24 Maggio 2023
Fonte: imagoeconomica
La macchina della propaganda si è avventata sulla tragedia dell’alluvione che ha colpito la Romagna per occupare ogni spazio e imbastire un racconto monodimensionale con cui costruire una fiction totalizzante da imporre alla massa. In questo schema il rovesciamento di senso che caratterizza questo periodo storico in cui il vero è un momento del falso, come preconizzava Debord, permette agli alfieri del pensiero unico di ribaltare impuniti la realtà.
Le stesse soluzioni vengono proposte come unico rimedio per problemi opposti con un approccio degno di Orwell e della sua neolingua.
La narrazione dominante ha infatti posto al centro dell’attenzione, soprattutto negli ultimi mesi, il tema della siccità. Ma i tragici eventi di questi giorni hanno smentito in modo netto e chiaro una simile versione dei fatti, evidenziando la totale assenza di politiche serie e adeguate per la cura del territorio e di un piano improntato alla tutela idrogeologica.
Lo schema è collaudato da anni e negli ultimi tre anni, dall’avvento del Covid in poi, si è imposto con modalità dogmatiche tipiche delle religioni.
Si infantilizza la narrazione attraverso l’individuazione di un nemico (il virus, Putin, la CO2, ecc.) per promuovere una risposta emotiva della massa. Quindi si traghetta ogni discussione e ogni pensiero in un ambito in cui la ragione è bandita.
Prevale inevitabilmente un approccio improntato su una semplificazione estrema di stampo manicheo che esclude le ragioni della complessità.
Tutto ciò permette per esempio che chi ha causato il problema/disastro possa tranquillamente presentarsi come artefice della risoluzione apparendo in ogni consesso come il deus ex machina della rinascita dopo la tragedia.
È esemplare in questo senso l’atteggiamento del presidente della regione più colpita dall’alluvione, Stefano Bonacini e dell’attuale segretario del PD, Ely Schlein (ex vicepresidente con delega al Territorio dell’Emilia Romagna).
Secondo la Corte dei Conti, infatti, la giunta regionale dell’Emilia Romagna avrebbe ricevuto tra il 2021 e il 2022 un finanziamento di 82 milioni di euro dal Ministero delle Infrastrutture. I fondi avrebbero dovuto essere impiegati per la manutenzione e la messa in sicurezza dei corsi d’acqua ma la giunta presieduta da Bonacini ne ha spesi solo poco più di 27.
Il resto, oltre 52 milioni di euro, è stato restituito perché la Regione non lo ha saputo utilizzare nei tempi previsti.
La delibera 489 del 2021 della Corte dei Conti è un atto d’accusa per l’inadempienza e l’incapacità della classe politica che governa l’Emilia Romagna.
La delibera indica infatti un elenco di opere che avrebbero dovuto essere realizzate con i fondi del Ministero fra cui la messa in sicurezza dei fiumi esondati: l’Idice, il Sillaro, il Savena, il Quaderna e il Ravone.
Probabilmente gli interventi sui corsi d’acqua avrebbero contribuito a prevenire o almeno ad attenuare il disastro prodotto dalle esondazioni.
Probabilmente il bilancio sarebbe stato lieve.
Probabilmente non conteremmo 300 frane, 500 strade interrotte, 20.000 sfollati e 14 vittime.
In questo caso più che il cambiamento climatico, ormai ossessivamente additato come IL responsabile di ogni evento meteorologico, “IL colpevole”
è senza dubbio l’incapacità degli amministratori e questo, purtroppo, non riguarda solo l’Emilia Romagna.
Di Marco Pozzi.
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