonismo atipico. Il malato si chiama Romano e ha chiesto di essere accompagnato nel Paese confinante per accedere legalmente alla morte assistita poiché, come spiega la moglie dell’uomo: "La scelta del fine vita è un diritto fondamentale dell'uomo”.
L'uomo, se confermerà la sua scelta, dovrebbe venir meno alla vita nella giornata di oggi, all’interno della clinica svizzera. "Sono di nuovo in Svizzera per fare valere quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale", ha spiegato Cappato, protagonista in questi anni di tante battaglie sul tema della dignità del "fine vita".
Si tratta di una "nuova disobbedienza civile, dal momento che la persona accompagnata non è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, quindi, come la 69enne veneta Elena Altamira". Chiarisce così Cappato, facendo riferimento alla malata terminale di cancro morta in Svizzera la scorsa estate con suicidio assistito. "Non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo per l'accesso al suicidio assistito in Italia".
Il caso di Romano, infatti, non rientra nell’ambito coperto dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo per l’accesso al suicidio assistito in Italia, perché l’uomo non è tenuto in vita da "trattamenti di sostegno vitale".
In Italia il suicidio assistito, è infatti possibile in determinati casi specifici e isolati. La battaglia sulla morte assistita in Italia è scaturita dal caso di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani. "E' possibile e legale dunque, nei casi in cui la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale". Tutte queste condizioni devono poi essere verificate e certificate dal Sistema sanitario nazionale.
Romano non è il primo caso preso in carico da Cappato che non rientra in questa sentenza. Già ad agosto infatti, Cappato aveva accompagnato in Svizzera Elena Altamira, una 69enne veneta malata terminale di cancro, per farla accedere al suicidio assistito, perché le sue condizioni non rientravano nella sentenza della Corte italiana. In quel caso, Cappato si era autodenunciato ai carabinieri, come anche per Dj Fabo, ed è attualmente indagato per aiuto al suicidio. L’obiettivo, anche questa volta, è quello di "superare le attuali discriminazioni tra persone malate e consentire il pieno rispetto della volontà anche di coloro che sono affetti da patologie irreversibili, fonte di sofferenza, pienamente capaci ma non ancora tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale".
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