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Coronavirus, allarme Cgia: rischio boom lavoro nero

26 Settembre 2020

Coronavirus, allarme Cgia: rischio boom lavoro nero

Lavoratori (fonte foto Pixabay)

A causa della crisi provocata dall’emergenza sanitaria in Italia, si rischia un'esplosione dei lavoratori in nero. E' quanto rileva la Cgia, osservando che i lavoratori irregolari sono già 3,3 milioni, per lo più al Sud. Secondo le previsioni dell’Istat, entro la fine di quest’anno circa 3,6 milioni di addetti rischiano di perdere il posto di lavoro, come riferisce la Cgia.

Coronavirus, Cisl: 'Rischio impennata lavoro nero'

"La crisi economica scatenata dalla pandemia rende concreto il rischio di una dolorosa e inedita impennata del lavoro sommerso". Ne è convinto Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, che parlando all'Agi spiega: "Non può esserci vera ripresa senza la difesa e il riscatto del lavoro di qualità". "Per questo - aggiunge commentando lo studio della Cgia sul lavoro nero - chiediamo di rafforzare le reti di protezione sociale, con la conferma del blocco dei licenziamenti, l’estensione e proroga della copertura degli ammortizzatori".

"C’è da semplificare e rendere più inclusivi gli strumenti ordinari di Cassa integrazione e da realizzare un grande investimento su competenze, riqualificazione professionale e strumenti di politica attiva - prosegue Sbarra - che non lascino mai nessuno senza formazione e reddito. Parallelamente va messa in campo una poderosa strategia anticiclica concertata, che metta a frutto ogni euro stanziato dall’Europa per sbloccare infrastrutture materiali e sociali, sgravare le assunzioni stabili, guadagnare allo sviluppo il Mezzogiorno, dare al Paese una nuova politica industriale capace di promuovere ricerca, innovazione e transizione ecologica e digitale anche nelle Pmi".

"Occorre infine - conclude il sindacalista - valorizzare il lavoro nella sanità, nella scuola, nella pubblica amministrazione, e rinsaldare il presidio sul territorio, contro le tante forme di sfruttamento presenti nelle nostre comunità. Il lavoro e la coesione non si creano con le leggi: servono investimenti pubblici e privati e un metodo di governo realmente concertato con le Parti sociali".

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