20 Giugno 2025
L’ex agente dell’MI5 Annie Machon rompe il silenzio e lancia gravi accuse: l’attentato dinamitardo del 1994 contro l’ambasciata israeliana a Londra – ufficialmente attribuito a due palestinesi arrestati e condannati – sarebbe stato in realtà un’operazione sotto falsa bandiera organizzata dal Mossad, il servizio segreto israeliano per ottenere sostegno politico e mediatico per Israele a livello internazionale.
Machon, che lasciò il servizio segreto britannico denunciando corruzione, abusi e gravi illeciti all’interno dell’MI5, ha raccontato che le prove raccolte internamente indicavano chiaramente la pista israeliana, ma furono coperte e insabbiate per ragioni di Stato. “Non potevo più tacere”, ha dichiarato in diverse interviste pubbliche, spiegando come il sistema fosse progettato per mettere a tacere chiunque cercasse di raccontare la verità.
L’ex agente spiega che quello dell’attacco sotto falsa bandiera – o false flag – è un metodo operativo standard delle principali agenzie di intelligence mondiali: Mossad, CIA, MI6, KGB. “Consiste nell’organizzare un attacco attribuendolo a un nemico esterno, per giustificare azioni militari o politiche che altrimenti non troverebbero sostegno”, spiega Machon. “Non è un’eccezione: è la regola.”
Machon afferma che questa realtà è tenuta nascosta all’opinione pubblica grazie al controllo sistematico dei media da parte degli apparati di sicurezza. Proprio per questo, racconta, decise di rendere pubblica la sua testimonianza: “Non potevo fidarmi né del governo né della stampa.”
Machon ha anche espresso seri dubbi sulla versione ufficiale degli attacchi dell’11 settembre 2001, definendoli un possibile false flag finalizzato a giustificare la guerra in Medio Oriente e l’introduzione di misure liberticide come il Patriot Act. “Serve un’indagine indipendente e trasparente: quegli eventi continuano a influenzare negativamente le nostre vite a livello globale,” afferma.
Tra le accuse più recenti e discusse, vi è quella relativa all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Secondo fonti interne e giornalistiche, Israele era in possesso del piano operativo – soprannominato “Jericho Wall” – oltre un anno prima, ma lo avrebbe ignorato considerandolo irrealizzabile. Il documento, lungo circa 40 pagine, prevedeva con estrema precisione l’invasione che poi ha causato la morte di oltre 1.200 civili.
Un’analista dell’Unità 8200, il servizio di intelligence elettronica israeliano, avrebbe anche lanciato un allarme interno mesi prima dell’attacco, ma le sue segnalazioni sarebbero state respinte da superiori. Secondo Machon, questo elemento alimenta seri sospetti su una possibile scelta consapevole di lasciare che l’attacco avvenisse, per giustificare la successiva campagna militare su Gaza e, potenzialmente, uno scontro diretto con l’Iran.
Machon cita infine l’episodio della USS Liberty, la nave americana attaccata nel 1967 da Israele. All’epoca, l’azione fu giustificata come un errore, ma molti analisti ritengono che si trattasse di un’altra operazione sotto falsa bandiera, destinata ad incolpare l’Egitto e ottenere l’intervento diretto degli Stati Uniti nel conflitto arabo-israeliano.
“Il motto originario del Mossad è ‘Con l’inganno farai la guerra’. È nostro dovere oggi riconoscere questi inganni, individuarli e denunciarli,” conclude Machon. Le sue dichiarazioni riaccendono un dibattito fondamentale sulla trasparenza, sulla funzione dei servizi segreti e sulla necessità di un giornalismo investigativo realmente indipendente.
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