01 Settembre 2023
A Caivano finisce l’Italia. Finisce come civiltà, come logica, come speranza. La presidente del Consiglio Meloni ci va in visita, e fa bene, ma promette 10 milioni di euro che sono un controsenso, soldi peggio che buttati perché finiscono nelle mani della camorra che a Caivano controlla tutto, il mercato degli alloggi come quello della droga, il degrado programmato, la corruzione delle istituzioni. Qui dieci anni fa facevano volare una bambina dalla finestra dopo averla sfruttata, oggi le violentano in una piscina che doveva essere il simbolo del riscatto, l’eterno riscatto napoletano e italiano che non riscatta mai niente. Nel 2017 una commissione d’inchiesta stabilità che 15 milioni, uno su quattro, vivevano in periferie e zone degradate: la chiusero in un cassetto e non se ne parlò più. A Caivano la camorra prenderà altri 10 milioni per avviare i bambini alla tossicodipendenza e alla prostituzione dall’età di 8 anni, spesso col consenso della famiglia, e non è diverso da un inferno che ho a due passi, Lido 3 Archi, sorto come colossale speculazione edilizia dell’allora PCI, cresciuto sulla legge Pica che spediva in soggiorno obbligato i mafiosi che nidificavano con i clan parentali, infine ricettacolo di etnie che convivono scannandosi. Anche qui avevano promesso otto, dieci milioni di provenienza europea, e anche qui non smettono di farsi fuori quasi ogni notte, nell’indifferenza dei media. Un altro buco nero è poco distante, è l’Hotel House di Porto Recanati, stessa situazione, se ci entri forse non ne esci, hanno trovato ossa, resti umani di adolescenti fuggite nel campo dietro i due palazzoni, i due termitai orrendi. Venne il ministro Salvini promettendo: farò saltare tutto con la dinamite. Lui è andato via, i due termitai sono ancora lì, chi li abita arriva fino al centro turistico e cittadino, lo invade, lo guasta. Questi buchi del culo dell’umanità hanno tutti nomi gentili, evocativi, “parco verde”, “vele”, “rione libertà” ma nascono e crescono come ricettacoli dove stipare il peggio nella speranza che non tracimi. Sono cresciuto a Lambrate, periferia est di Milano, ma ancora dentro la città: alla fine dei ‘60 era un quartiere in ascesa, popolare ma ci andava sempre più la borghesia media e alta, gli anni più sereni e più ricchi li ho passati lì. Adesso ogni volta che ci torno è peggio, anche Lambrate ricettacolo di balordi dal mondo e chi ci vive mi dice: non si esce più di casa, dopo le 9 è un suicidio, qui si scannano, si pestano, via Padova è arrivata fin qui. Via Padova, dove una volta si sbudellarono fra tunisini ma mio fratello, che abitava al quarto piano, non si accorse di nulla, glielo dissi io dalle Marche, dopo avere scorso le notizie, e lui: “Che ne so, qua si fanno fuori tutte le notti”.
A Caivano violentano i bambini, al Foro Italico di Palermo le prede sono le ragazzette stonate, e poi via con le fanfare e le fiaccolate. Li chiamano quartieri dormitorio ma qui non si dorme mai, la disperazione e la bruttura non riposano mai. Ma a Caivano, come in tutta Napoli, non ci fanno molto caso, ci convivono, questa fine del tempo e del mondo venne celebrata dal cantautore Edoardo Bennato come una riserva indiana, “Kaiwanna”, nel 1985, quarant’anni fa. Giorgio Bocca, in una delle sue ultime inchieste, “Napoli siamo noi”, raccontava la situazione di Napoli con le sue mille Caivano concludendo: non c’è più speranza; e il meridionalismo ipocrita e vittimista, la classe intellettuale parassitaria e fellona gli dava del razzista, tirava in ballo la solita agiografia cialtrona, da san Gennaro a Maradona. “Ah noi stiamo bene così come stiamo e tu tornatene al nord”. Era il 2005, per dire che non è un’emergenza, come dicono i giornali, è una cronicizzazione che non disturba nessuno come non disturba la invereconda pagliacciata dei contestatori che minacciano di morte la Meloni se gli toglie il reddito di cittadinanza. Tutta gente che lo riceve dalla camorra, la quale lo filtra, lo amministra e lo distribuisce, ma a Napoli e in tutto il sud va bene così, a Caivano si può passare dalla festa per lo scudetto, che dura tre mesi, alle minacce di morte alla Meloni “che ci ruba il reddito”, il capataz sindacale Landini vuole fare lo sciopero generale, la fanciullona a capo del PD, che paga 300 euro l’ora una per farsi vestire, dice che è una vergogna, che i poveri non vanno trattati così. Ma non è solo la sinistra a scendere a patti con le mafie, è la politica in generale, nel suo complesso. Poi parlano di ordoliberismo, di trionfo del capitalismo privatizzatore, ma Caivano è il trionfo dello stato invasivo che dovrebbe risolvere tutto non risolve niente, che delega la criminalità organizzata, alla quale gira i suoi bonus e i suoi sussidi paternalistici. E alla plebe va benissimo così. Cosa ha fatto questo stato, cosa le istituzioni coinvolte, che sono mille, a cerchi concentrici, nelle mille Caivano? Ha promesso, ha costruito piscine, ha mandato i suoi preti eroici ma un po’ visionari, le sue presidi eroiche ma un po’ esaltate, ma, di fatto, non ha mosso un dito, si è guardato bene dall’intervenire, per non disturbare la delinquenza mafiosa con cui scende a patti, con cui convive. Oggi poi questo stato comiziante ha un alibi in più, fabbricato da se stesso: l’invasione programmata di matrice europea ma che fa comodo a tutti. Solo nei primi otto mesi di quest’anno altri centoduemila clandestini, per lo più potenziali tagliagole, comunque disperati che solo la malafede più sporca, più politicante può assumere come disposti ad integrarsi, vogliono dire la resa incondizionata, l’impossibilità di provvedere. Il ministro Urso ha detto: ci aiuti l’Europa. Cioè la principale artefice del disastro. Più ne arrivano, più si sparpagliano per inferni di periferia e quartieri che dovevano essere “modello” e lo sono diventati nella rovina, più lo stato si arrende. Difatti nessuno ipotizza più niente, né blocchi, né argini. La ricetta è sempre la stessa: pompare altri soldi, munti da altre tasse. Ma per fare che? Ha detto un generale dei carabinieri di Milano dopo l’ennesimo episodio di criminalità immigrata: “Qui non è più possibile vivere ma non prendetevela con noi”. Per dire che anche i militari hanno le mani legate, che la politica gliele tiene legate. Ma a Caivano a otto anni sono già eroinomani, già prostitute e il reddito di cittadinanza non lo vedono passare e comunque non gli serve.
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