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Pienza, vicoli che impongono baci e poetiche atmosfere autunnali: la fuga a due è servita tra “nana”, arte e storia

Il Papa che una ne fa e mille ne pensa, i ciak leggendari e lo shopping di qualità: andarsene da qui? noo! sarebbe follia!

01 Ottobre 2024

foto Pienza (da Pixabay)

Il tramonto. Sì, è questo il momento migliore per arrivare a Pienza, precipitarsi subito in una stradina dal nome idilliaco - via dell'Amore o via del Bacio dove, se non vi abbracciate come nel quadro di Hayez, non potete tecnicamente definirvi innamorati - e inaugurare un romantico weekend tra colori sfumati, temperature miti e tradizioni secolari gelosamente preservate: tanto che la “Corsa di Pio II” - il papa inventore di questa meravigliosa “Città ideale” - è stata appena inserita ufficialmente nel Calendario 2025 delle manifestazioni storiche della Toscana ed è venuta così a trovarsi gomito a gomito con rievocazioni di altissimo livello come il Palio di Siena.

Siamo già stravolti dall’emozione, e la seconda tappa, il belvedere di via del Casello, ci dà il colpo di grazia. Lì, infatti, si 'precipita' in un quadro. Le infinite colline della Val d'Orcia, che corrono ondulate da Radicofani al monte Amiata in una vellutata trasparenza smeraldina, ci lasciano ammutoliti. Mille bagliori dorati accendono i tetti cittadini e riscaldano l'ocra dei palazzi quattrocenteschi. E un sentore di buone cose d'altri tempi avvolge il silenzioso gomitolo di logge, chiostri, piazze dove, fino al 3 novembre, nel Conservatorio San Carlo Borromeo, sono esposti una cinquantina di pregevoli dipinti e incisioni dedicati a Pio II dall’artista pientino Aleardo Paolucci, nell’ambito di un ambizioso progetto itinerante che si estenderà fino al 2027 anche in sedi internazionali.

Che pace! La calca, il mordi-e-fuggi non fanno per Pienza. Soprattutto in autunno quando si vive un borgo dallo scenario sobrio ed elegante, patrimonio mondiale Unesco. Turisti, certo - ma sullo sfondo, rilassati, tutti please e thanck you. Li scorgi seduti assorti in un giardino pensile o intenti a leggere un libro sui muretti di pietra: un contesto dall’aplomb anglosassone, alla James Ivory di “Camera con vista”. Ancora oggi non troverebbe nulla da ridirvi neanche Enea Silvio Piccolomini: il pontefice Pio II, senese, navigato diplomatico, brillante letterato che, tra il 1459 e il 1462, inseguendo fervidi ideali di bellezza umanistica, trasformò il nativo paesello di Corsignano in una città raffinata e la ribattezzò con il suo nome.

Impresa leggendaria, scaturita dall'ammirazione del papa per il genio di Leon Battista Alberti e concretizzata assumendone il collaboratore più dotato: Bernardo Gamberelli detto il Rossellino che, in base alla più pura architettura rinascimentale, progettò la piazza Pio II, il Duomo, il Palazzo Piccolomini. La “città di Pio”. La “città-ideale” che i filosofi vagheggiavano nell'antichità. Un “pensiero d'amore”, come scrisse Giovanni Pascoli. E Pienza, raccolta, discreta, circa 2000 abitanti dal fare placido, è arrivata così fino ai nostri giorni: cristallizzata in un incantesimo.

Nelle mattine terse un quieto viavai è la regola lungo Corso Il Rossellino che, da Porta al Prato a Porta al Ciglio, taglia l'intero abitato, o per le viuzze che l'intersecano: via del Leone, via Condotti, via del Balzello tra il Palazzo Piccolomini e la chiesa di San Francesco, duecentesca, una delle più antiche d'Italia; o nell'adiacente piazza di Spagna dove una volta si teneva il mercato e il pozzo vetusto ricorda ancora fantesche laboriose con le brocche sul capo, intente a spettegolare.

Per l'aperitivo tante enoteche, calici appannati e pavimenti in cotto, tra qualche battuta mordace. La Val d'Orcia, si sa, è terra di etichette irresistibili per gli intenditori, più di Cleopatra per quel ragazzone di Antonio. E sugli scaffali è un’escalation di mostri sacri - Brunello di Montalcino in testa - che, da Wine Spectator o giù di lì, furoreggiano senza tregua nelle guide più prestigiose.

Poi si occhieggia nelle bottegucce stracolme di ceramiche, salumi, olio, biscotti, tessuti ricamati. Spopola il “cacio” dal gusto inimitabile, dovuto ad erbe con nomi un po' misteriosi: santoreggia o timo serpillo, da vecchie fattucchiere. E intanto, nelle casette con i mattoni a vista, le massaie “appiciano” alacremente secondo le ricette delle nonne: cioè, impastano i “pici” da scodellare con la “nana” (ragù d'anatra), come ti spiegano loquaci e disinvolte - la c vertiginosamente aspirata.

Cosa era stata Corsignano, prima dell’avvento di Enea Silvio? il possedimento di un tale Corsinianus, legionario di Silla, e poi un umilissimo nucleo altomedievale; in ogni caso soltanto un puntino sulle cartine. Il Boccaccio, è vero, l'aveva citata nella novella di Cecco di Fortarrigo. Ma il papa e il Rossellino la presero e la trasfigurarono in un arazzo prezioso.

Con intuizione ingegnosa, l’architetto impresse alla piazza Pio II uno schema a trapezio che ne dilata illusoriamente le dimensioni, e v'inquadrò edifici di proporzioni perfette. Al centro, il magnifico Duomo che, nei suoi diari, il pontefice chiama “Domus vitrea” per le gigantesche vetrate investite da fiotti di luce gloriosa. La matrice è albertiniana ma le tre navate, a sorpresa, svettano ad uguale altezza come le “Hallenkirchen”, le “chiese a sala” ammirate dal Piccolomini durante un soggiorno in Germania.

L'entourage cardinalizio non sfuggì all'ossessione del papa per la sua Pienza, e venne obbligato ad abbellirla con ricche dimore in stile Rossellino sotto la direzione dell'architetto Pietro Paolo del Porrina. E per i meno abbienti il vulcanico pontefice finanziò le abitazioni di via Case Nuove, ancora adesso graziose e linde, quasi un esperimento di edilizia popolare ante litteram.

Questo incomparabile insieme di balconi, portici e cortili pientini valorizza al massimo gli affacci sulla Val d'Orcia, Parco Artistico, Naturale e Culturale dal 1999 e Patrimonio Unesco dal 2004. Da qui sono strepitosi gli scorci su pievi e cipressi verde-argento, tra i più fotografati al mondo, e si raggiungono in pochi minuti San Quirico, Bagno Vignoni, Montepulciano: un set d'eccezione che registi di ogni nazionalità saccheggiano a piene mani. Anche a Pienza, nel monastero di Sant'Anna in Camprena, Juliette Binoche cura “Il paziente inglese” diretta da Antony Minghella nel 1996, e l'apoteosi si raggiunge fin dal 1968 quando Franco Zeffirelli realizza alcune memorabili inquadrature di “Romeo e Giulietta”: in Piazza Pio II, ripresa fiabescamente in notturna; e nel Palazzo Piccolomini, cornice del ballo in maschera dei Capuleti e del fatale incontro tra i due innamorati.

Complice tanto lirismo, la bellissima Pienza si lascia con rimpianto. Si vorrebbe proprio restare, ci si strappa a forza. Soprattutto quando il giorno, declinando, le aggiunge un ulteriore tocco di magia. Di nuovo un tramonto, di nuovo i tetti fiammeggianti. Mica starete scattando selfie, eh?! Bisogna portarselo per sempre nel cuore, questo paesaggio struggente. Anzi, ideale.

Di Carla Di Domenico.

 

   

 

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