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Dpcm teatri chiusi, il mondo dello spettacolo insorge: 'Un solo contagio su 347.262'

Da giugno a ottobre è stato registrato un solo caso di contagio, eppure il nuovo Dpcm ha disposto la chiusura di cinema e teatri. Come farà il mondo dello spettacolo a sopravvivere?

27 Ottobre 2020

Insorgono i lavoratori del mondo dello spettacolo, dopo il nuovo Dpcm firmato dal premier Conte la scorsa domenica: la chiusura di cinema e teatri fino al 24 novembre 2020 sarebbe immotivata. La nuova misura restrittiva infatti non solo colpisce un settore già fortemente in crisi in Italia, ma anche penalizza cinema e teatri, dove si sarebbe registrato un solo caso di contagio da Coronavirus su 347.262 spettatori.

"I teatri sono luoghi sicuri" protestano le associazioni dello spettacolo dal vivo contro le chiusure imposte dal governo. Dopo il periodo di lockdown, cinema e teatri avevano riaperto le sale nel mese di giugno, permettendo al pubblico di tornare ad assistere agli spettacoli, con tutte le restrizioni necessarie: dalla misurazione della temperatura all'ingresso, all'uso obbligatorio della mascherina, fino alla distanza interpersonale di un metro.

Misure che però non sono bastate a evitare la chiusura di questi luoghi dello spettacolo. Il nuovo Dpcm ha messo uno stop a cinema e teatri, nonostante però l'Agis - Associazione Generale Italiana dello Spettacolo - abbia registrato un solo caso di contagio da Coronavirus in tutta Italia su centinaia di migliaia di spettatori.

Sono stati infatti in 347.262 ad aver comprato un biglietto per assistere a un concerto o ad uno spettacolo dal vivo. Ma tra tutti questi, solo uno spettatore sembra aver contratto il Coronavirus. Dato che è stato confermato anche dalle Asl territoriali, che hanno monitorato la situazione dei contagi in questi luoghi di cultura, da giugno ad ottobre 2020.

“Una percentuale pari allo zero e assolutamente irrilevante – sostiene l’Agis – che testimonia quanto i luoghi che continuano ad ospitare lo spettacolo siano assolutamente sicuri”. L'associazione poi incalza: "I lavoratori adesso si trovano a pagare il prezzo di una curva di contagi che cresce in modo esponenziale, ma non certo per la poca sicurezza delle sale".

"La chiusura di teatri e cinema è un grande dolore, ma oggi la priorità assoluta è tutelare la vita e la salute di tutti, con ogni misura possibile" scrive il ministro dei Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschini su Twitter. Poi rassicura: "Lavoreremo affinchè la chiusura sia più breve possibile e come e più dei mesi passati sosterremo le imprese e i lavoratori della cultura”.

Un mondo fortemente in crisi quello della cultura, che aveva già fatto molta fatica a ricominciare dopo il lockdown. Un settore che in realtà sembra non essersi mai ripreso completamente, viste le limitazioni in vigore, come gli ingressi contingentati. Se prima della pandemia i teatri erano pieni, dopo le poltrone libere erano diventate di più di quelle occupate, dal momento che era obbligatorio mantenere il distanziamento sociale anche tra gli spettatori.

Intanto Gianluca Floris, presidente di Assolirica, a ilfattoquotidiano.it commenta: "Siamo contrari allo stop. Il motivo è scientifico: nei cinema e nei teatri ci sono tutte le condizioni che minimizzano il rischio di contagio. Rispetto ad altri luoghi di socialità, come bar e ristoranti, le occasioni di emissione di droplet (le goccioline del respiro veicolo di contagio) sono nettamente inferiori: non si mangia, non si parla, si tiene la mascherina per tutto il tempo. Gli ingressi sono stati scaglionati per evitare le file al botteghino e le distanze – ben superiori a un metro – facili da rispettare, perché per tutto il film o lo spettacolo si resta seduti al proprio posto".

Quindi "perché chiudere questi luoghi dello spettacolo?" si domandano in molti. Oltre alle ricadute sociali e culturali, non bisogna sottovalutare nemmeno quelle economiche: il settore dello spettacolo era già in crisi ancora prima della pandemia, poi dopo il lockdown era stato costretto a riadattarsi e ora il colpo finale.

Con queste chiusure, non solo si danneggiano attori, registi e musicisti, ma anche tutto quello che c'è dietro. "Il mantenimento delle attività teatrali è irrinunciabile da qualsiasi punto di vista" commenta Antonio Barbagallo, segretario della Federazione autonoma lavoratori dello spettacolo di Palermo, che infine, rammaricato, conclude: "Siamo stati equiparati alle sale da bingo e non ai musei" che invece rimangono aperti. "Cinema e teatri sono luoghi di cultura, non solo di diletto e di svago"

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