25 Ottobre 2025
Audrey Hepburn in «Colazione da Tiffany»
Panno del casentino addio, dai Savoia ad Audrey Hepburn la storia di un tessuto che non passava certo inosservato. Dense nubi si addensano sul futuro di questo prodotto italiano di eccellenza
In tempi più recenti, un genio dell’alta moda come Roberto Capucci ha sapientemente plissettato il panno casentino per dare vita a un cappotto fiabesco, strizzato in vita e dai grandi revers: “Il casentino evoca un modo di vestire povero: in principio era utilizzato solo per tabarri, cappe e mantelli di pastori e contadini. Alla fine dell’Ottocento era usato per giacconi maschili finché negli anni Trenta/Quaranta fu scoperto da signori amanti dell’eleganza e dalle signore per cappotti sportivi rigorosamente classici ma resi straordinari da due colori primari: arancio e verde bandiera”, commentava il sarto romano a margine di una mostra dal titolo “Capucci e il Casentino: tra sperimentazione e artigianalità”, organizzata nell’ambito della manifestazione fiorentina “Artigianato e Palazzo”. Ed è proprio in Toscana, nell’alta Valle dell’Arno ricca di boschi, castelli, eremi e monasteri, che questa morbida stoffa veniva prodotta con grande maestria. Panno del Casentino addio. Dense nubi si addensano sul futuro di questo prodotto italiano di eccellenza: la fine della produzione del tessuto di lana arricciata reso celebre dall'icona di stile Audrey Hepburn in «Colazione da Tiffany» era già stata annunciata altre volte, fin dal 2022, ma questa pare quella definitiva. La Manifattura del Casentino di Soci (Bibbiena), che era rimasta l'unica azienda al mondo a produrlo – come riporta il Corriere della Sera - è stata posta in liquidazione, gli ultimi 13 operai hanno già ricevuto la lettera di licenziamento. Solo i macchinari, fra cui l'arricciatrice, sono ancora in fabbrica, ma, se nessuno si fa avanti a rilevare l'attività, saranno smontati a dicembre. Nell'estate 2022, c'erano le commesse ma non c'era più lo stabilimento, coinvolto nel fallimento della precedente gestione. Superato quell'ostacolo e ritrovato il capannone, non ci sono più gli ordinativi, travolti dalla crisi del tessile che attanaglia tutto il settore. La notizia della chiusura è stata data dalla Cgil, che si era battuta a lungo per il salvataggio, poi confermata dai due titolari, Roberto Malossi e Andrea Fastoni. Loro l'allarme l'avevano dato un anno e mezzo fa e poi ribadito lo scorso Natale: in fabbrica non arrivano più ordini, se continua così saremo costretti a fermarci. «Abbiamo tenuto duro fino a giugno - spiega adesso Fastoni - nonostante il fatturato fosse ridotto a 300 mila euro, poi dal primo luglio abbiamo messo in cassa integrazione gli operai. Abbiamo interessato subito la Regione, i contatti per la cessione però non si sono concretizzati. Non ci rimaneva che la liquidazione». La storia narra di come gli abitanti del Palagio Fiorentino di Stia pagassero le loro gabelle ai Medici, signori di Firenze, con il panno grosso del Casentino. Per avere un’idea di quanto fosse importante la manifattura a cavallo fra Ottocento e Novecento bastano un paio di dati: circa cinquecento operai erano impiegati nel lanificio di Stia e oltre trecento in quello di Soci, frazione del comune di Bibbiena. La materia prima alla base della lavorazione è la pura lana vergine ma gioca un ruolo fondamentale la composizione delle acque fluviali della zona che regala brillantezza alle tinte. E pensare che, il colore aranciato tipico del casentino più modaiolo, venne fuori per sbaglio. Subito si impose sul pubblico femminile. Non solo: Casa Savoia per riscaldare i cavalli delle scuderie reali di san Rossore e del Quirinale scelse proprio il panno casentino arancione. Davanti all’ingresso del Museo dell’Arte della Lana a Pratovecchio Stia in provincia di Arezzo, una ruota azionata da un torrente dimostra come la pioggia e il disgelo sulle vette dei monti Falco, Falterona e Penna hanno dato impulso all’arte della lana. Un percorso che coinvolge i cinque sensi attraverso i vari cicli di lavorazione, l’odore degli oli necessari per la lubrificazione della lana cardata e quello intenso dei filati appena tinti. Il prodotto finale è fatto di grandi pezze colorate, costellate da boccoli di lana, pronte per essere tagliate nelle aziende fashion di mezzo mondo.
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