16 Ottobre 2023
È inutile. Milano non fa per Fantozzi. Dopo le vessazioni di Atm e le vicissitudini con i nuovi divieti al traffico imposti dal sindaco Pd, Beppe Sala, il ragioniere è alle prese con la burocrazia degli uffici comunali.
Ma partiamo dall’inizio. Nel 2013 Fantozzi si è invaghito di una cittadina della Federazione Russa nata nell’ex Urss, ma in quello che oggi è il Kazakistan, la signorina Sylvanosky. Un anno dopo, nel dicembre del 2014, la signorina Sylvanosky fa presso il Comune di Milano le pubblicazioni per procedere al matrimonio, da celebrarsi in gran segreto in un altro Comune dopo il divorzio tra Fantozzi e la signora Pina. Il funzionario del Comune di Milano commette un errore nell’indicazione del luogo di nascita: al posto di scrivere semplicemente ex Urss, scrive Federazione Russa (oltre, ovviamente, a trasformare il cognome di Fantozzi in Fantocci).
Naturalmente nessuno si accorge dell’errore fino a quando, in piena emergenza pandemica, alla suddetta signorina Sylvanosky viene rifiutato il rilascio del Green pass in quanto il codice fiscale sulla sua tessera sanitaria è diverso da quello registrato dall’ufficio anagrafe del comune di residenza (Milano). Inizia un’odissea interminabile: per prima cosa, la signorina Sylvanosky si rivolge all’agenzia delle entrate chiedendo quale sia il suo codice fiscale corretto. L’agenzia risponde nel giro di poche ore comunicando che il codice fiscale corretto è quello che termina con la sigla dell’ex Urss e non della Federazione Russa.
Nel giro di pochi giorni alla signorina Sylvanosky viene rilasciata una nuova tessera sanitaria corretta, che le consente di completare il ciclo vaccinale e ottenere il Green pass. Quindi, la signorina Sylvanosky si reca in questura, all’ufficio stranieri, domandando di rettificare il codice fiscale sul permesso di soggiorno. La questura risponde che la modifica deve essere fatta in primo luogo all’ufficio anagrafe del Comune di Milano. Nell’aprile 2022 la signorina Sylvanosky si reca insieme a Fantozzi all’ufficio anagrafe e deposita l’istanza di rettifica.
A distanza di oltre cinque mesi, non avendo più saputo nulla della pratica, la signorina Sylvanosky torna in via Larga, dove dopo un’accesa discussione allo sportello e l’arrivo della direttrice di sala, quest’ultima afferma che non c’è stata alcuna istanza di rettifica e che comunque tale istanza deve essere presentata nel comune dove il matrimonio è stato celebrato. Dopo un’inattesa sfuriata di Fantozzi, di solito arrendevole e remissivo, l’impiegata allo sportello accoglie una seconda istanza di rettifica, senza tuttavia rilasciare alcuna ricevuta.
A distanza di un anno, mentre nel frattempo alla signorina Sylvanosky è stato ridotto l’assegno unico in quanto non ha potuto presentare la documentazione necessaria (non ha né carta d’identità elettronica né Spid), torna insieme a Fantozzi in via Larga, previo appuntamento regolarmente fissato sul sito del Comune e, di nuovo, la responsabile del salone dove vengono rilasciati i certificati, interpellata dietro pressante richiesta del marito, ribadisce che la richiesta di rettifica deve essere fatta avanti al Comune dove si è celebrato il matrimonio. Nasce un’animata discussione, in cui la suddetta signora da’ prova di essere più supponente e arrogante che preparata, al termine della quale indirizza la signorina Sylvanosky e suo marito al primo piano, “dalla mia superiore”.
Recatisi al primo piano, dopo avere aspettato più di mezz’ora davanti a una porta chiusa, Fantozzi e la moglie bussano alla porta accanto e chiedono di poter fissare un appuntamento con l’ufficio matrimoni per rettificare l’atto errato.
La funzionaria, gentilissima, si fa spiegare tutta la situazione, esamina gli scambi di e-mail tra Fantozzi e l’agenzia dell’entrate, Fantozzi e la questura e Fantozzi e il proprio commercialista, scarica a video l’atto di matrimonio e conclude che occorre andare al pianterreno all’ufficio stranieri.
In tale ufficio si svolge una discussione che non porta ad alcun risultato utile, al termine della quale la signorina Sylvanosky e Fantozzi vengono riaccompagnati allo sportello da cui erano partiti, nel salone al piano terra di via larga, dove viene protocollata una terza istanza di rettifica. Al termine viene rilasciata una ricevuta, con l’avvertenza che la pratica non potrà essere esaminata prima di qualche mese, forse sei, forse di più, ferma restando la possibilità di depositare un sollecito per circostanziati e documentati motivi.
Tutto questo è degno di un racconto di Kafka. L’ufficio anagrafe del Comune di Milano è gestito da persone scortesi e soprattutto prive di qualsiasi etica del lavoro. Come al solito la situazione può essere risolta in un attimo, a condizione di trovare una persona di buona volontà. Questa storia emblematica dell’Italia, dove l’efficienza o l’inefficienza dipendono dall’impegno personale di pochi volenterosi, perché tutta la burocrazia è gestita in una maniera a dir poco vergognosa e indegna di una nazione civile. Per quanto riguarda Fantozzi, be’, la nuvola dell’impiegato continua ad accompagnarlo nella grigia Milano.
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