12 Dicembre 2024
Alessandro Rosina, Professore Ordinario di Demografia e Statistica Sociale dell'Università Cattolica di Milano, in occasione del convegno annuale di HerAcademy, corporate university del Gruppo Hera, ha dichiarato:
La demografia italiana non è iniziata da oggi e darà delle conseguenze che per il futuro non sono proprio rosee.
"Sì, l'Italia è da 40 anni ormai che ha un numero medio di figli per donna sotto 1,5, che è uno dei più bassi in Europa e vuol dire che la denatalità sta riducendo anche la popolazione in età lavorativa e quindi le aziende faticano a trovare personale qualificato per alimentare i processi di crescita e di sviluppo su tutto il territorio italiano. E questo più in Italia rispetto agli altri Paesi. Però, paradossalmente, l'Italia ha anche maggiori margini per poter rispondere a questa riduzione demografica della forza lavoro potenziale, perché finora ho sottoutilizzato il capitale umano dei giovani e delle donne. Noi abbiamo una percentuale di Neet, di giovani che non studiano e non lavorano tra le più alte in Europa, abbiamo un'occupazione femminile tra le più basse in Europa. Quindi se noi riuscissimo a mettere pienamente in campo queste due componenti e farle entrare pienamente all'interno del mercato del lavoro italiano e adeguatamente valorizzato anche con politiche di conciliazione, abitative ecc. avremo come risultato maggiore occupazione ma anche maggiore possibilità che i giovani e le donne con maggiori possibilità economiche, di reddito e di conciliazione possono anche decidere di realizzare una famiglia, di avere figli e quindi anche aumentare la natalità. Quindi vuol dire che serve una visione sistemica che parta dalla qualità del lavoro, che sia inclusiva non solo rispetto alla forza lavoro tradizionale, cioè il maschio adulto, ma che si allarghi alle componenti che riguardano appunto l'immigrazione, i giovani e la popolazione femminile, perché questo poi avrà anche un impatto positivo sulla natalità."
Quali sono gli ostacoli che lei vede alla realizzazione di tutto quello che ci ha appena detto?
"Ci sono ostacoli sia dal punto di vista delle politiche, che da noi sono più carenti, e ad esempio i giovani faticano a diventare indipendenti dalla famiglia d'origine, ad avere salari adeguati quando entrano nel mondo del lavoro, avere una stabilità e sentire di essere valorizzati all'interno del mondo del lavoro e se ne vanno all'estero proprio per trovare migliori possibilità e opportunità. Le donne italiane non trovano adeguati strumenti di conciliazione tra lavoro e famiglia riguardo ai servizi per l'infanzia. Anche i congedi di paternità sono importanti per riequilibrare i rapporti di genere e servono poi anche politiche migliori di integrazione e di inclusione per la manodopera straniera, che non va solo considerata un problema di emergenza e di sicurezza. E poi serve un cambiamento culturale. Noi finora abbiamo contato nel percorso di sviluppo del nostro Paese sulla manodopera tradizionale centrata sul maschio adulto. Quindi vuol dire che anche le organizzazioni, le aziende, devono iniziare a impostare in maniera diversa, non considerare i giovani e le donne un surrogato del maschio adulto, ma riconoscerne le specificità e valorizzarli meglio."
Ci sono ancora gli strumenti per attuare questa tipo di politica che lei ha indicato adesso oppure siamo troppo in ritardo?
"Potremmo ancora recuperare, però i tempi ormai sono molto brevi perché attualmente i trentenni sono un terzo in meno rispetto ai cinquantenni e nei prossimi anni e decenni la popolazione over 65 aumenterà di circa di un terzo. Il che vuol dire che andremo verso squilibri che sono del tutto inediti. Se facciamo per tempo queste scelte che consentono quindi di riequilibrare questo percorso soprattutto rafforzando la consistenza dei giovani all'interno del mondo del lavoro e valorizzandola meglio, potremo ancora invertire la tendenza. Nel giro invece di qualche anno se queste condizioni non dovessero esserci, avremo sia bassa natalità che sempre più giovani che se ne vanno all'estero. E le conseguenze di tutto questo le stiamo già vedendo nei territori interni dell'Italia che stanno invecchiando e si stanno spopolando. Quindi servono scelte urgenti e che siano particolarmente incisive e che soprattutto siano convincenti nei confronti dei giovani, mandando il messaggio che il Paese può risollevarsi solo partendo da loro, formandoli bene, inserendoli bene nel mondo del lavoro e valorizzandoli al meglio."
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