03 Novembre 2023
Hai voglia a dire non dimenticheremo. La verità è che tante ce ne hanno fatte, e talmente carognesche, e talmente umilianti, e talmente incredibili, che la mente non riesce a trattenerle tutte. Ci hanno umiliato, torturato, imbrogliato, perfino irriso. Ci hanno tolto diritti inalienabili, costretto alla cattività senza presupposto. Anche se una presidente della Corte Costituzionale “dalla sensibilità di sinistra” ha garantito che quelle misure “non apparivano irragionevoli”. Ci hanno retrocesso da cittadini a plebe, da plebe a schiavi. Ci hanno maledetto. Costretto. Indotto ad avvelenarci. Ricattato se resistevamo. Poi, una volta ammalati, ammalati di Stato, ci hanno chiuso in faccia tutte le porte. Ai morti hanno detto che era colpa loro, che era capitato per caso. Hanno negato i risarcimenti e perfino la memoria. Quei morti, per il nostro Stato, non sono mai esistiti. I vivi tirano avanti come possono, ma spesso girano in tondo nell’abisso dei loro incubi. La storia, per esempio, del diciottenne Valerio Tellenio di Fano, nelle Marche, io l’avevo rimossa, ne conservavo un vaghissimo sentore: ci ha pensato la Verità a riportarmela in tutto il suo orrore, con un articolo di Patrizia Floder Reitter.
Valerio era uno di quei rarissimi studenti che rifiutavano apertamente, lealmente, di portarsi addosso una mascherina per cinque, sei ore. Non voleva coinvolgere nessuno, era semplicemente contrario, dopo essersi documentato. Un giorno, di fronte alle pressioni sempre più invadenti dell’intero istituto professionale, dei richiami quotidiani, della perenne convocazione in presidenza, come un delinquente che tutti dovevano vedere, perché tutti potessero capire, era arrivato ad incatenarsi al banco con la catena della bicicletta: allora lo presero, lo chiusero in un’autoambulanza, lo ricoverarono in manicomio, anche se oggi si chiama TSO, trattamento sanitario obbligatorio, e si applica nei reparti di igiene mentale.
Quale igiene? Valerio non voleva influenzare i compagni, la sua era una protesta solitaria e non violenta: l’hanno stroncata e ci si son messi tutti: la scuola, la dirigenza, il sindaco piddino che autorizzò il ricovero, i poliziotti, i sanitari, i medici, i giudici tutti. È rimasto 4 giorni rinchiuso, cinghiato su un letto: avete una lontana idea di che cosa significhi ritrovarsi per 96 ore impedito a muoversi, ripieno di farmaci, mentre il panico scava le sue gallerie nella psiche e ai genitori viene impedito ogni contatto e perfino ogni diritto? In quei giorni del maggio 2021 tutte le iniziative tramite avvocato vennero rigettate: più avanti, ad isteria decantata, Valerio sarebbe stato assolto dall’accusa, quella sì delirante, di interruzione di pubblico servizio così come mossagli dalla direttrice scolastica. Un ragazzino di 18 anni trattato come non si osa mai coi trapper balordi o i bulli organizzati. Un ragazzo solo, senza una banda dietro, senza alcuna intenzione di nuocere, è più facile da schiacciare. Insieme a lui era stato assolto un settantenne pesarese, Lamberto Roberti, che con l’adolescente lucidamente ribelle condivideva, senza in alcun modo influenzarlo, quella protesta che già allora pareva del tutto civile, e che col senno del poi si sarebbe dimostrata sacrosanta; anzi, doverosa: avessero fatto tutti come Valerio! Adesso, nelle prossime ore, si attende l’appello. I parenti puntano a far dichiarare illegittima la convalida del tso subito da loro figlio.
Perché questo poteva accadere. E questo abbiamo volente o nolente dimenticato. Le facce del potere, che oggi si sforzano di apparire umane ma che in realtà erano, per scomodare Pasolini, “facce grandguignolesche”, potevano internarti, farti torturare. Potevano privarti del lavoro e del pane. Potevano picchiarti, inseguirti, disperderti con gli idranti. Potevano, e lo fecero. Per più di due anni lo fecero: al resto, all’odio strisciante, becero, mostruoso provvedevano i corifei di regime, che auguravano la morte a chiunque si opponesse alle mostruosità di Stato: vaccini continui e obbligati, greenpass, lockdown, censura, e, ogni sera, ogni minuto, tempeste di isteria, di terrore, di angoscia. Quelle facce sono ancora in giro: non comandano più come prima, ma insistono; da quegli ipocriti che sono predicano umanità e pace, accusano, proprio loro, chi gli è succeduto nel potere di scarsa democrazia, di applicare metodi autoritari. Ma vorrebbero, e non lo nascondono, tornare ai tempi in cui comandavano con la violenza e con la paura, mandando la gente in manicomio, stretta nelle cinghie di un letto. Ecco cosa abbiamo dimenticato: che la nostra democrazia era malata e si trascina quelle tare endemiche; che nessuno ha pagato e sicuramente nessuno pagherà; che nessun alibi basta più: non quello della scienza, che ha sbugiardato ogni e ciascuna di quelle misure repressive; non l’ignoranza, perché, come emerso dalle conversazioni private, le mille facce granduignolesche sapevano cosa facevano e perché lo facevano: per durare, per non mollare lo stato di grazia che coincideva con un potere assoluto di stampo criminale, per “creare una nuova società in senso gramsciano”, perché non si tornasse mai a votare…
E non può scusare neppure lo stato di necessità: questa è la madre di tutte le menzogne, lo stato di necessità non lo subì ma lo provocò proprio il regime: per rafforzarsi. Cittadini, medici, operatori, giornalisti, parassiti, intriganti: tutti lì ad agitarsi, a spiare, segnalare, ad obbedire a un regime finito fuori controllo: chiunque avesse avuto l’ardire in quei mesi di schierarsi contro un modo di agire eversivo e devastante, oltre che inutile, veniva ridotto al silenzio, insultato, disprezzato, emarginato, segnalato. Veniva odiato. Veniva aggredito. Alla fine, a forza di subire, tutto ci è sembrato normale o almeno fatale, inevitabile: anche la prigionia, anche che ci portassero via i figli per internarli in manicomio.
Oggi i carnefici sono ancora tutti in giro, le televisioni se li litigano. Ma Valerio, come tanti altri, non è più riuscito a reinserirsi. Era uno studente modello: non ce l’ha fatta a continuare, ha mollato la scuola prima del diploma, tenta, senza successo, di trovare una occupazione qualsiasi. Le sue notti sono ancora piene dei vecchi incubi. A 21 anni non crede più in niente, è uno zombie come individuo, come cittadino, come giovane uomo che credeva di poter far valere le sue ragioni: ed erano ottime ragioni. Come le nostre, in fondo, anche se la nostra pena fu meno atroce. C’è però chi è stato costretto ad avvelenarsi, e poi si è scoperto gravemente malato: oggi si sente sfidare, dimostrami che c’è correlazione: e pretenderebbero che ringraziasse i suoi aguzzini: politici, sanitari burocrati, megafoni di un potere guasto. Insistono: sotto con le nuove dosi, non fermatevi, si vergogni chi “non crede”. E neanche mezza parola per le vittime. Se avessimo davvero un presidente della Repubblica degli italiani, dovrebbe convocare Valerio Tellenio da Fano, chiedergli scusa a nome dello Stato, insignirlo e trovargli un lavoro, oltre a risarcirlo di qualcosa che peraltro non ha prezzo. Ma Mattarella è quello che ordinava di non lasciar parlare i dissidenti, e che oggi dice: ci vogliono più vaccini, più Unione Europea, più ONU, cioè i poteri sovranazionali dietro a tutto questo. Poi hai voglia a dire che l’Italia non è la Corea del Nord, la Russia o la Cina: no, non lo è, ma per tre anni la sua democrazia non ha funzionato meglio e il suo male, che ci ha ammalati tutti, non guarisce, è endemico e pronto a tornar fuori: non aspettano altro, ogni giorno c’è qualche giornale che annuncia nuovi virus o, almeno, nuove varianti. E spinge per infettare di vaccino perfino gli infanti. Intanto la gente continua ad ammalarsi e a morire. Mattarella gira, gira e la plebe lo invoca, gli manda i bambini con la bandierina. Ed io mi chiedo perché, e più me lo chiedo, meno trovo una risposta decente.
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