25 Febbraio 2025
Giorgio Basile, ex Presidente Isagro e Agrofarma è stato intervistato da Il Giornale d'Italia.
L'accordo tra Agrofarma e Federbio rappresenta un passo storico per l'agricoltura sostenibile. Quali elementi ritiene più innovativi in questa collaborazione e quali benefici concreti potranno derivarne per gli agricoltori biologici e convenzionali?
"Io ritengo innovativo essere arrivati a un punto in cui, invece di avere una contrapposizione tra l'agricoltura che usa i farmaci per generare un livello di produzione adeguato alla domanda e l'agricoltura che invece si considera basata soltanto su una logica di utilizzo di sostanze naturali, invece di avere la contrapposizione, si ha una compatibilità, una coesistenza di queste due forme di agricoltura che si complementano in qualche modo, perché alcune colture sono più facilmente sviluppabili e trattabili con prodotti di base naturale e altre invece no. Tanto è vero che laddove non si usassero per colture molto estensive importanti farmaci per l'agricoltura, ci sarebbero tagli della produzione nell'ordine di grandezza intorno al 50%. Stiamo parlando di cose molto serie e questo e questo non è percepito, non è noto, non è comunicato, allora le due agricolture che si complementano rappresentano un grande passo in avanti."
Quando era presidente di Agrofarma, si è battuto per affermare il termine agro farmaco al posto di pesticida. A distanza di anni crede che questa battaglia abbia portato un cambiamento significativo nella percezione pubblica e istituzionali? E quali azioni ritiene ancora necessarie per consolidare questa consapevolezza?
"L'articolo che è apparso sul Sole 24 Ore un paio di giorni fa devo dire che mi ha dato molto soddisfazione perché si parla in tutto l'articolo sempre di agrofarmaci. Il punto è capire quando può evitarli, quando non può evitarli. Averli chiamati per decenni pesticidi, e quando io sono entrato in questo settore, ormai 30 anni fa, ero molto colpito dall'uso del termine pesticida, che peraltro è un inglesismo, è una traduzione italiana di 'pesticide', Pesticida richiamava molto aspetti manzoniani a mio avviso per cui la percezione di una cosa tremenda. Ho combattuto molto in questo senso ed è una soddisfazione vedere che è stato recepito. Cosa può portare? Non è finito il processo, è in corso, ma certamente tende ad essere sempre più acquisita questa correttezza del termine, non è semantica, è percezione delle persone, che devono capire che non c'è una cosa tremenda nell'uso di farmaci per l'agricoltura ma naturalmente va gestito con intelligenza."
La lotta integrata è un modello che concilia la sostenibilità con la produttività agricola. Alla luce dei più recenti sviluppi normativi e tecnologici quali strategie vede come fondamentali per rafforzare ulteriormente questo approccio?
"La strategia operativa deve essere quella di continuare, perché è in corso, ad avere una ricerca sulla parte chimica e una ricerca sulla parte non chimica, entrambe orientate ad avere prodotti sempre più leggeri, sempre meno invasivi. Quello che avviene anche per la salute umana, vorrei essere chiaro, è positivo il fatto di cercare di ridurre quanto più possibile l'uso di sostanze che per definizione hanno delle contraddizioni. Anche se uno prende un banale medicinale per l'uomo per definizione ci sono delle controindicazioni, però questa spinta è sana ed è in corso. L'importante è che non sia vissuta in termini drastici, drammatici di eliminazione ma di progressivo addolcimento del medicinale del quale non si può fare a meno, bisogna capire che non è possibile pensare di avere il livello di copertura di fabbisogno alimentare che esiste, tenete presente che già adesso una larga parte della popolazione mondiale non mangia sufficientemente, quindi pensare di tagliare del 30-40-50-60% è una follia però questo non è comunicato. Va comunicato il quadro in maniera corretta, quindi se io devo dare un suggerimento è parlare molto bene della bio agricoltura ma dare informazioni corrette e complete."
L'attenzione verso le molecole a basso impatto per la protezione delle colture è in crescita. Quali sono, secondo lei, le prospettive future della ricerca e dell'innovazione in questo settore? E come l'Italia può giocare un ruolo di leadership?
"Come in qualche modo aveva anticipato già oggi la ricerca su tutti i fronti è contrariamente a 30, 40, 50 anni fa, è molto attenta a concentrare l'attenzione su un certo tipo di molecole per la parte chimica oppure di utilizzo di certe sostanze naturali. Quindi questo è in corso, indubbiamente ci sono sempre spazi di miglioramento e questo sta avvenendo. Gli italiani come Ricercatori hanno una storia e hanno una storia di successo, io ho vissuto l'esperienza con quella che era la mia la ex mia società in cui mi sono impegnato per 28 anni, che era Isagro dove noi piccoli italiani eravamo tra i i dieci Paesi integrati dalla ricerca della molecola fino al mercato, eravamo piccoli perché eravamo i settimi e il sesto era venti volte più grande di noi. Però i nostri prodotti andavano bene, piacevano, ovviamente gli italiani sono bravi nella ricerca. Quello che però bisogna sviluppare ma questo è un altro discorso, è la cultura dell'utilizzare la ricerca valorizzandola, alleandosi con altri perché quando si è piccoli non si può giocare la partita da soli."
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