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De Vincentis (Galleria BPER): "La scrittura è il codice che ha permesso la trasmissione del sapere, il tempo della sedimentazione e della narrazione"

Stefania De Vincentis, curatrice della mostra 'Il tempo della scrittura': "Si articola come un racconto, suddiviso in sezioni che affrontano mitologia, allegoria e quotidianità; la scrittura è un dispositivo che, da secoli, consente la condivisione dell’io e dell’individualità"

16 Settembre 2025

Stefania De Vincentis, curatrice della mostra "Il tempo della scrittura. Immagini della conoscenza dal Rinascimento a oggi", presentata alla Galleria BPER di Modena è stata intervistata da Il Giornale d'Italia.

"Il tempo della scrittura" è un progetto ambizioso che unisce antico e contemporaneo. Da dove è partita la costruzione di questo percorso espositivo e come ce lo descrive?

"Il progetto è nato innanzitutto dal Festival della Filosofia, quest’anno dedicato al concetto di Paideia, inteso come educazione e formazione dell’individuo. La scrittura è da sempre il primo strumento, il primo veicolo della comunicazione che, partendo dalla parola orale, si trasforma in testo scritto. È l’artificio, il codice, che ha permesso la trasmissione del sapere.

Il tempo della scrittura è anche il tempo della sedimentazione e della narrazione. È proprio come un racconto che si articola questa mostra, suddivisa in diverse sezioni che affrontano tematiche come la mitologia, l’allegoria, ma anche passaggi della quotidianità nella trasmissione del sapere, dalla madre al figlio, nella catechesi religiosa o nell’apprendimento delle pratiche e dei precetti artistici.

La scrittura è anche strumento di trasmissione del sé, un dispositivo che, da secoli, consente la condivisione dell’io e dell’individualità. In quest’ottica, il ritratto diventa racconto personale. Un racconto che può avere una duplice funzione: essere veritiero e ispirare, come nel caso del "busto di Alessandro Magno" – in prestito dalla Galleria Borghese – che diventa esempio di virtù; oppure stimolare nuove riflessioni e diventare oggetto di critica e dibattito, come nella serie "I sei filosofi" di Pietro Ruffo, ispirata alle conferenze che Isaiah Berlin tenne negli Stati Uniti negli anni Cinquanta.

Questi sei filosofi, tra cui Rousseau, Hegel, Fichte, sono considerati tra i padri dell’Illuminismo e del razionalismo. Nei loro pensieri, secondo Berlin, la formazione della società viene spesso anteposta alla libertà individuale. Un paradosso, poiché teorie nate con l’intento di liberare rischiano, in realtà, di nascondere un’idea di disciplinamento dell’individuo.

Questo concetto è visivamente espresso da Ruffo attraverso un gesto tanto poetico quanto violento: piccoli insetti, come libellule – simbolo di libertà ma anche di fragilità – vengono inchiodati direttamente sui volti ritratti. Il gesto diventa metafora della disciplina mentale imposta, ma anche del rigore del fare artistico, visibile tanto nella meticolosità della scultura antica quanto nella precisione dell’intaglio e della composizione contemporanea di un'immagine prima disegnata, scomposta e poi ristrutturata secondo un nuovo pensiero, quindi l'arte che diventa dispositivo di destrutturazione e dissoluzione della conoscenza. 

Non a caso sono esposti in teche, che più che incorniciare l’opera, evocano le grandi esposizioni universali dell’Ottocento, suggerendo una modalità di visione e riflessione quasi museale, oggettiva, scientifica.

Sempre utilizzando lo stesso espediente dello spillo, un’altra opera di Ruffo chiude – o meglio, rilancia – il percorso espositivo: "Constellation Globe". Questo globo monumentale, già presentato alla Biennale Arte 2024, è una mappa astrale in cui le costellazioni della tradizione greca sono appuntate come fossero annotazioni personali.

L’opera invita a guardare al cielo, a meravigliarsi delle nostre conoscenze e a porsi continuamente nuove domande sul futuro del sapere. Ci ricorda che il pensiero – così come il fare artistico – è un processo dinamico, mai statico, e che proprio oggi, in un’epoca in cui il digitale e l’intelligenza artificiale si nutrono di processi codificati, è fondamentale tenere viva questa pulsione al cambiamento, alla scoperta, alla rielaborazione continua."

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